Il Gavi e la svolta del cinquantenne5 min read

Il 6 Marzo, in occasione del 50° anniversario della Doc, Il Consorzio Tutela del Gavi ha organizzato una masterclass dedicata ad approfondire la resilienza del vitigno Cortese e la longevità del Gavi.

Il Gavi nel 1974 riceve la Doc e nel 1998 diventa DOCG. Un vino che spesso e volentieri (anche  tutt’ora) è molto più famoso all’estero che in Italia…

Ma andiamo con ordine. Il vino Gavi è 100% cortese, vitigno di cui le prime tracce si hanno con il dominio dei marchesi Obertenghi, quindi attorno all’Anno Mille.  In seguito la Repubblica di Genova lo farà  vitigno simbolo della zona.

Gavi

Il cortese germoglia a metà aprile circa (il che lo salva da gelate tardive) ed ha una maturazione media (metà settembre), soffre lo stress idrico, mal d’esca e marciume grigio.

E’ un vitigno generoso nel senso produttivo ed in epoca di maturazione, se tardivamente raccolto, può perdere freschezza ed acidità. Ecco che il disciplinare interviene , limitando la resa  a 95Hl/ha con un resa in vino massima del 70%, dando così al mosto/vino maggiore concentrazione e meno diluizione.

Ma questo non è bastato, vuoi perché Gavi si trova al confine di due regioni e non facile da raggiungere, vuoi perché ha sofferto la concorrenza di altri bianchi non solo piemontesi come Arneis e recentemente Timorasso, spesso viene vinificato in modo semplice e beverino.

Perciò siamo stati abituati a bere Gavi molto freschi, beverini e, passatemi il termine, spesso innocui e molto standardizzati. Infatti l’85% del vino è esportato in tutto il mondo e per alcune aziende si supera facilmente il 90%.

Ma in che senso semplice?

Lungi da me considerare il Cortese vitigno semplice, anzi è un vitigno che tende ad avere sfaccettature semi aromatiche/esotiche e mediterranee (erbe): questo se gli viene lasciato del tempo per esprimersi in bottiglia e se trattato in cantina con adeguata cura. Lo ha chiaramente evidenziato questo evento presentato dal presidente del consorzio Maurizio Montobbio.

Forse quasi troppo complesso per un mercato non preparto?

Il mercato mondiale  ed il consumatore medio non riesce ancora a percepire un bianco troppo aromatico, troppo strutturato ma ama e preferisce( forse preferiva?) un vino semplice e beverino con 3-4 profumi (vedi il successo del Pinot Grigio Italian style e anche di molti Arneis) e a mio modesto parere il Gavi ha fatto la stessa strada negli ultimi 20 anni.

Il Gavi ha avuto, infatti, come mercato principale UK, mercato notoriamente che cerca vini semplici e anche a basso costo, che possono sostituire il ‘simply easy drinking style’ del  pinot grigio e dell’albairhno (altro grande vitigno).

Ma…

Ma per fortuna un gruppo ristretto di illuminati, il consorzio e le ‘nuove’ modifiche al disciplinare stanno modificando le carte in tavola.

Importante l’introduzione della menzione Riserva (ahimè solo 4 produttori ad oggi :  La Mesma, La Raia, Roberto Ghio e Cascina Binè) e la restrizione della zona di imbottigliamento: tutto questo insieme ad un progetto con l’agronomo Davide Ferrarese e all’installazione di 5 centraline meteo, porteranno indubbi vantaggi alla denominazione. Quest’ultimo progetto ha lo scopo di determinare le diverse epoche di germogliamento, fioritura, invaiatura e profilare un vero e proprio modello specifico di viticoltura del Cortese, nonché anche una mappatura attenta del territorio.

L’intento.

L’intento è quello di elevare il Gavi a grande bianco e scrollarsi di dosso la fama di vino semplice. Infatti il Cortese di Gavi con qualche mese in più di bottiglia esprime la sua vera natura ma, come spesso accade, molte aziende escono con i loro Gavi già per il Vinitaly (aprile) o al massimo per l’estate. Questo  è esattamente quello che il mercato si aspetta ed in più l’estate e il caldo tirano la bevuta di un bel vino bianco ‘fresco’ e leggero, ma così non si cresce.

Soluzioni?

La soluzione sicuramente non sarà quella di passare magicamente dallo 0,1% al 20% di Riserva prodotta su un totale di 14 milioni di bottiglie, ma potrebbe sicuramente aiutare a posizionare il Gavi nei grandi ristoranti/hotel.

Mi pongo però alcuni dubbi sulla percezione del consumatore medio alla parola ‘Riserva’ su un vino bianco, ma ci si può lavorare.

Invece obbligare da disciplinare il ritardo dell’uscita a Settembre  (perdendo così tutta l’estate di vendita) e anche educare il consumatore a non bere i vini d’annata credo sia, almeno per il solo Gavi,  impossibile e non realizzabile:  si rischierebbe una catastrofe delle vendite. Non dimentichiamoci che sebbene il Gavi invecchi molto bene, come è chiaramente emerso dalla degustazione, non necessariamente il consumatore apprezza o dovrebbe apprezzare prodotti âge e nemmeno bisognerebbe esasperare il racconto di un vino ed un territorio sulla sua potenziale di invecchiamento.

E’ stata, anche, sollevata una perplessità sui prezzi troppi bassi di alcuni vini, come scusa del posizionamento del Gavi, ma in realtà ritengo proprio che il prezzo possa far avvicinare addetti del settore e consumatori verso il Gavi, un bianco di qualità con un prezzo concorrenziale.

In definitiva.

Il Gavi sicuramente reclama uno spazio maggiore nelle carte vini dei ristoranti, enoteche e winebar Italiani, meglio ancora piemontesi, per poter elevare il suo status in ‘patria’ e le ‘Riserve’ sicuramente serviranno da chaperon, insieme a prezzi estremamente concorrenziali di molti Gavi, per marcare bene la strada. Molto importante sarà una comunicazione unita e corretta della sua vera natura, senza esasperazione e senza forzature.

Buon cortese a tutti!

Davide Buongiorno
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