Piccole DOCG crescono…5 min read

Sembrerebbe il titolo di un romanzo, di un thriller, invece altro non è che il panorama enologico italiano. Dimenticati i tempi in cui una denominazione avrebbe dovuto identificarsi con un territorio o diventare strumento di promozione, oggi le denominazioni si trascinano dietro interessi, contributi e richieste più o meno valide da parte del Consorzio di turno.

Naturalmente ogni situazione è un caso a se  e non è discutibile che ogni regione abbia almeno una DOCG.

Una DOCG per regione è comprensibile, una Docg a cadenza più o meno annuale o biennale è altra storia. Diciamocela tutta…il cliente medio, soprattutto se straniero, acquista perché ha sentito parlare di un vino, perché è fortemente rappresentativo di una zona vitata (Chianti, Brunello di Montalcino, Barolo, ecc…), ma la nascita di DOCG praticamente sconosciute e poco rilevanti ai fini produttivi, quanto è in grado di influenzare l’acquisto di una bottiglia?

Forse tanto, perché a quanto pare non sono in pochi a pensarla così: l’Italia oggi vanta 337 DOC e 59 DOCG.

E il Friuli Venezia Giulia non resta a guardare. Ad affiancare le due DOCG presenti, Ramandolo (2001) Picolit (2010) adesso sembra se ne stia aggiungendo una terza, la DOCG Rosazzo Bianco: su 600 Ha vitati solamente 50 circa saranno gli ettari realmente interessati dalla denominazione. Analizzando altri numeri si scopre che sono circa 10 le aziende che operano in questa zona e non tutte imbottigliatrici.
La nota più interessante è che le aziend

e imbottigliatrici vantano già oggi un nome e delle etichette conosciute anche all’estero; il fatto che si adoperi un ulteriore denominazione sulla loro etichetta forse non sarà considerato, soprattutto per questo segmento di mercato, un valore aggiunto.

Se analizziamo il Disciplinare di produzione proposto questo recita così: “1. La denominazione di origine controllata e garantita «Rosazzo» è riservata ai vini ottenuti da uve, mosti e vini provenienti dai vigneti ricadenti nella zona indicata all’art. 3 del presente allegato ed aventi la seguente composizione ampelografica: Friulano: per almeno il 50 %, Sauvignon: dal 20 al 30 %, Pinot bianco e/o Chardonnay: dal 20 al 30 %, Ribolla Gialla: fino al 10 %. “

Ma non è finita perché il disciplinare sempre allo stesso articolo continua: “Possono concorrere altri vitigni con uve a bacca bianca, idonei alla coltivazione per la provincia di Udine, presenti nei vigneti fino ad un massimo del 5 %.”

Diciamocela tutta: la DOCG Rosazzo bianco può essere prodotta con tutti i vitigni a bacca bianca presenti nella zona delimitata dalla denominazione. Quanto rappresentativo possa essere tutto questo per una regione che già lotta per far conoscere fuori dalla regione il Tocai, ops, volevo dire il  Friulano (scusate dimenticavo che abbiamo anche perso il nome)?

Anziché cavalcare le mode e proporre nuove denominazioni, perché non investire sulla promozione del territorio, un territorio comunque ricco di storia viticola ed enologica?

Se continuiamo a leggere sullo stesso disciplinare all’art.6 troviamo: “Il vino a denominazione di origine controllata e garantita «Rosazzo» all’atto dell’immissione al consumo, deve rispondere alle seguenti caratteristiche: colore: giallo paglierino più o meno intenso; odore: caratteristico, delicato; sapore: armonico, vinoso; titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12% vol; acidità totale minima: 4,0 g/l; estratto non riduttore minimo: 19 g/l.”

 

Odore caratteristico?!Delicato?!

Caratteristico di cosa? Di Sauvignon? Di Chardonnay o di Friulano? Non dimentichiamoci che il Sauvignon friulano ha delle caratteristiche organolettiche ben precise e speso basta una piccolissima percentuale perché si riesca a percepirlo negli uvaggi. E delicato su quali note?

Un sapore armonico?Ma quanto può essere armonico un uvaggio bianco se le note di Sauvignon o di Traminer prevalgono sulle altre? E si percepiscono sia al naso che in bocca!

Un sapore vinoso? Qui qualcuno dovrà anche riuscire a spiegare cosa vuol dire “ottenere un vino dal sapore…vinoso! Se si degusta un vino l’ovvietà ci porterà a definirlo vinoso e non solo l’ovvietà.  E credetemi per chi (tra cui la sottoscritta) ha avuto la possibilità di degustare i vini (solamente 9….) che avrebbero giocato un ruolo fondamentale nel riconoscimento della DOCG, le note organolettiche spaziavano dal sauvignon, al friulano, allo chardonnay (e non in un singolo vino) e le differenze erano sostanziali e importanti tra tutti i campioni degustati.

Ma non si poteva semplicemente produrre un grande uvaggio bianco, magari IGT che andasse contro le regole alle volte scontate, banali e riduttive dei disciplinari? Nel frattempo focalizzare le proprie energie su autoctoni come il Friulano, giocando anche sulla promozione che l’ERSA (Agenzia Regionale per lo sviluppo rurale) continua a sostenere sullo slogan“friulano tipicamente friulano”?!

Le aziende dovrebbero ormai aver capito che a renderle famose e riconosciute, non solo in Italia, non saranno le denominazioni, ma la serietà e la professionalità con le quali lavorano la terra e producono i loro vini. Dovrebbero averlo capito, ma così non sembra.

Chissà cosa diranno americani o cinesi quando gli si presenterà una DOCG Rosazzo. Secondo voi la prima domanda sarà: con cosa è prodotto o cos’è Rosazzo? Sono curiosa di sapere se per localizzarla si dovrà ricorrere a “in provincia di Udine…vicino Venezia”.

Riepiloghiamo: il Friuli Venezia Giulia ha richiesto che gli venga riconosciuta una DOCG su un uvaggio bianco che può essere prodotto con tutte le varietà autoctone e internazionali presenti nella zona Rosazzo, compreso il Traminer aromatico e che abbia come caratteristiche un “odore” caratteristico, delicato, un sapore armonico e vinoso.

Se verrete in Friuli Venezia Giulia e chiederete un vino che abbia le caratteristiche appena descritte sopra cosa vi verrà servito?la DOCG Rosazzo bianco o forse un qualunque altro uvaggio bianco friulano?
Cin cin!

Simona Migliore

Siciliana DOC, nasce a Vittoria, patria del famoso Cerasuolo. La formazione umanistica viene arricchita dei profumi delle vendemmie siciliane grazie alla collaborazione con un’azienda vitivinicola siciliana. Non beveva ancora e non aveva assolutamente idea di cosa il meraviglioso mondo del vino e della gastronomia celassero!!!

La curiosità per il mondo del vino cresce al punto da spingerla a lasciare la Sicilia. Frequenta il mondo AIS, ma decide di sposare i principi e i metodi dell’Onav. Si diletta a “parlar scrivendo” bene o male dei posti in cui si ferma a mangiare e degustare. Esperta degustatrice, Donna del Vino, esperta di analisi sensoriale, collabora con enti, consorzi e aziende vitivinicole…da qualche anno è entrata nel mondo degli Artigiani Birrai del FVG.

Nel 2009 viene adottata da Winesurf, giornale per il quale, ispirazione permettendo, scrive e degusta senza smettere mai di imparare.


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