L’aglianico del Sannio e i suoi fratelli3 min read

Per quanto sia possibile trovarne di ottimi anche in altre regioni (in primis nel Vulture, sui cui suoli vulcanici, specie in altitudine, il vitigno trova uno dei suoi terroir di elezione, poi  in Puglia e nel Molise) non vi è dubbio che l’Aglianico sia la varietà a bacca rossa  per eccellenza della Campania. Qui è diffusa in tutto il territorio, con differenti modulazioni in Irpinia (nelle terre del Taurasi), nel  Massico Casertano, dove ritrova i suoli vulcanici che gli sono particolarmente graditi, nel Cilento, nelle isole partenopee, dove più spesso si assembla al piedirosso ed altre varietà locali, e naturalmente nell’area del Taburno beneventano e in genere in tutta la provincia di Benevento.

Qui l’Aglianico è l’uva rossa da vino dominante, quella sulla quale i produttori puntano maggiormente per produrre qualità. Non è infatti un caso che i vini a base di Aglianico che abbiamo assaggiato nella nostra trasferta in Sannio rappresentassero l’80% dei vini rossi in purezza che ci sono stati proposti.

Poi ci sono i fratelli, o meglio i fratellini: il Piedirosso, più raramente (almeno da solo) lo Sciascinoso e la misteriosa Barbera. Già confusa con la Barbera piemontese, con la quale non ha nulla in comune, a parte alcune somiglianze di tipo morfologico, oggi ritenuta più verosimilmente  parente stretta del Casavecchia casertano , della Catalanesca vesuviana e del Summariello o Somarello (il Nero di Troia?), dà vini che, quando sono ben fatti, possono essere molto piacevoli:   non hanno l’acidità della Barbera piemontese, risultano talvolta un po’ rustici;  di medio corpo, sono caratterizzati da note accattivanti di ciliegia  e, più tenui, di erba.

Quale che ne sia il territorio di provenienza, , l’Aglianico mantiene sempre una sua identità e riconoscibilità. Se varie sono le chiavi di lettura a seconda della diversità dei luoghi e dei suoli,  è tuttavia davvero sorprendente come questo vitigno riesca sempre ad esprimersi con molta chiarezza. L’esperienza sannita, organizzata dal Consorzio del Sannio ne ha dato conferma con una serie di vini di ottima qualità ed in alcuni casi mostrando alcune eccellenze.

I tempi in cui le abbondanti rese in vigna ed una certa approssimazione enologica in cantina dominava larga parte di questo territorio sembrano ormai alle spalle, anche se non del tutto scomparsi. Già la degustazione dei bianchi aveva mostrato quanto il Sannio sia ormai avviato sulla strada delle produzioni di vini di qualità ed i vini rossi degustati sono stati una ulteriore conferma di quanto fatto negli ultimi anni.

Accanto ai produttori più conosciuti, altri stanno crescendo in modo rapido e con idee molto chiare. Anche se la zona del Taburno (almeno la metà dei rossi da uve Aglianico degustati proveniva da quel terroir) continua a dominare ed  illuminare la scena con vini di grande potenza, eleganti e longevi,  anche il resto del territorio mostra un grande fermento pur nelle altre denominazioni “minori”.

Godibili, beverini (si dice ancora ?) i Piedirosso, quando non c’è la tentazione di farne quello che non sono e lo stesso vale per la Barbera del Sannio, che mostra una buona  potenzialità non ancora pienamente sfruttata. Peccato che i campioni di queste varietà in purezza propostici in degustazione (tre sole Barbera del Sannio e un solo Sciascinoso) siano stati troppo pochi per poterne trarre conclusioni di tipo generale. Va anche aggiunto che, per quanto i disciplinari di produzione ammettano numerose altre tipologie delle varie denominazioni, non c’è stata proposta  in degustazione  nessuna versione spumantizzata, né  da uve appassite.

Resta comunque confermata l’impressione di un progressivo miglioramento qualitativo,  che va riconosciuto al Consorzio, oltre che ai produttori più attenti.

 

Articolo scritto e degustazione effettuata in collaborazione con Guglielmo Bellelli

Pasquale Porcelli

Non ho mai frequentato nessun corso che non fosse Corso Umberto all’ora del passeggio. Non me ne pento, la strada insegna tanto. Mia madre diceva che ero uno zingaro, sempre pronto a partire. Sono un girovago curioso a cui piace vivere con piacere, e tra i piaceri poteva mancare il vino? Degustatore seriale, come si dice adesso, ho prestato il mio palato a quasi tutte le guide in circolazione, per divertimento e per vanità. Come sono finito in Winesurf? Un errore, non mio ma di Macchi che mi ha voluto con sé dall’inizio di questa bellissima avventura che mi permette di partire ancora.


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