Stampa estera a portata di clic: La Revue du Vin de France n° 623, 20185 min read

Lo Châteauneuf-du-Pape è al centro della copertina di questo numero, accompagnato dall’immagine di due bottiglie. Di sotto: la nuova vita del Cahors, l’università del vino di Suze-la Rousse, i dieci migliori indirizzi del vino a San Francisco. E ancora: Rosé di Provenza, le 50 bottiglie per l’estate, e i rum giamaicani.

Partiamo  allora dagli articoli annunciati in copertina. Châteauneuf-du-Pape e Cahors sono le due grandi degustazioni  del mese presentate nell’inserto finale. Quella del  2016  è stata un’annata “benedetta da Dio” secondo la RVF. Un millesimo ricco di grazia e di eleganza, quale si aspettava da tempo. 20/20 per il mito Rayas, ma appena un punto al di sotto c’è un  nutrito gruppo di cui fanno parte La Cuvée du Papet (Mont Olivet) e il Vieilles Vignes di Marcoux ( nell’immagine di copertina), il Barbe Rac di Chapoutier e Les Cailloux.

Tra le cuvées tradizionali spicca Le Vieux Donjon,mentre, tra le cuvées speciali a base di sola grenache Le Secret de Sabon, di Roger Sabon, precede tutte le altre. Tra le cuvées parcellaires, a parte Rayas, questa volta al top c’è il generoso Barbe Rac di Chapoutier, molto seduttivi sono infine gli Châteauneuf a dominante syrah : tra questi il grand vin di Clos Saint-Michel. Un solo vino a base di puro vaccarèse: il Forget me not del Domaine des Fines Roches (16/20), dal frutto molto fresco e tenero.

Infine il XIII Cèpages del Domaine Lou Fréjau tiene altra la tradizione delle cuvées che assemblano le tredici varietà classiche. Una selezione di vini maturi, fino a 20 anni e più dalla vendemmia,mostra le grandi possibilità di invecchiamento di questo vino: il Clos du Mont Olivet  del 1998 spunta 18.5/20, così come il Clos du Mont Olivet 2007.

Nella degustazione successiva si parla invece di Cahors, tornato ad essere il crogiuolo dei malbec del mondo, dopo decenni di crisi. Il punteggio più alto spetta ad un Cahors di stile moderno, Le Péché du Clos di Clos du Chêne del 2010(17.5/20), ma si difendono bene i Cahors di stile tradizionale, come Pur Plaisir dello Château Haut-Montplaisir 2014 e Probus di Clos Triguédina 2015 (entrambi con 16.5/20).

The New Black Wine 2015 di Clos Triguédina e Ultrelocal di Cahors Les Hautes Terres  dello Château de Rouffiac  2014 sono invece i migliori Cahors di stile internazionale della degustazione (15.5/20).Extra-Libre  2016 di Château du Cèdre e Jani Côt della stessa annata dello Château Lamagdalene Noire (15.5/20) guidano la graduatoria dei vini di tipo naturale.

La terza grande degustazione di questo numero è naturalmente per i rosé, grandi protagonisti delle estati francesi. La RVF li divide in tre categorie, in base al colore: i rosé “à robe pâle”, quelli a colore intermedio e quelli a colore più carico. Tra i primi, ovviamente sono i rosé delle Côtes de Provence a tirare il gruppo: top score quello di Château de Selle, con 16/20. Nelle categorie più colorate, sono i Bandol a fare incetta delle posizioni di vertice:Pradeaux , Château de Sainte-Anne e l’Irréductible del Domaine de la Bégude con 17/20. Spiccano anche Le Clos del Clos Saint-Vincent di Bellet  e il Palette di Château Simone, con lo stesso punteggio. Sopra tutti, però, un Côtes de Provence di grande temperamento, il Prestige Caroline di Clos Cibonne, unico vino del 2016 in graduatoria e punteggio più alto dell’intera degustazione (17.5/20).

Compie quarant’anni (fu infatti fondata nel 1978) l’università del vino di Suze-la Rousse, piccolo villaggio della Drôme provenzale, nella quale ogni anno 1.500 studenti, tra i 18 e i 60 anni,  si formano alla degustazione. La RVF delinea un primo bilancio di quest’esperienza e presenta i ritratti di alcuni che l’hanno frequentata.

Negli ultimi anni, a San Francisco,  sono spuntati  come funghi i ristoranti e i bar specializzati nel vino. Un reportage di Jean-Baptiste Thial de Bordenave presenta gli indirizzi più interessanti. Tra i dieci migliori ce n’è uno pure a Chinatown, Li Po Cocktail Lounge,nel quale provare il Mai Tai. Il gusto forte dei Rhum giamaicani (tutti abbondantemente sopra i 50° di alcol) è l’oggetto della selezione presentata da Cyrille Mald e Alexandre Vingtier. Ma , oltre a quelli annunciati da titoli dedicati, in questo numero ci sono molti altri servizi interessanti.

Nella grande intervista di questo mese, Éric Beaumard, direttore de Le Cinq, ristorante tristellato dell’Hôtel  Four Seasons Georges V a Parigi , parla di carte dei vini, di prezzi, di vini naturali , di accordi cibo-vino.

Il grand accord di questo mese è quello tra un Pibarnon rouge del 2010 e un intenso piatto terra mare, che accosta petto di maiale e polpo, del ristorante L’Assiette di Parigi. Di solo polpo e dei vini per accompagnarlo parla invece nella sua pagina sull’“accord minute” Olivier Poussier:un bianco greco o un rosé francese. L’itinerario enoturistico del mese ci porta  sulle Alpilles. Eloi Dürrbach, vigneron emblematico della regione, dà i suoi consigli e indirizzi.

Pierre Casamayor parla della nuova vita dello Château Olivier, prestigioso cru nel cuore di Pessac-Léognan e delle sue nuove parcelle, presentando l’assaggio in verticale  15 annate (dal 2001 al 2015) di questo vino: al vertice quello del 2010 (18.5/20), ma subito dopo sono 2009 e 2015. Di seguito, Sophie de Salettes illustra il terroir della più continentale delle appellations del Médoc, quella di Listrac en Médoc, nella quale il riscaldamento climatico e la maggior precisione nelle pratiche enologiche consentono oggi di ottenere rossi molto seduttivi ma anche bianchi interessanti.

Che altro c’è ancora? Naturalmente le numerose rubriche della RVF, che accompagnano l’editoriale di Saverot: le notizie (tra queste, l’ascesa del bio in Francia, per la prima volta sopra il 10%, e l’avanzata delle varietà “resistenti”), le lettere dei lettori (una domanda “patriottica” fra tutte: i grandi borgogna sono riservati agli stranieri?), i tesori della cantina nelle pagine di Angélique de Lancquesaing (nuovi record per i grandi formati di Bordeaux, Borgogna e Champagne), le bottiglie dei redattori, e infine la discussione, tra Caroline Fürstoss e Alexis Goujard intorno a una bottiglia di un bianco delle Alpilles, Le Grand Blanc  di Henri Milan.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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