Lagrein e Pinot Nero dell’Alto Adige: gemelli diversi che “copiano” l’uno dall’altro?4 min read

C’era una volta, 25-30 anni fa il Pinot Nero altoatesino: vitigno nobile per un vino elegante, fine, dal colore rubino tenue, piacevole da bere giovanissimo o giovane.

C’era una volta 25-30 anni il Lagrein altoatesino: vitigno rustico per un vino rustico, dal color porpora intenso, corposo, con tannini ruvidi, da bere al momento che il tannino “allentava” la sua morsa.

Nei nostri assaggi di quest’anno, colori a parte, delle caratteristiche suddette ne abbiamo trovate ben poche.

Oramai i Pinot Nero dell’Alto Adige sono vini che, abbandonata la strada dei vini giovani e semplici, puntano sul medio-lungo invecchiamento, aiutati spesso da dosi non certo omeopatiche di legno. Questo modo di intendere il Pinot nero, puntando a complessità e profondità “borgognone” sembra avere successo anche perché gli ettari piantati arrivano quasi a 600, mentre 7 anni fa erano poco più di 450.

Parlando invece di Lagrein troviamo quasi una strada inversa: non solo non si trovano praticamente più vini con burbera potenza e tannini rustici e ruvidi, ma una bella fetta dei vini che si assaggiano sono versioni giovani, che se non si trattasse di lagrein potremmo definirle “beverine”.  Anche qui la nuova strada del Lagrein sembra avere successo perché gli ettari, sempre nello stesso periodo, sono passati da 476 a 540 e molti produttori ammettono che il primo vino rosso a finire è ormai sempre il Lagrein.

Un dato per capirsi: il 20% dei Pinot nero degustati viene dalle ultime annate “giovani” (2024-2023) mentre tra i Lagrein la cifre raddoppia e sale al 40%. Quindi sempre più Lagrein giovani, fruttati e piacevoli e sempre più Pinot Nero importanti, di ottima struttura, da far maturare per anni e spesso con tannini anche importanti dovuti all’uso del legno.

Non trovate anche voi strano che  questi due vitigni, per trovare una loro strada, debbano “prendere a prestito” le caratteristiche che l’altro aveva diversi anni fa?

Sarebbe interessante farci un ragionamento, ma a noi adesso interessa “lanciare il sasso in piccionaia” e poi passare velocemente a parlare dei risultati degli assaggi.

Partiamo col Pinot Nero, dove abbiamo degustato vini dal 2024 al 2020, con la parte del leone fatta dall’annata 2022. Da questa vendemmia sono venuti i migliori vini e pur se stiamo parlando di una vendemmia calda e difficile diversi vini hanno mostrato una freschezza interessante, anche se in qualche caso ovattata dal legno. In realtà è proprio il legno, come diciamo da tempo, e non il tanto discusso cambiamento climatico, il vero problema di questo vino.

Pinot nero a Mazzon

Ci sono ottimi agricoltori che riescono a produrre uve di alto profilo praticamente ogni anno, ma poi si punta troppo verso uno stile che forse non rispecchia le caratteristiche intrinseche delle uve stesse. Questo, tradotto in soldoni, vuol dire che le punte, anno dopo anno  ci sono, ma in media si trovano vini che avrebbero bisogno di più “libertà tecnica” di profumi giovanili più liberi e tannicità meno marcate. A riprova di quanto detto le punte, cioè i Vini Top sono ben due, ma i vini che hanno raggiunto o superato gli 80 punti (per noi, lo ripetiamo sempre, non sono pochi!) sono il 60% del totale, che è un buon dato ma da questa tipologia ci aspettiamo sempre molto di più.

Sul fronte dei Lagrein siamo in una situazione diversa: abbiamo assaggiato vini dal 2024 al 2021 e rispetto al passato ci sono molti più vini giovani e/o giovanili, con tanto frutto e poco legno e con una tannicità sempre viva ma quasi mai brusca, ruvida, spigolosa.

Lagrein

Quelli che puntano sull’invecchiamento invece sono molto più equilibrati rispetto al passato, con tannini molto meno aggressivi e più rotondi. Praticamente mai ci siamo scontrati con tannicità di Lagrein del passato e soprattutto c’è un dosaggio del legno molto più equilibrato e molto meno invasivo. Questo, lo ripetiamo, sia sui vini giovani che su quelli da invecchiamento. Alla fine abbiamo avuto un solo Vino Top ma una percentuale molto più alta (addirittura il 75%) di vini che hanno raggiunto e/o superato gli 80 punti.

Insomma, i Pinot Nero e i Lagrein altoatesini sembrano quasi invertirsi le parti e puntare a ciò che non erano in passato. Sarà una strada vincente per entrambi i vini? Noi speriamo di si ma comunque è curioso constatarlo.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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