Orcia DOC: un vino appena maggiorenne ma che “scappa di casa”2 min read

“Voi a 19 anni sapevate chi volevate essere? No. Anche Orcia Doc sta cercando la sua strada”. Sono queste le parole con cui il candidato Master of Wine Gabriele Gorelli (facciamo il tifo per lui: sarebbe il primo italiano) ha introdotto la piccola denominazione toscana nata nel 2000.

Appena maggiorenne, il Consorzio abbraccia oggi quaranta cantine e dodici comuni: Buonconvento, Castiglione d’Orcia, Pienza, Radicofani, San Quirico d’Orcia, Trequanda, Abbadia San Salvatore (una parte), Chianciano Terme, Montalcino, San Casciano, Sarteano, Torrita di Siena.

La sfida odierna è individuare la cifra stilistica delle sue quattro tipologie (Rosso, Bianco, Rosato, Vin Santo), 60% minimo di Sangiovese per l’Orcia Doc, 90% per Orcia Sangiovese Doc e Riserva. Un’eterogeneità produttiva saggiata nei dieci vini su cui abbiamo posato sguardi, nasi e palati. Eterogeneità che si nota anche nei particolari e negli uvaggi.

  • Orcia Sangiovese Doc Troccolone, Capitoni, affinato in anfora.
  • Orcia Sangiovese SassodiSole 2017, monovarietale
  • Rosso Cinabro Orcia 2015, Loghi con 15% di Colorino,
  • Riserva 2016 Il Tocco di Campotondo, con viti allevate ad alberello,
  • Carro Stellato 2013, Poggio al Vento Biologico,
  • Di Testa Mia Riserva 2015, Poggio Grande, 100% Sangiovese,
  • Tribolo Riserva 2015 di Podere Albiano vinificato in tini troncoconici di rovere di Slavonia,
  • Ripario 2013 di Valdorcia Terresenesi biologico (in cui incidono molto i 12 mesi di barriques)
  • Cenerentola 2016 di Donatella Cinelli Colombini con 35% di foglia tonda,
  • Memento Riserva 2013 di Le Buche con 40% di Syrah.

Un work in progress, che dati alla mano, non ne inficia il gradimento: “Il Business del vino italiano muove 80 miliardi di euro – ha spiegato la presidente del Consorzio Donatella Cinelli Colombini – quello del turismo 1300 miliardi e cresce ogni anno del +4% “. Oggi non conta dove andiamo, bensì perchè ci andiamo. L’enogastronomia è la prima attrattiva turistica e il vino, ha detto Colombini, è una ‘cartolina liquida’ che premia la loro piccola denominazione per la bellezza dei suoi territori, famosi in tutto il mondo.

È il turismo dunque la spina dorsale dell’export dell’Orcia Doc, vino  che “scappa di casa”, cioè varca i confini direttamente nelle mani di appassionati turisti stranieri che hanno soggiornato sul territorio.

L’assenza di una cifra stilistica univoca infine farebbe pensare ad uno spiccato individualismo dei winemaker locali, che invece tengono a smentirci raccontando di collaborazioni tra poggio e poggio in vendemmia e di ‘scambio’ di visitatori alla scoperta di territorio e prodotti.

Una bella immagine dipinge l’Orcia Doc come ‘Il vino più bello del mondo’: di certo i panorami in Val d’Orcia sono bellissimi e i vini stanno cercando di adeguarsi a questa bellezza.

Torneremo a scoprire cosa porterà la maturità alla piccola denominazione toscana, nel frattempo scegliete un poggio, un panorama e un calice.

Barbara Amoroso Donatti

Appassionatissima di vino e soprattutto “liquidi con qualche grado in più”. Punto di riferimento del giornale per tutto quanto riguarda il mondo dei superalcolici.


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