Guida vini. Barbera d’Alba: una certezza che non sempre fa rima con freschezza3 min read

Al termine dell’assaggio delle Barbera d’Alba, scherzando un po’ ma nemmeno tanto, abbiamo utilizzato la storica frase di Martin Luther King: “I have a dream”. In questo caso il sogno sarebbe quello di vedere le Barbera d’Alba mostrare sempre più freschezza e minore opulenza. In questo potrebbero riassumersi l’articolo e gli assaggi di quasi 80 Barbera d’Alba spalmate su quattro annate, dal 2022 al 2019.

La Barbera d’Alba, con circa 11 milioni di bottiglie e 1734  ettari vitati (più del doppio del Barbaresco, tanto per capirsi) è stabilmente il secondo vino prodotto in Langa e un motivo ci sarà. Sicuramente è un’uva malleabile che porta a diverse tipologie di vino e può anche invecchiare bene.

Barbera

Storicamente era il vino povero, di tutti i giorni, fino a quando non si è iniziato a proporlo in legno, creando nei primi tempi (diciamo nell’ultima decade dello scorso secolo e nella prima di questo) dei veri e propri “vini del falegname”. Piano piano le cose sono cambiate e migliorate, ma in questo processo si è inserito il cambio climatico, che ha ulteriormente modificato le carte in tavola,  rischiando di creare più problemi che opportunità. Se non fosse per la bravura dei produttori langaroli ci ritroveremmo oggi con molte più Barbera troppo alcoliche e senza freschezza e sapidità. Se ripensiamo a quelle di 15-20 anni e ci mettiamo sopra le gradazioni di adesso il quadro sarebbe desolante.

Comunque l’innalzamento delle temperature, la siccità quasi imperante hanno portato comunque a diversi a vini molto, troppo alcolici e poco equilibrati. Questo accade soprattutto con le versioni più corpose e in legno, mentre quelle giovani hanno quasi sempre un minimo di sprint, cioè quella freschezza che caratterizza il vitigno.

Se pensiamo alle Barbera del passato e le confrontiamo mentalmente con quelle di oggi le differenze sono abissali, soprattutto per quanto riguarda l’uva, sicuramente molto più matura a livello polifenolico e con minor acidità. In questo quadro abbiamo trovato chi riesce comunque a mantenere una classica acidità e chi invece punta più su una sapidità grassottella e su un legno presente ma non marcante come in passato.

Mediamente più del 50% dei vini hanno superato la fatidica soglia degli 80 punti e ben 7 sono arrivati ad essere Vini Top. Questo è sicuramente un buon risultato, specie perché raggiunto grazie alla freschezza, anche “spudorata” in qualche caso, e non certo all’utilizzo importante del legno. Solo pochi campioni hanno mostrato questa, per fortuna ormai superata, caratteristica.

Bisogna anche dire che, legno o non legno, la tecnica di cantina delle Barbera d’Alba porta sempre a vini netti e puliti, senza difetti e questa non è una cosa da poco. Indubbiamente la Barbera d’Alba si mostra, nel mare magnum di vini piemontesi dallo stesso vitigno, una certezza qualitativa che, specie per quanto riguarda le Barbera d’Alba d’annata, viene proposta a prezzi un po’ più alti delle cugine di altre denominazioni, ma tutto sommato abbordabili.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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