Degustazione Dolcetto: tanti piacevoli stupori!7 min read

I dati erano lì ma noi, da amanti del Dolcetto, non riuscivamo a crederci.

 

 

Produzione in numero di bottiglie

 

Dolcetto d’Alba     anno 2010  8.974.267       anno 2014  6.288.941 

Dolcetto Diano d’Alba anno 2010  1.202.133  anno 2014   831.533  

Dolcetto di Dogliani     anno 2010  5.617.333    anno 2014  2.573.471 

 

 

Questi dati presentati durante l’ultima Nebbiolo Prima ci avevano colpito come una mazzata, convincendoci ancor più che organizzare una degustazione di Dolcetto era cosa buona e giusta.

 

Ma non pensavamo che rispondessero così tanti produttori e il primo ringraziamento va a loro, poi al Consorzio Nebbiolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani che ha raccolto i vini e infine alla nostra cara amica Nicoletta Bocca che è riuscita ad “allertare” i dolcettisti di Dogliani.

 

A pensarci bene questa degustazione potremmo definirla quella dello stupore: infatti ci siamo stupiti per i dati di vendita, poi ci siamo stupiti per il numero dei campioni arrivati e poi abbiamo continuato a stupirci per la bontà dei vini, fino a porci, stupiti, la domanda da un miliardo di dollari “Perché il Dolcetto, se è così buono e costa pure poco, non si vende?”

 

In effetti in ogni denominazione e anche nelle varie annate proposte (non solo 2014, ma 2013, 2012 e anche qualcosa più indietro) abbiamo trovato qualità molto alta, praticamente sempre abbinata ad un prezzo veramente conveniente.

 

Ma veniamo a parlare dei vini dividendoli per denominazioni.

 

Dolcetto di Diano D’alba e Langhe Dolcetto.

 

Il gruppo più piccolo, anche perché siamo di fronte alla denominazione più piccola. Nell’immaginario collettivo il Dolcetto di Diano d’Alba si pone come una tipologia di dolcetto da bersi giovanissimo proprio per esaltare al meglio la sua componente aromatica. In realtà i migliori hanno tutti almeno due vendemmie addosso e la performances non certo eccezionale dei 2014 la si deve soprattutto all’annata molto difficile. Ma torniamo ai 2013 e 2012 assaggiati: il bello è stato che sembravano vini appena fatti, con aromi fruttati di una eleganza e potenza notevole. Questo naturalmente senza andare a scomodare legni che sarebbero riusciti solo a creare problemi. Tannini particolarmente dolci sono un’altra caratteristica di questi vini che rappresentano la quintessenza della piacevolezza del Dolcetto.

I Langhe Dolcetto erano talmente pochi che non ci sentiamo in grado di giudicare la tipologia.

 

 

Dolcetto D’Alba

 

Fino alla fine degli anni settanta ai torinesi che venivano a frotte a comprare dolcetto i produttori langaroli regalavano qualche bottiglia di un vino che proprio non si vendeva, il Barolo. Oggi la situazione è leggermente (eufemismo) diversa e purtroppo il dolcetto è diventato l’ultimo vino aziendale, quello che spesso viene fatto quasi controvoglia, in attesa magari di estirpare il vigneto e piantarci nebbiolo.

Questa è più o meno la situazione e comunque, anche nella veste di ultima ruota del carro, il Dolcetto d’Alba è quasi sempre molto ma molto buono e, dato che viene proposto spesso a prezzi molto bassi, forse sarebbe il caso di girare per la Langa a riempir la macchina di Dolcetto…dato che i migliori dei nostri assaggi costano in cantina da 8 a 12 euro.

Non è finita qui: anche se ci sono stili diversi (da potente e grasso, a beverino e fruttato con varie stazioni intermedie) più del 86% dei vini assaggiati a preso almeno 2,5 stelle, il che vuol dire che quasi la totalità dei dolcetto sono vini almeno piacevoli e abbastanza profumati. Più del 50% ha ottenuto almeno 3 stelle e tra questi vini ci sono sia prodotti del 2013 (ancora giovanissimi) che del 2014, annata vituperata in particolare per il dolcetto ma che è riuscita comunque a dare vini di buon livello, tanto buoni che alcuni hanno preso anche 3.5 stelle.

