Soave, un 2020 di buon livello, UGA o non UGA2 min read

La prima volta ce lo siamo fatti ripetere perché non avevamo capito che la gentilissima e brava signorina che ci stava servendo i vini al Consorzio del Soave stava dicendo “Il campione numero 7 viene da Unità Geografica Aggiuntiva”.
Questo è stato il nostro primo incontro pratico con le UGA di Soave, approvate circa due anni fa e su cui esprimemmo a suo tempo il nostro parere.


Certo è presto per vedere come attecchirà l’idea ma dei quasi 50 campioni degustati almeno una quindicina hanno rivendicato la UGA e questo è sicuramente una buona partenza. Se dal punto di vista formale la partenza è stata interessante sul fronte degustazione avere o non avere la UGA non ha fatto spostare di un filo quella che oramai è “il gruppo di testa di Soave” quello che da anni (qualcuno da non molti) produce qualità annata dopo annata e non con un solo prodotto.
Bisogna però dire che l’annata 2020 (e in parte la 2019) è chiaro oramai che per i bianchi è sinomimo di qualità. l’abbiamo visto nelle degustazioni pubblicate, lo stiamo vedendo negli assaggi che stiamo facendo a giro per l’Italia e l’abbiamo visto anche a Soave, dove tra i vini di questa vendemmia hanno spiccato come mai quelli di due grandi cantine sociali, segno che, UGA o non UGA, anche queste grandi realtà stanno prendendo in maniera chiara la strada della qualità.


Qualità che, a Soave oramai è chiaro, può dischiudersi nel vino d’annata ma trova la sua più completa espressione nelle selezioni con almeno uno o due anni sulle spalle. Questa è, alla fine dei salmi la vera notizia sul Soave, cioè che oltre ad essere un vino che può invecchiare bene, DEVE invecchiare per potersi esprimere al meglio.
Oramai l’hanno capito i produttori (parecchi senza impastoiarsi nell’uso del legno, per fortuna) e credo proprio che il consumatore attento si sia accorto che tanti Soave Classico di 4-5-6 anni sono una delle forme più sicure per bere dei complessi bianchi invecchiati spendendo cifre ridicole.


Certo la strada è ancora in salita e il mare magnum di Soave “da autogrill” è sempre in agguato per tirare verso il basso la denominazione, ma bisogna ammettere che rispetto a pochi anni fa le cose stanno cambiando. Lo dimostrano anche la marea di giovani ragazzi e ragazze che portano avanti il consorzio, agli ordini del giovanissimo Presidente Sandro Gini a cui, oltre che l’amicizia, mi lega una delle cose più belle della vita, l’essere nonni.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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