I luoghi di Suavia, tre vini a cui dare tempo e fiducia4 min read

Ettore ha 18 mesi e indossa una polo gialla: è tenero, sorridente e dato il contesto l’ho ribattezzato “Chicco di garganega”. Ettore è uno dei figli di Alessandra Tessari, uno dei dieci nipoti/cugini delle quattro sorelle Tessari. Tre di loro, Alessandra, Valentina e Meri, sono le colonne del progetto Suavia, 30 ettari coltivati solo a garganega e trebbiano di Soave.

Parto da un piccoletto sorridente per raccontarvi questo progetto perché raccontare un’azienda significa raccontare le persone e, piccole e meno piccole che siano, sono loro che la animano.

Spulciando nello storico della nostra guida ho visto che sin dalla nostra prima annata (2006!) i loro Soave sono praticamente stabili tra i  VINI TOP,  quindi ho raggiunto Soave molto incuriosita dal lavoro delle tre sorelle.

C’è molto amore e convinzione dietro questi vini, anche partendo dalle bottiglie particolari  (per 50 g escono dalla categoria leggere, peccato) arrivando ai tappi a vite per l’intera linea.

Veniamo al contenuto delle bottiglie che arriva da 30 ettari, di cui l’appezzamento a corpo unico più grande ne conta 6. Tanti fazzolettini di terra, che qualcuno ha paragonato a una coperta patchwork, come è tipico vedere a Soave: i dati dicono che la proprietà media è di 0,3 Ha, solo uve bianche naturalmente.

Il motivo che ha spinto le sorelle Tessari a chiamare la stampa presso la loro proprietà (loro che a malapena hanno la sala degustazione di fronte alla casa dei genitori) è stato per presentare un progetto legato a tre UGA: Fittà, Castellaro e Tremenalto. Suavia ha vigne in queste tre UGA perciò, alla faccia del commerciale, Meri, Alessandra e Valentina hanno architettato un modo per comunicarle in modo pragmatico anche al consumatore: una box con 3 bottiglie (non vendibili singolarmente) con i tre Soave.

Stessa vinificazione (100% in acciaio), stesso affinamento, stessa annata, stesso, stesso, stesso… per offrire un termine di paragone e far capire cosa può succedere a nord, a est o a ovest, naturalmente in terreni differenti.

Il Castello di Soave

Ma per raccontare le differenze dei 3 calici, un pedologo (alias geologo) Giuseppe Benciolini, e un docente di enologia dell’Università di Verona, Maurizio Ugliano, hanno spiegato e mostrato le differenze dei terreni in esame e raccontato con formule chimiche i profumi del Soave.

A Fittà, hanno effettuato anche vari carotaggi tra i filari per mostrarci la composizione del terreno e cosa implica argilla meno argilla etc.

Andando al sodo, diciamo che la poesia è uscita da questo corpo per far spazio alla concretezza di cosa deve fare e subire una pianta nelle varie condizioni climatiche e di terreno, tra effetti di ere geologiche e spostamenti tettonici.

E stringere una zolla di terreno composta al 40% di argilla tra le mani e vedere che si divide secondo assi, facce lisce e meno lisce e sentirsi spiegare come si traduce tale meccanica nella gestione idrica e non solo della pianta, fa venire voglia di stare ore intorno al calice per associare le sensazioni olfattive e gustative a quelle visive di un terreno che vuole raccontarsi.

Quello che però posso fare è raccontarvi solo i tre vini del progetto I Luoghi di Suavia: tre 2020, tutti 100% garganega.

Garganega

I punti in comune

L’annata 2020 è stata definita una buona annata. Tutti e tre i vini hanno fatto un anno in vasca d’acciaio e due anni di bottiglia. 15 giorni di fermentazione e 6 mesi di sosta sulle fecce fini per dargli stabilità. Tutte le vigne sono coltivate a pergola. L’altitudine dei vigneti è simile.

Fittà

Età dell’impianto: 70 anni-Esposizione: Est-Terreno con argilla al 40%.

Un vino elegante, salino, non molto lungo e con una freschezza agrumata che vira al pompelmo. Particolare la nota di pietra focaia.

Castellaro

Età dell’impianto: 50 anni-Esposizione: Nord-Terreno spartano, come è stato definito da Benciolini.

Il più caldo dei tre: note di lavanda, fresco ma con una salivazione meno spinta. Nota amaricante finale che ne accentua la verticalità.

Tremenalto

Età dell’impianto: 60 anni-Esposizione: Ovest-Terreno dove sono visibili elementi minerali ossidati (scavando tende al rosso in alcuni punti).

In questo momento un po’ meno dinamico rispetto agli altri 2, pur confermando equilibrio e eleganza. Le erbe aromatiche esaltano le note olfattive. Per me è quello che ha bisogno di più tempo.

Del resto nella nostra guida lo diciamo da anni: il Soave ha bisogno di almeno 2 anni per esprimersi bene e le sorelle Tessari sono disposte ad aspettarne 5, forse 10 e anche 20 per scoprire tutto il potenziale che hanno. Per i 5 anni ho già segnato la data in agenda, per il resto aspetterò fiduciosa una mail dalle tre sorelle.

Barbara Amoroso Donatti

Appassionatissima di vino e soprattutto “liquidi con qualche grado in più”. Punto di riferimento del giornale per tutto quanto riguarda il mondo dei superalcolici.


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