Torniamo un attimo agli stili: quelli potenti e corposi forse non dureranno 15 anni ma, visto il prezzo accessibile, possono essere gustati a ristorante anche tra 5-6 anni, mentre i più beverini possono stare tranquillamente in carta per almeno 3. Quindi ri-ri-risfatiamo il mito del dolcetto da bere al massimo prima della vendemmia successiva e, pur non vedendolo come vino da invecchiamento, mettiamolo alla pari almeno del Langhe Nebbiolo.

 

 

Dogliani

 

La situazione a Dogliani è all’esatto opposto della Langa: qui il Dolcetto è il primo vino e alcuni lo producono quasi fosse un Barolo, puntando così sulla potenza e la longevità  che indubbiamente può avere, ma in qualche caso perdendo di vista le peculiarità che lo rendono riconoscibile sul mercato.

Forse rispetto a qualche anno fa la tendenza alla “barolizzazione” si è fermata ma adesso Dogliani si trova in mezzo al guado e corre il rischio di non essere scelto sia se uno vuole bere un dolcetto giovane e fruttato, sia se la preferenza fosse per  un vino di medio lungo invecchiamento. I risultati dei nostri assaggi (tra qualche tempo vi proporremo anche una verticale dei vini di San Fereolo, per approfondire il discorso sulla longevità del vino) ci portano a dire che comunque un Dogliani è chiaramente un prodotto da potersi bere da subito fino a 3-4 anni senza paura di una terziarizzazione che muti le caratteristiche aromatiche,  mentre i Superiori hanno bisogno spesso di un approccio leggermente ritardato anche se oramai i monoliti di qualche anno fa non esistono quasi più.

Mentre esistono, eccome, i Dogliani profumati e rotondi, addirittura goduriosi a tavola, visto anche il notevole rapporto qualità-prezzo.

I Dogliani e i Superiori che abbiamo degustato non giustificano assolutamente il crollo delle vendite riportato all’inizio. Nella stragrande maggioranza dei casi siamo di fronte a buone o ottime espressioni (sia del 2014 che del 2013 e 2012) che puntano ad una maggiore consistenza al palato ma che hanno comunque la meravigliosa riconoscibilità del vitigno. Insomma sono ottimi vini e due 4 stelle e e cinque 3.5 stelle lo stanno a testimoniare.

 

 

In conclusione

 

Per quanto riguarda il Dolcetto d’Alba nessuno mi leva dalla testa che i primi a non crederci sono proprio i produttori di Langa, che hanno la testa troppo presa dai tannini del nebbiolo e vedono questo vino immediato quasi come un disturbo per chi è impegnato a fare vini che dovranno durare in eterno o quasi.  Alla pari dei  produttori metto però noi giornalisti, con lo sguardo sempre puntato su Barolo e Barbaresco, che quasi mai consideriamo gli altri vini della cantina se non per un veloce assaggio o per iniziare un pranzo. In tempi in cui i consumatori sono alla ricerca di vini piacevoli, concreti e dal prezzo basso credo verrebbe apprezzato molto di più un articolo sui dolcetti che su vini da 70-80 euro.

 

Per quanto riguarda Dogliani invece rimango veramente basito di come un vino di alta qualità, con punte notevoli e dal prezzo molto accessibile non riesca a trovare adeguati sbocchi di mercato. Forse la ricerca ondivaga di qualche anno fa di un vino diverso dal “semplice” dolcetto, forse il non avere altre cartucce enoiche importanti da sparare, forse l’essere alle porte della Langa ma distanti anni luce nei fatti, forse un certo “snobismo contadino”, non so….ma assaggiando i vini potresti immaginarti di tutto ma non i problemi di vendita. Credo che una promozione diversa e concorde potrebbe incominciare a fare la differenza.

 

Su Diano d’Alba cosa dire? Sono pochi e piano piano stanno diventando tutti  langaroli 100%, producendo in molti anche Barolo e/o  Barbaresco.  Quindi possiamo rifare gli stessi discorsi del Dolcetto d’Alba, con la variante del vantaggio di un territorio preciso e ben delineato e forse di un’affezione maggiore al vitigno.

 

Ma alla fine voglio smettere i panni di giornalista e darvi un consiglio da consumatore: bevete dolcetto, spenderete poco e godrete parecchio!

 

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


ARGOMENTI PRINCIPALI



LEGGI ANCHE