E’ sempre con un certo timore che commentiamo i risultati dei vini prodotti sull’Etna, perché è forse in questo momento la denominazione italiana maggiormente sotto gli occhi di pubblico e critica e non solo in Italia. Per esempio lo scorso hanno facemmo una piccola inchiesta sui vini italiani bevuti in Grecia e anche lì ad ogni piè sospinto spuntava il nome Etna.
Quindi parlando oggi di bianchi e rosati etnei sappiamo che le nostre parole saranno pesate e valutate con particolare attenzione.
Partiamo dai bianchi e quindi dal carricante, che il vitigno di riferimento, e dal catarratto che gioca benissimo il ruolo di damigella d’onore. La sensazione è che il parco vitato etneo riferito a questi due vitigni stia migliorando anno dopo anno. In realtà molte vigne sono ancora giovanissime ma quelli che le hanno con qualche anno in più sulle spalle fanno capire quanto “la vecchiaia” porti consiglio e buon vini. Sarebbe molto interessante riassaggiare tra 4/5 vini i migliori dei nostri assaggi, solo per capire al meglio quelle caratteristiche che oggi si possono solo intravedere.

Ma la cosa che ci ha colpito di più è stata comunque la qualità media molto alta: quasi il 72% dei vini degustati ha raggiunto o superato la barriera degli 80 punti (per noi non sono pochi!) e avendo assaggiato più di 40 campioni vuol dire che la qualità, fino a qualche anno fa in mano a poche cantine, adesso è un dato diffuso. Bisogna anche dire che l’arrivo sulla Muntagna di produttori da varie parti della Sicilia e d’Italia non poteva che portare un ampliamento qualitativo, anche se il rischio sotteso è quello di una (neanche tanto) leggera omologazione, specie fino a quando i vigneti non saranno più vecchi e l’esperienza non sarà maggiore.
Comunque i 2021 e i 2022 degustati hanno dati ottimi risultati, anche quei vini che vengono vinificati con l’uso del legno e che in passato lo mostravano in maniera troppo palese. Solo 4 Vini Top possono sembrare pochi ma in realtà molti di questi vini adesso fanno solo intravedere quello che potranno dare in futuro e anche diverse vinificazioni “conservative” tendono a tenere ancora in una specie di limbo (un bel limbo!) alcuni vini.
Quindi qualità in crescita e soprattutto più diffusa, ma attenzione ad una possibile futura omologazione che, anche se ad alti livelli, porterebbe con se il rischio di una perdita di appeal rispetto a denominazioni con prezzi medi più bassi.

Di rosati ne abbiamo degustati molti meno ma l’idea è che la tecnica per produrre dei rosati diversi con possibilità di durata di almeno 4/5 anni sia cresciuta esponenzialmente, ci ha accompagnato in ogni assaggio. Infatti l’austerità di diversi vini fa perdonare una lieve carenza aromatica e la farebbe perdonare ancor di più se ci fosse la possibilità di averli in commercio dopo almeno 2/3 anni.
Credo che sia arrivato il momento in cui il mondo etneo, almeno per queste due tipologie, debba decidere cosa farà da grande: si punterà su vini giovani e abbastanza immediati oppure l’Etna diventerà una “terra da attendere” almeno 3-4 anni? Capisco che i costi di una tale scelta siano importanti ma a certi prezzi non si può pensare, con vini d’annata, di reggere per sempre.
L’ultima cosa riguarda il nostro vecchio pallino delle bottiglie leggere, che qui sull’Etna sono praticamente latitanti e questo non è certo in bene, anche e soprattutto in proiezione futura. Oramai è chiaro e conclamato che buona parte della produzione di CO2 di una cantina deriva dall’uso di bottiglie pesanti e quindi chi si professa biologico o comunque attento all’ambiente non può prescindere dall’usare vetri leggeri.