La Revue du Vin de France, Hors-série n.404 min read

Si tratta di un numero “bigrafico”, piuttosto che monografico,  perché centrato su due diversi temi principali: il primo è l’evoluzione del vino e del suo consumo nel corso della storia, mentre il secondo è organizzato intorno alla promozione  dell’enoturismo.

Sono cinque gli articoli della sezione dedicata a “La grande avventura del vino”. Il primo , firmato da Benoist Simmat, dal titolo “Invenzioni millenarie” parla dei recipienti che hanno preceduto i moderni contenitori: dalle otri di pelle ai dolia in terracottta e alle anfore d’argilla, prima di arrivare ai tonneaux in legno, le caraffe di gres o di vetro.

Poi ancora Simmat , con Fabien Humbert, ripercorre , con una serie di sketch molto sintetici, le dieci tappe fondamentali della storia plurimillenaria del vino. Quella moderna, rappresentata negli ultimi sei secoli , è scandita dall’”invenzione” della bottiglia di vetro , in Inghilterra, agli inizi del XVII secolo, dalla nascita del vino da grande invecchiamento a Bordeaux, alla fine dello stesso secolo, dal padroneggiamento dell’effervescenza , nella Champagne agli albori del XVIII secolo, dalla trasformazione del vino in prodotto di massa in Europa e negli Stati Uniti, nell’800, e, infine, dall’invenzione delle denominazioni, in Francia , agli inizi del XX secolo, e dall’affermazione delle etichette “verdi”.

Il terzo articolo di questa sezione , di Bruno Batisse, conduce il lettore nell’antica Roma, allorquando Plinio il Vecchio gettò le basi del primo “classement” dei vini di qualità (non solo il Falerno, dunque). E’ ancora Batisse che ripercorre la storia del vino nell’Islam, prima celebrato e poi proibito, per tornare in Occidente con Thomas Jefferson, terzo Presidente americano  (ne parla Benoist Simmat), amatore illuminato del vino, che cercò di introdurre il vino di qualità negli Stati Uniti. Avreste mai individuato nell’Ohio la culla del vino americano?

La sezione storica si conclude con la storia  di un colore , il rosé: se ne parlava già nel Medioevo, prima di diventare celebre ai nostri tempi. Quanto al famoso rosé provenzale , sembra che alla sua origine sia stata una  conversazione telefonica di circa 40 anni fa (era il 1985) tra Jean-Bernard Delmas, allora allo Château Haut-Brion, e Régine Sumaire, proprietaria dello Château Barbeyrolles, nella Presque-Île de Saint-Tropez. Il suggerimento di Delmas: semplicemente pressare i grappoli interi (in Provenza si pressavano solo uve diraspate ) e farli macerare pochissimo, così come lui faceva per i suoi bianchi.

Eccoci giunti alla seconda sezione, quella enoturistica. E’ una tradizione delle riviste enologiche francesi, che spingono molto il turismo del vino, dedicare almeno un numero all’anno a questo settore. La RVF adotta un modello più snello di quello di Terre de Vins, ma non meno efficace.

Solo 12 itinerari, alcuni dei quali decisamente atipici, come quello nell’Île-de-France, che apre la serie, un invito a scoprire la rinascita dei vini della banlieu, un tempo grande produttrice, e quello conclusivo nella Bretagna, altra magnifica terra, nella quale però il sidro prevale sul vino. Dunque questi gli altri itinerari: Beaujolais  e il suo gamay; Bordeaux , nel Sauternais, il paese dell’oro giallo; la Côte-de-Bar, ormai emancipata dalla tutela di Reims, che ha virato verso la biodinamica;  Il sud-Ovest insulare, ossia l’Île de la Beauté, la Corsica; la Languedoc, terra di Catari, con il suo vigneto sempre più popolare; il Sancerrois e i suoi sauvignon sauvages;  il dolce Bandol, terra di grandi rossi, ma anche di bianchi e rosé di carattere;  la Côte du Vivarais, nella Valle del Rodano, regione torturata dal vento onnipresente e dalla scarsezza d’acqua; le altitudini della Savoia; Irouléguy, il gioiello della Francia basca .

Ogni itinerario comprende una breve introduzione generale e un folto carnet di indirizzi, dove sostare, dormire, mangiare, acquistare vino e i buoni prodotti locali. Con molte foto e diverse scoperte per tutti i gusti. Una fonte di ispirazione per il viaggiatore tetragono che resiste a tutte le insidie delle restrizioni, dei pass e degli obblighi sanitari locali.

Per chi, oltre ai vini, ama i formaggi, un solo suggeriemento, tra i tanti di cui il fascicolo è ricco: la Freme Larraldea, dove le tre sorelle Recca (Elori in vigna, nel Domaine familiare, il Domaine Bordaxurria, e Oihana e Intza  alla tenuta agricola , dove prosperano 200 pecore manex atesta nera, insieme a vari vitelli, vacche e maiali. Cercare l’Ossau-Iraty della casa: un formaggio locale a pasta semi-dura non cotta, perfetto per accompagnare i robusti Irouleguy a base di tannat. Si chiude con il “grand entretien” a Hervé Durand, che, nel cuore delle Costières-de-Nîmes, porta avanti l’ambizioso progetto di produrre vino sulla base delle antiche ricette degli antichi Romani. Chissà!

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


LEGGI ANCHE