Stampa estera a portata di clic: Bourgogne Aujourd’hui, n. 1516 min read

“Cercando si trova” è il titolo principale sulla copertina di questo numero. Che cosa? Ma naturalmente la cosa più difficile da trovare in Borgogna: dei vini con buon rapporto qualità-prezzo vista la terrificante ascesa dei prezzi di questi ultimi anni.

La Guida all’acquisto di questo numero è dedicata ai bianchi di Chassagne e Puligny-Montrachet e St. Aubin e ai crus del Maconnais. Gli altri due titoli di copertina sono per l’incontro con Jean-Nicolas Méo  e per una visita al Domaine Louis Michel a Chablis.

Si comincia, dopo un breve articolo dedicato alla “bella addormentata” (l’Asta dei vini degli Hospices di Nuits-Saint-Georges, che cerca il rilancio quest’anno)  con l’incontro con Jean-Nicolas Méo, star della Côte de Nuits ed “erede” del grande Henri Jayer, che per molti anni fu metayer del suo Domaine e “creò”  il mito del Cros Parentoux. Méo guida, ormai da trent’anni, il Domaine Méo-Camuzet,  da quando ritornò in Borgogna da Parigi  (era il 1989) .

Il padre aveva ereditato il Domaine Camuzet nel 1959, e fino al 1983 aveva prodotto solo poche bottiglie per la famiglia e gli amici con l’etichetta “Domaine Camuzet- Jean Méo proprietaire”. Dal 1959 le vigne erano state  affidate a degli affittuari: nel 1983 erano cinque, tre della famiglia Faurois (il più giovane di loro, Christian, si occupava della cantina), Jean Tardy e appunto Henri Jayer.

Ovviamente  l’intervista si sofferma sul rapporto con Jayer. Questi accettò di fargli da mentore perché, come ebbe a dirgli ridendo, aveva capito che  lui non sapeva niente di vino. Racconta Méo di non aver mai osato  contraddirlo e aver sempre seguito le sue istruzioni, che erano più che altro degli ordini secchi: “raffredda, diraspa al 100%…”. Alla fine ho assimilato il suo stile”, dice: per Jayer il vino doveva essere buono subito, la piacevolezza, la sensualità e la gourmandise erano caratteristiche essenziali del vino che intendeva produrre.

Méo  parla delle difficoltà della coltivazione biologica e di come essa trasformi i vini: li rende più duri, più acidi, più ridotti. E’ più difficile conservare il lato gourmand. E poi, il riscaldamento climatico, al quale si può rispondere in certa misura con le pratiche colturali (l’altezza, la taille, le densità del fogliaggio…), l’avventura americana, in Oregon, dal 2012 (il 2014 è stato il primo millesimo), le nuove minacce, dalla Brexit alle tasse americane. Ma il resto lo lasciamo scoprire ai lettori.

A seguire è un bel servizio fotografico sul tema del vino e della festa. Sono di  Jon Wyand, un fotografo inglese che ha pubblicato un libero sulla Côte Chalonnaise, nella quale ha trascorso un anno.

Ed eccoci alla Guide d’Achat. Sotto esame l’annata 2017 di due terroirs: il primo è quello che comprende Chassagne e Puligny-Montrachet e i loro grands crus insieme con la vicina St.Aubin; il secondo il Maconnais. La 2017 ha fatto seguito al 2016 funestato dalle gelate, è stata un’annata   che, nelle sue migliori espressioni, ha coniugato freschezza e concentrazione. Mediamente il 70% dei campioni  ha superato di slancio l’esame dei degustatori.

A Puligny è stato uno Champ Gain Premier Cru di François Carillon a ottenere il punteggio più alto (18/20), ma ha fatto ancora meglio, a Chassagne, la cuvée Marquis de Laguiche di Drouhin , anch’esso Premier Cru (18.5/20). Appare meno consistente il risultato dei grands crus della zona: solo 17.5/20 il migliore risultato degli assaggi che li riguardano, ottenuto dallo Chevalier-Montrachet Les Demoiselles di Jadot.

