Una cantina la si può giudicare da molti punti di vista, con variabili che portano a classifiche e giudizi magari diversi , ma c’è una variabile che normalmente pesa di più e può fare la differenza sulle altre: il tempo.
Se una cantina è in grado di mettere insieme una verticale significativa dei suoi vini, vuol dire che la variabile tempo è stata sfruttata a dovere e il produttore ha raggiunto un livello di maturità importante, sia dal punto di vista tecnologico, sia commerciale, ma soprattutto mentale.
Mettere da parte bottiglie nella speranza di poterle riproporre una decina di anni dopo vuol dire soprattutto credere in quello che si fa, credere nel vino, nel vitigno e soprattutto nel futuro della cantina.
Il tempo è una variabile oggettiva, non lascia spazio ad incertezze, sfidarlo significa adeguarsi alla sua cadenza: per una cantina significa produrre un vino di qualità tale da avere la quasi certezza che non potrà che migliorare nel corso di un certo numero di anni. Dunque è con grande interesse che accetto gli inviti a delle verticali, in particolare a questa sul Timorasso rivoltomi da Elisa Sebino, che, insieme a padre e fratello, conduce la cantina La Colombera.
Il territorio
Ci troviamo a Tortona, ultimo lembo orientale piemontese e di grandi contaminazioni lombarde, all’interno della denominazione Colli Tortonesi. Un paesaggio dolce fatto di colline e strette valli, dominato da vigne, peschi, ciliegi, boschi, grano, nonché ceci di livello qualitativo assoluto. Paesaggio tanto dolce quanto feroce nella canicola estiva, siamo nella zona più calda del Piemonte.
La Cantina
Sulla costa della collina di Vho, frazione di Tortona, spicca la Cascina La Colombera. Trenta ettari di cui venti vitati, gli altri destinati soprattutto a ceci e grano. Oltre al Timorasso la cantina produce i classici vitigni del basso Piemonte: Cortese, Barbera e Croatina. I terreni su cui posano i 20 ettari di vigneti sono ad un’altitudine tra i 200 e i 300 metri.
La tipologia di suolo de La Colombera è caratterizzata dall’alternanza tra strati di arenaria e marne. Sono suoli moderatamente profondi, con tessiture franche argillose e un buon drenaggio interno, c’è presenza di calcare e hanno una bassa capacità di ritenzione idrica che, nei periodi estivi, porta le vigne a risentire maggiormente della mancanza delle piogge.
Il suolo è uno dei fattori fondamentali di qualità e lo si legge benissimo nella degustazione delle due tipologie di Timorasso che Elisa produce: Derthona e Montino.
Il timorasso
E’ il vitigno autoctono della provincia di Alessandria che da qualche anno sta vivendo una stagione felice. In passato era quasi scomparso ma verso la fine degli anni ottanta ha ripreso ad essere impiantato. L’impulso iniziale per questa ripresa è stata la determinazionee la lucida follia di Valter Massa, che ha creduto fin da subito e fino in fondo nel timorasso quando nessuno avrebbe scommesso sulla sua riuscita. Aa coinvolto e convinto gli altri produttori della zona, mettendoli di fronte ai risultati del suo lavoro. Oggi la zona conta circa 30 produttori che vinificano timorasso e ne garantiscono il futuro.
I motivi del suo abbandono sono anche i motivi della sua ripresa odierna: è un vitigno difficile e complicato, sia in vigna che in cantina, ma la sua complessità ripaga di tanti sforzi.
Produttività decisamente incostante, ma nelle annate giuste è altamente produttivo e dunque necessita di potatura verde bilanciata, mentre in cantina si esprime al massimo con affinamento sui lieviti; in compenso è abbastanza resistente alle malattie e agli eventi atmosferici. Decisamente meno interessante da giovane, con il tempo sviluppa una complessa gamma di aromi. Una delle sue principali caratteristiche è l’ acidità, che è anche la chiave della sua longevità.
La Verticale
La verticale è stata fatta con le due selezioni: Il Montino e il Derthona (nome storico della città di Tortona e con il quale si vorrebbe chiamare in un futuro prossimo la denominazione del Timorasso).
I vini sono sempre stati vinificati allo stesso modo, l’affinamento è sempre avvenuto in acciaio come la fermentazione, dunque lasciati il più integri possibile.
La grande differenza tra i due è il suolo da dove provengono: Il Derthona proviene principalmente da vigne con suolo argilloso (suolo scuro), questo conferisce al vino complessità al palato e grassezza.
Il Montino invece deriva da suolo argilloso con però inserimenti importanti di calcare (suolo chiaro), che conferiscono al vino uno scheletro maggiore, note minerali accentuate e profumi molto complessi, quasi da Riesling.
Derthona 2016
Complessivamente un vino molto elegante senza eccessi.
Montino 2016
Dotazioni aromatiche già importanti, con fiori e accenni di idrocarburi. Palato nervoso e aggressivo, molto verticale. Ottimo potenziale di invecchiamento.
Derthona 2015
Annata calda e piovosa: note dominanti di fiori e agrumi. Pieno al palato ma leggermente diluito nel finale.
Montino 2015
Ancora chiuso al naso, complesso e ricco al palato.
Montino 2014
Fiori e zucchero filato. Vena acida importante al palato.
Montino 2013
Floreale molto pulito e piacevole. Palato perfettamente bilanciato, estremamente elegante.
Montino 2012
Vendemmia lunga e difficile: naso aperto e disteso con note complesse di agrumi fuse a sentori minerali. Buon palato elegante ma manca un po’ di pressione.
Derthona 2011
Tanto strano il naso (sembra a fine corsa), quanto stupendo il palato per la sua eleganza e lunghezza. (tra i migliori della verticale)
Montino 2010
Annata fredda: note di lievito e roccia in evidenza ma poca pressione al naso, palato un po’ scarno, ma in definitiva un vino “essenziale” che mantiene una sua bella eleganza.
Derthona 2009
Estate calda) naso in continuo cambiamento con grande pressione, pulitissimo con note in evidenza di miele di castagno e idrocarburi. Molto complesso anche al palato con grande pressione ed eleganza; lungo e pieno; mantiene ciò che promette al naso. Personalmente il migliore di tutta la degustazione.
Montino 2008
Naso chiuso (uscirà?), palato pulito ma molto contratto.
Derthona 2007
Terziarizzazione matura al naso, palato un po’ stanco (il più debole della degustazione)
Derthona 2006
Naso estremamente elegante con note delicate di idrocarburi, quasi terrose. Al palato mantiene una insospettabile vivacità che lo rende ancora decisamente piacevole alla beva.
Tredici vini che hanno confermato quanto si dice sulla capacità di invecchiamento del timorasso. Quasi tutti i vini sono risultati abbondantemente oltre la soglia minima della qualità, qualche incertezza su un paio, e almeno tre (Montino 2012, Derthona 2011 e soprattutto un Derthona 2009 da standing ovation) hanno dimostrato il carattere di un vitigno che va atteso per ripagarci poi con complessità aromatiche e gustative di rara bellezza.
Attualmente non è eresia dire che un timorasso di buona qualità possa proporre il meglio di sé intorno agli 8-10 anni di vita, ma ciò non deve farci pensare all’infanticidio se stappato prima. Comunque almeno 2-3 anni di bottiglia non potranno che fare bene al vino e alle nostre papille gustative.