Guida vini. Chianti Rufina: vini antichi fatti in maniera moderna3 min read

Non nego di fare un bellissimo lavoro ma delle volte succede che me ne renda conto più di altre. Questa cosa è successa, per esempio, quando il giorno dopo aver degustato Morellino di Scansano sono andato ad assaggiare i Chianti Rufina. E’ stata quasi una folgorazione gustativa perché dalla rotondità e “paciosità” degli ottimi Morellino di Scansano mi sono ritrovato nel regno della freschezza, in qualche caso dell’austerità. Il bello era che si stava parlando dello stesso vitigno (nel 95% dei casi, ammetto), il sangiovese, che in due zone profondamente diverse della Toscana dà vita a vini (per fortuna!) diversi, con caratteristiche precise, riconoscibili e riconducibili al territorio di provenienza. In tempi di omologazione enoica, con vini che si assomigliano dalle Alpi al Lilbeo, trovarsi di fronte a diversità così nette e nello stesso tempo assolutamente piacevoli mi ha stupito e soddisfatto.

Questa ventata di freschezza l’ho sentita, anzi l’abbiamo sentita, soprattutto nei Chianti Rufina d’annata che pur in una vendemmia non certo fredda come la 2022 hanno messo in mostra il loro punto forte, proponendoci vini “antichi molto moderni”, cioè prodotti in cui l’acidità (evito il termine freschezza perché ormai inflazionato)  è sempre presente e mai eccessiva o con derive amare: è il punto di raccordo tra tannicità e corpo, una colonna vertebrale su cui costruire ottimi vini giovani con bei profumi di frutta, ma anche con belle possibilità di invecchiamento.

Mettere assieme oggi vini che non si vergognano di essere verticali, proponendosi comunque per un consumo quasi immediato ma non disdegnando l’invecchiamento, è una caratteristica che poche denominazioni possono avere e che molte vorrebbero avere. La Rufina l’ha sempre avuta ma purtroppo si perdeva tra imperfezioni di vinificazione e scarsa cura nel vigneto: oggi non accade più.

Accade invece quello che è successo anche in denominazioni cugine quando sono alle prese con “innesti” importanti, come la nascita di una nuova tipologia che si pone come top di gamma. Il Rufina Riserva Terraelectae si è presentato bene sin da subito ma per una buona fetta dei produttori ha “risucchiato” risorse e uve dalla Riserva, rendendola non solo più povera ma anche con minore appeal proprio a partire dai produttori. Poi, col tempo, le cose si riequilibreranno ma per adesso una buona fetta di Rufina Riserva soffre dell’arrivo del figliol prodigo Terraelectae e si propongono un po’ più scariche, ruvide, meno equilibrate e pimpanti.

Mentre i Terraeelectae (lasciando da parte lo scioglilingua latineggiante del nome) si presentano come vini importanti ma che provano a non esserlo, specie con un utilizzo meno marcato del legno e in una freschezza di base che non fa a pugni con la logica tannicità del sangiovese. Naturalmente ci sono versioni più austere e versioni più rotonde e piene, ma il minimo comun denominatore non parla di un vino “da concorso” ma di un prodotto da invecchiamento che esce già abbastanza godibile.

In definitiva è stata una degustazione molto interessante che ci ha presentato una denominazione piccola ma con tanta voglia di affermarsi. Lo testimoniano tre cose: la prima è la rinnovata e concreta coesione tra i produttori, poi il fattoche  quasi l’80% dei vini degustati (più di 40) ha ottenuto almeno i nostri 80 punti, che ormai sapete tutti che non sono pochi perché non diamo punteggi come babbo Natale le caramelle e infine che, ridendo e scherzando, ben sei vini hanno ottenuto il riconoscimento di Vino Top.

Siamo venuti via dal comprensorio della Rufina molto soddisfatti.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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