Degustazioni Dolcetto 2016-2015 Alba, Diano, Dogliani: quando il piacere torna di moda5 min read

Mancano nemmeno 20 giorni ai nostri assaggi di barolo e barbaresco in Langa ed eccoci a parlare di quelli che un lettore poco attento potrebbe definire  “le seconde linee di Langa”.

In realtà sia i dolcetto (declinati tra Alba, Diano e Dogliani) di cui parleremo adesso sia le Barbera d’Alba che presenteremo tra qualche giorno, sono vini che fanno parte del tessuto organico-sociale della Langa e da cui non si può prescindere per conoscerla e capirla.

Ancora all’inizio degli anni ottanta, al torinese che veniva a comprare dolcetto in Langa, si regalava una bottiglia di barolo, tanto quel vino lo volevano in pochi. Oggi la situazione non solo si è completamente ribaltata ma molte cantine langarole cercano di eliminare il dolcetto  dalla loro proposta perché tanto “Crea tanti problemi in vigna e non lo vuole nessuno!”

Naturalmente c’è anche chi la pensa al contrario: per esempio a Dogliani, dove magari si è esagerato in passato (e se ne pagano ancora commercialmente le conseguenze) nel pensare che il dolcetto potesse essere un “simil barolo”, o a Diano d’Alba dove invece si punta molto sulla parte aromatica del vitigno e molto meno sulle possibilità di invecchiamento (secondo noi a ragion veduta).

Il dolcetto, come vino è sicuramente poco richiesto e i dati pubblicati due anni  fa  non sono certo stati sovvertiti in questo periodo.

Amando il dolcetto e credendo sia un vino assolutamente sottovalutato siamo tornati ad assaggiarlo, con la ferma convinzione di andare incontro ad una degustazione di alto livello: non ci siamo sbagliati.

Prima però di parlare dei vini un ringraziamento al Consorzio del Barolo, Barbaresco, Alba, langhe e Dogliani che ci ha raccolto i vini e spedito due giganteschi pancali nei nostri uffici.

Abbiamo diviso le degustazioni dei Dolcetto d’Alba  per annate (2015 e 2016) mentre per Dogliani e Diano, visto il numero non elevato di campioni, abbiamo accorpato le vendemmie.

 

Dolcetto d’Alba 2016

L’annata in commercio per molti e la degustazione con il maggior numero di campioni. Stiamo parlando di una vendemmia calda ed in effetti un  feroce critico potrebbe trovare come difetto generale quello di una lieve mancanza di freschezza.

Rispondiamo che questa mancanza (in alcuni casi vera) potrebbe essere importante se si stesse parlando di vini da invecchiamento. Per fortuna la stragrande maggioranza di questi vini è fatta in primis  per dare soddisfazioni nei due-tre  anni dalla vendemmia e la possibilità di invecchiamento è presente, ma  non come scopo di partenza bensì come reale possibilità di alcuni campioni dalle caratteristiche adatte.

Quindi i dolcetto 2016 svolgono egregiamente il compito a loro affidato: sono profumati (frutta di bosco matura) e hanno anche troppo corpo e struttura. Sono piacevoli e vengono ancora proposti a prezzi concorrenziali.

Voto medio al Dolcetto d’Alba 2016 : 8

 

Dolcetto d’Alba 2015

La dimostrazione che  di  norma un dolcetto non canta, come una cicala, una sola estate. I 2015 che abbiano degustato sono dolcetto che riescono ad unire bellissimi profumi, ancora perfettamente integri,  ad un corpo adeguato e soprattutto ad una interessante freschezza. Non so quanto potranno invecchiare ma non mi importa, perché adesso sono forse più piacevoli dei 2016. Magari tra un anno la maggiore  polpa del 2016 sarà più armonica e distesa, ma per adesso un dolcetto d’alba 2015 è il compagno perfetto di un tuttopasto.

Voto medio al Dolcetto d’Alba 2015: 8.5

 

Diano d’Alba

Quando a Diano un dolcetto è buono ha dei profumi che ti fanno impazzire! Purtroppo non sono moltissimi quelli grandi, ma da soli valgono il viaggio in zona. La loro tannicità non è mai invasiva:  al limite (nei casi meno felici) pungente e leggermente asciutta, ma i migliori sono di una  fresca rotondità.

I 2016 migliori sono addirittura esplosivi al naso e con una struttura di tutto rispetto, mentre i 2015 sono più raffinati, meno sguaiati, ma con troppa differenza  tra i migliori e gli altri (anche tra i 2016) che devono far riflettere i produttori. Già il territorio è piccolo e le bottiglie prodotte non molte, se poi uno acquista un Diano D’alba e non lo trova adeguato, chi ci rimette è l’intera denominazione .

Voto medio ai Diano d’Alba 7 (media tra 9+ dei migliori e 5- degli altri)

 

Dogliani

Siamo stati in passato degli strenui difensori del Dolcetto di Dogliani e vedemmo con preoccupazione la corsa alla concentrazione di cui abbiamo parlato prima.

Il quadro che si è presentato  dai nostri assaggi è, per fortuna, una intelligente tendenza al riequilibrio, con dolcetti sicuramente portati più di altri a maturare per 5-6 anni, ma che non rinunciano affatto alle loro primarie e  belle caratteristiche aromatiche.

Anche l’estrazione è molto meno “virulenta” e di questo se ne avvantaggiano i tannini, molto più dolci e meno invasivi che in passato.

A  Dogliani non abbiamo trovato grandi punte, ma forse la media qualitativa più alta dei nostri assaggi, con quasi il 90% dei vini che ha preso più di 2.5 stelle e  il 70% che è arrivato a 3 stelle. Di questo siamo molto felici.

Voto medio ai Dogliani 8.5

 

Altra nota di carattere generale a favore della tipologia  è che oramai sono definitivamente tramontati quegli imbevibili dolcetto in legno, dotati di tannini sanguinari e senza alcun segno delle classiche note aromatiche.

In conclusione, Se volessimo usare una parola per descrivere i nostri assaggi potrebbe essere “normalizzazione”: i dolcetto sono ritornati a svolgere il loro normale e bellissimo ruolo di vino da tutto pasto, dalle caratteristiche uniche, per di più ad un prezzo assolutamente corretto anzi, basso.

Questo ci spinge a consigliarvi di acquistare qualche buon dolcetto, magari scegliendo tra i nostri migliori assaggi, tanto c’è veramente l’imbarazzo della scelta.

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


LEGGI ANCHE