In questa rubrica non parleremo dei problemi geriatrici di qualcuno di noi (anche se sarebbe utile). Il nostro intento è quello di andare a scovare e raccontare i vini italiani “non giovanissimi”. Abbiamo pensato a questa dizione perché non parleremo quasi mai di quelli che vengono definiti “vini da grande invecchiamento” ma cercheremo sorprese, chicche, specie tra vini che nessuno si aspetterebbe.

Non sto certo qui a raccontarvi la storia del Sassicaia, del Marchese Incisa della Rocchetta e di Tenuta San Guido, sono stati spesi fiumi di parole su una realtà e su un vino tanto unico da essersi guadagnato una DOC proprietaria, ovvero “Bolgheri Sassicaia”, come per le grandi eccellenze francesi.
Il Sassicaia, la cui prima annata risale al 1968 (presentata tre anni dopo), ancora oggi ottiene quotazioni elevatissime nel giro di pochi anni dalla sua uscita. Ottenuto da Cabernet sauvignon in prevalenza con una quota di Cabernet franc, fa parte del novero dei cosiddetti “Supertuscan” e stimola frequenti dibattiti sulla sua fama, chi lo adora e chi lo considera sopravvalutato.
Personalmente ritengo che sia un vino di elevatissima caratura, che nel tempo ha subito ovvie mutazioni, dovute ai cambi climatici, al rinnovo dei vigneti, a evoluzioni tecnologiche ma senza mai perdere smalto. Come tutti i grandi vini esce alla distanza, pertanto è facile che un’annata nuova, soprattutto se non tra quelle più equilibrate e leggibili, non sia facilmente inquadrabile e trovi dei giudizi contrastanti. Ecco a cosa serve stappare vecchie annate!
Il 1993 qui fu un millesimo eccellente, sebbene non abbia raggiunto il livelli di altri come ’78, ’85, ’88, ’90, ’95, ’97, ’04, ’15 ecc.
Proprio per questo ho voluto stapparla, pur potendo sceglierne altre come la ’95, la ’97 e la ’04, mi incuriosiva molto di più saggiare cosa volessero dire 32 anni per il Sassicaia, allora semplice “vino da tavola”.
Ebbene, sono ancora a chiedermi come sia possibile che dopo pochi minuti di ossigenazione, questo ’93 si comporti come un giovanotto capace ancora di fare 50 flessioni senza che gli venga il fiato corto!

Sì, perché è questa la sensazione che m rimanda sia al naso che all’assaggio, devo scavare a fondo per sentire qualche cenno terziario evoluto, nascosto da una patina di freschezza e di frutto ancora integro; e la cosa mi stupisce ancora di più di fronte a una gradazione alcolica oggi introvabile su un vino del genere di 12% vol.!
Quale magia ha consentito a questo rosso incredibile di mantenersi così bene per 32 anni?
Sinceramente non lo so, quello che posso dirvi è che al momento non sta neanche ipotizzando di intraprendere la discesa, è semplicemente una sinfonia perfetta, una delle ragioni per cui dopo tanti anni riesco ancora a provare entusiasmo a scrivere di vino.
Certo, l’esperienza ci insegna che più passa il tempo e più ogni bottiglia è diversa, anche a causa della differente tenuta dei tappi di sughero. Ho un altro esemplare ’93 in cantina, sarà un’ottima occasione per fare anche questa verifica. Intanto questo me lo godo!