Ottime riuscite quelle di  St.Aubin , dove il Premier Cru La Chatenière di Jean-Claude Bachelet spunta 18.5/20. La degustazione dei bianchi della Côte de Beaune è completata da un focus sul premier cru di Puligny Les Folatières (17 ettari e mezzo ripartiti tra  tre sous-climats: Peux Bois, En la Richarde, e , più in basso, Au Chaniot)) e dall’ analisi delle quattro terrazze dello Chevalier-Montrachet, in ciascuna delle quali il Domaine Bouchard Père et Fils possiede preziose parcelle, oltre al famoso La Cabotte, che la collega a Montrachet.

La seconda degustazione  riguarda i crus del Maconnais: Pouilly-Fumé, Pouilly-Loché, Pouilly-Vinzelles, St.Véran e Viré Clessé.  Impressionanti, è il commento di Bourgogne Aujourd’hui, anche per la spinta data dall’imminente arrivo dei primi Premiers Crus. Miglior risultato di questo territorio, con i suoi 19/20,  è il Pouilly-Fuissé Clos sur la Roche del Domaine Saumaize-Michelin, ma diversi altri domaines hanno presentato cuvées di grande valore, come il Domaine des 3 Dames, il Domaine Éric Forest, la famille Paquet.

Sono una  scoperta il Domaine Gaillard  con i suoi  Saint-Véran e il Domaine Vaupré a Solutré-Pouilly. Il quaderno delle degustazioni comprende anche una visita al Domaine Louis Michel et Fils a Chablis. Un domaine “tradizionalista”, con 25 ettari di vigna tutti a Chablis, con belle parcelle a grand cru (Vaudésir, Le Clos e Grenouilles) e in sette Premiers crus. Una bella verticale de Les Grenouilles, dal 2000 al 2016, evidenzia un 2003 “au sommet”, con 18/20.

Dopo un breve articolo dedicato alla Cave coopérative Teerres Secrètes di Prissé (nel Maconnais) e alle tecniche vegetali per ridare vita ai suoli , siamo arrivati al servizio dedicato alla Bourgogne “ à prix abordables”, ossia a una proposta di etichette di qualità  che è possibile ritrovare a prezzi contenuti nella Yonne, nella Côte.d’Or, nella Côte Chalonnaise  e nel Maconnais.

Se in quest’ultima, notoriamente il terroir più a buon mercato della Borgogna, non è raro trovare buoni vini anche a meno di dieci euro (ad es. il St. Véran La Cote 2018 del Domaine Gaillard (9 euro) o il Viré-Clessé Symphonie 2017 del Domaine Gondard-Perrin )9.70 euro), qualche bella sorpresa si può trovare anche in Côte Chalonnaise, dove un Bourgogne Côte Chalonnaise si trova spesso a prezzi tra gli 8 e i 10 euro, ma è possibile acquistare un buon rosso o un bianco di Givry  o Mercurey a 12-15 euro. Nella Yonne  vi sono molte opportunità soprattutto per i bianchi di Chablis  e naturalmente i Petit-Chablis (questi ultimi anche a meno di dieci euro), ma come resistere a uno Chablis premier Cru Côte-de-Léchet 2018  a 15 euro?

Da non dimenticare le appellations minori come St. Bris  (11 euro il 2017 del Domaine Pierre-Louis e Jean-François Bersan) e Irancy. Altro discorso, naturalmente, in Côte d’Or, nella quale scendere sotto i 20 euro è più difficile, ma qualche buon Marsannay (ad es. il Marsannay blanc del Domaine Bart 2017 o il rosso, futuro Premier Cru, Les Longerois 2014 , rispettivamente 16.50 e 17 euro) oppure qualche buona bottiglia delle appellations minori della Côte de Beaune (St. Romain, Santenay, Maranges, Ladoix) si può trovare facilmente al di sotto dei 18 euro.

Nella  sezione gastronomica della rivista , generalmente situata in fondo, sono due servizi: il primo è dedicato alla nuova partenza di Jean-Christophe Moutet, che ha aperto il suo “Au Fil du Clos” a Meursault, con diverse foto dei suoi piatti,  e l’altro al talentuoso ed esperto traiteur Dominique Dansard, capo-orchestra dei banchetti della Saint-Vincent Tournante di Gevrey-Chambertin. Si chiude con i buoni indirizzi  e i libri.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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