L’Osservatorio del Lambrusco: per farvi capire quanto è particolare e bello questo vino4 min read

Giovedì prossimo 21 settembre avrò un incontro ravvicinato (del miglior tipo) con il mondo del Lambrusco: sarò ospite prima  della famiglia Altariva e della loro Fattoria Moretto (giustamente premiata con grandi punteggi su Winesurf) e poi, in serata, della 50^ “Festa del Lambrusco Grasparossa di Castelvetro”.  La parte serale del programma prevede un incontro pubblico con Matteo Pessina, carissimo amico e responsabile (tra l’altro) dell’Osservatorio del Lambrusco, un’iniziativa assolutamente da far conoscere. Per questo ho chiesto a Matteo di parlare di sé, dell’Osservatorio  e del grande e spesso sconosciuto mondo attuale del lambrusco.


Amo il vino da quando ero bambino e aiutavo mio nonno Ugo, produttore di pennelli, ad accudire la propria fornitissima cantina. Invitava amici a casa stappando con disinvoltura bottiglie di Hofstaetter, Masi, Lungarotti, Antoniolo o Bruno Giacosa, nomi che solo anni più tardi ho scoperto chi fossero.

Il Vino lo associo da sempre alle facce sorridenti dei commensali, progressivamente disinvolte e a quella di nonno, sempre due calici indietro a controllare la situazione.

Non mi è mai piaciuto subirlo, il vino, ma cavalcarlo. Farmi trasportare si, ma con le redini ben in mano. E quando inizi a cavalcare sei inesperto, facilmente emozionabile e un po’ supponente, la passione ti guida ma non sempre con la giusta misura…

Quella arriva piano piano, con l’esercizio, con gli incontri magici dei Maestri, quelli che ti fanno cambiare e ti segnano la via.

Il Lambrusco? È solo l’ultima sbandata, iniziata dieci anni fa quale “giudice” in una festa di paese. È l’orgoglio paesano riemerso che mi ha riavvicinato alle origini, al fiume Po ed ai filari presso l’argine maestro che vendemmiavo da bambino.

Poi è arrivato l’Osservatorio e le righe che seguono sono per presentarvelo ma soprattutto per parlarvi di lambrusco.

L’interesse che sta destando il Lambrusco è in progressiva crescita ed è la conseguenza di una diversificazione delle interpretazioni che, fortunatamente, lo stanno facendo uscire da certi stereotipi del periodo ’70 -80. C’è la voglia di tornare a produrre utilizzando le varietà un tempo abbandonate perché poco produttive o considerate problematiche perché meno resistenti alle malattie, ora “restaurate” nel nome della loro originalità e della biodiversità.

Nonostante i grandi numeri della produzione siano ancora costruiti con rese elevate, vendemmia meccanica e tecniche di cantina volte a rendere più accattivante l’approccio del consumatore medio, sono sempre di più i vignaioli di ultima generazione che traggono spunto da altri metodi, con il dichiarato obiettivo di esprimere in forma liquida il proprio territorio e la tradizione.

Ecco allora riapparire come per incanto il Barghi, l ‘Oliva, il Montericco, il Lambrusco di Fiorano (solo per citarne alcune) cultivar “da uvaggio” che oggi vanno affermandosi grazie a chi ha sempre creduto nella loro identità distinta, continuando a coltivarle. In campagna i diserbanti sono pressoché banditi e in diversi vigneti si pratica l’inerbimento interfilare.

Per aumentare l’espressione varietale si tende a ridurre drasticamente le rese per pianta, si vendemmia manualmente ed in forma scalare. In cantina c’è chi segue protocolli “organici”, facendo fermentare i mosti spontaneamente, senza l’ausilio di lieviti selezionati.

La presa di spuma è ancora largamente praticata in autoclave, ma il mito dell’ abate Dom Pierre Perignon rivive nelle rifermentazioni naturali in bottiglia. Questo metodo implica tempi più lunghi, ma la prolungata sosta del vino sulle proprie fecce fini ed il progressivo azzeramento del residuo zuccherino, donano ai Lambrusco maggior spessore e più intensa salinità territoriale.

A misurare le evoluzioni del “mondo Lambrusco” si cimentano dall’ estate 2015 i membri dell’ Osservatorio del Lambrusco, un gruppo di circa 25 esperti  degustatori che monitora l’intera produzione, dal piccolo vignaiolo artigiano fino alle più articolate realtà associative.

Sono sommelier, ristoratori, docenti ed assaggiatori di lungo corso che conoscono approfonditamente e storicamente le realtà della propria provincia di appartenenza  (il bacino “frizzante” si estende in Emilia fra le province di Parma, Reggio Emilia e Modena e comprende anche la parte meridionale della provincia di Mantova) ed esplorano il territorio a partire dall’ uscita delle nuove annate fino all’ evoluzione di quelle precedentemente immesse sul mercato.

La rappresentazione di tale impegno volontario avviene per lo più in manifestazioni popolari , in cui viene allestito un banco d’assaggio comprendente un centinaio di aziende, ciascuna identificata dal Lambrusco più espressivo selezionato in precedenza. Si attribuiscono altresì annualmente premi alla “migliore bevibilità” , alla “nitidezza del varietale” , all’ “espressione del territorio” , alla “sensazione di naturalità, “al packaging più informativo”.

Fra le attività formative promosse dall’ Osservatorio c’è anche “A scuola di Lambrusco” un laboratorio di degustazione che offre una panoramica sulle diverse espressioni, siano esse di vitigno, di annata, di zona di provenienza e stile di vinificazione. Un paio di mesi orsono gli osservatori riuniti hanno valutato una batteria di 16 Lambrusco lungamente affinati facenti riferimento ad annate fra il 2014 ed il 2005, tutti rifermentati in bottiglia, sia frizzanti che spumanti.

Le elevate aspettative nonostante l’età dei vini sono state in gran parte mantenute, con picchi addirittura sorprendenti. Le tipologie più ricche di tannini hanno mostrato una incredibile tenuta all’ossidazione, raggiungendo complessità non inferiori a molti classici rossi tranquilli italiani. Durante l’ultima edizione della 14^ Festa del Lambrusco di Torrile il banco d ‘assaggio aperto ai visitatori ha raggiunto quota 112 vini! Tanti erano i vini selezionati rappresentativi di altrettante aziende a disposizione per appassionati e neofiti. Naturalmente L’Osservatorio sarà presente anche alla 50^ Festa dell’uva e del Lambrusco Grasparossa di Castelvetro.

 

Matteo Pessina

Redazione

La squadra direbbe Groucho Marx che è composta da “Persone che non vorrebbero far parte di un club che accetti tipi come loro”. In altre parole: giornalisti, esperti ed appassionati perfetti per fare un lavoro serio ma non serioso. Altri si aggiungeranno a breve, specialmente dall’estero, con l’obbiettivo di creare un gruppo su cui “Non tramonti mai il sole”.


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