Il Barolo bianco de La Colombera4 min read

Ci pensavo mentre percorrevo l’autostrada al rientro di una bella giornata passata in compagnia di Elisa Semino, in occasione dell’inaugurazione della nuova sala di degustazione: “…ha ragione chi definisce il Timorasso, il Barolo bianco…”.

In effetti, se lasciamo da parte quello che l’occhio percepisce,  le analogie non sono poche: condivide  lo stesso tipo di collocazione geologica, clima e regione; ha una personalità esuberante, una capacità di invecchiamento importante e soprattutto dona il meglio di sé solo dopo qualche anno.

Siamo a Tortona (Alessandria), dove quest’uva antica, quasi scomparsa 25 anni fa, all’epoca troppo difficile da coltivare, ha rimesso  radici grazie ad uno sparuto gruppo di amici vignaioli, che hanno creduto fino in fondo nel potenziale di questo vitigno. Tra questi l’istrionico Walter Massa a cui il Timorasso deve davvero molto in termini di rinascita, comunicazione e notorietà.

Un’uva che deve anche ringraziare il cambiamento climatico: l’innalzamento delle temperature ha reso possibile una maturazione più completa degli acini per arrivare a bilanciare meglio l’incredibile dotazione acida di questo vitigno: 7,5 g/L di acidità, accompagnati da un PH normalmente intorno a 3.20 sono il biglietto da visita di un’uva che non teme il confronto con il tempo.

E così, migliorando le qualità organolettiche generali del vino sia per il clima ma soprattutto per la sapienza dei vignaioli locali, di pari passo sono cresciuti I numeri della zona intorno a Tortona: nel 2005 gli ettari piantati a Timorasso erano ben… 3! Oggi siamo arrivato a 300!!! L’enoturismo è in forte crescita e con esso la quota di consumo locale del vino. Da non sottovalutare che molte cantine langarole hanno fiutato il potenziale della zona e dunque, per dirne due con la rima, cantine come Vietti e Rivetti stanno mettendo radici, seguite da varie altre che stanno cercando vigne e spazi.

La zona è grande, c’è spazio per tutti, è circa 4 volte il territorio del Barolo ma gli ettari vitati sono  molti, molti meno.

La migrazione di cantine da altre zone porta con se vantaggi ma anche svantaggi, il pericolo è che l’interesse delle cantine premium si porti dietro le cantine di imbottigliatori senza scrupoli che potrebbero inficiare il lavoro qualitativo prodotto in questi vent’anni.  A questo proposito non so se l’inserimento nel disciplinare della tipologia “Piccolo Derthona” possa aprire una breccia a chi vuole produrre quantità anzi che qualità.

La Colombera

Ma veniamo a Elisa Semino e a suo fratello Lorenzo: mi hanno invitato all’inaugurazione della loro nuova sala di degustazione. Bella, spaziosa, funzionale ma soprattutto panoramica: diventerà certamente un ulteriore strumento di comunicazione per i loro vini.

Dei  vini che dire… fanno parte dei miei vini del cuore e quello che apprezzo di più in questa cantina è un concetto che mi porto spesso dietro per definire la qualità totale di un progetto: la “consistenza”.

E qua di consistenza ce n’è tanta, ma che io declinerei poi in un altro concetto che è la “coerenza”, che è quella qualità di cui i produttori italiani credo siano meno dotati in assoluto ma che invece spesso è la chiave del successo di un vino, una cantina, una zona.

Consistenza e coerenza a La Colombera si concretizzano in 2 aspetti chiave: vini sempre di livello qualitativo alto quando non altissimo e la ricetta del loro Timorasso (chiamiamolo Derthona, va’) sempre uguale da 20 anni!!! Nessuna concessione a mode, tendenze, suggerimenti del settore commerciale; solo vini graniticamente fedeli a se stessi, dove le annate si leggono benissimo e fanno apprezzare ancora di più il rispetto che i Semino hanno per questo vitigno e quanto tengano a mantenerne integre le peculiarità.

Vini che non hanno bisogno di essere capiti perché sono essi stessi a raccontarti tutto quello di cui hai bisogno. Hanno appunto quella capacità di raccontarsi che solo i grandi vini posseggono e che non ti necessitano di elucubrazioni mentali perché si aprono come un libro e ti dicono tutto.

Vinificazioni da sempre in acciaio e che si declinano in due vini: Il Derthona (100% Timorasso) e il Montino che è il loro Cru di Timorasso. Vini a due velocità: chi non può aspettare qualche anno compri il Derthona che è sempre buono subito anche se un po’ meno complesso, chi vuole aggiungere una perla alla sua cantina per poi stapparla più avanti allora punti sul Montino che dona nel tempo grande eleganza e piacevolezza.

Un ringraziamento sincero per l’ospitalità di Elisa e Lorenzo e un consiglio per chi vorrà andare a visitare la loro nuova sala: assaggiate anche il Montebore, un formaggio fantastico. Sarà anche facile farlo visto che Elisa lo serve sempre durante le sue degustazioni.

Gianpaolo Giacomelli

È nato a Lerici, vive a Castelnuovo Magra ed è quindi uomo di confine tra Toscana e Liguria. Al momento della “scelta” ha deciso di seguire la passione per le cose buone invece del comodo lavoro dietro una scrivania. Così la “scelta” lo ha portato a Londra a frequentare i corsi per Master of Wine, finendo tempo e soldi prima di arrivare agli esami. A suo tempo ha aperto un winebar, poi un’enoteca e alla fine ha un’associazione culturale, un wineclub, dove, nella figura di wine educator, propone serate di degustazione e corsi. Fa scorribande enoiche assaggiando tutto quello che può, sempre alla ricerca di nuovi vini. Ha collaborato con varie testate del settore, contribuito alla nascita delle guide vini Espresso e Vini Buoni d’Italia prima di dedicarsi anima e corpo a Winesurf.


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