Degustazione Trento DOC: risultati buoni ma attenti alla “zavorra”3 min read

Iniziamo con i Trento Doc la carrellata sui metodo classico italiani: a seguire presenteremo i risultati degli spumanti siciliani (etnei e non solo), di quelli marchigiani a base Verdicchio, dei Durello per poi chiudere con la Franciacorta. In tutto oltre 600 bollicine che possono dare un quadro abbastanza ampio sullo stato dell’arte ma soprattutto alcuni buoni consigli su cosa stappare durante le feste.,

Quest’anno i Trento Doc sono arrivati a 110! Non sto parlando di voti più o meno astrusi ma semplicemente del numero dei vini in degustazione, cresciuto molto negli ultimi anni e che ci ha indotto a dividerli in ben cinque categorie: i Brut senza annata, i Rosé (millesimati e non), i  Pas dosé, gli Extra Brut e  i Brut, tutti e tre millesimati.

Ci è sembrato doveroso farlo per far comprendere come stia crescendo questa realtà, sia dal punto di vista numerico che qualitativo.

L’unica cosa che continua a farci vedere il bicchiere pieno solo a metà è la situazione dei Trento Doc senza annata, che potrebbe sembrare rosea e invece ad un esame più attento porta a delle domande. Su 110 vini degustati i senza annata sono 33, di cui 12 rosati. Un calcolo della serva ci farebbe così capire che la produzione di Trento Doc sia per il 70% di vini millesimati e solo per il 30% di vini “base”. Purtroppo non è così perché i grandi marchi e le cantine cooperative ad alta vocazione spumantistica producono molti spumanti s.a. e purtroppo il Consorzio Trento DOC non riesce a fornirci i dati dei millesimati e dei s.a. prodotti.

Ma perché ci interessa questo dato? Perché la crescita delle piccole aziende (anche quest’anno abbiamo avuto delle new entry molto interessanti) che stanno sempre più credendo in questo vino per noi è strettamente legata al “ventre molle” dei senza annata delle cantine sociali, che regolarmente si riversano sul mercato, con il nome Trento DOC, con prezzi molto bassi.

Per questo tanti piccoli produttori puntano sui millesimati, per evitare di entrare in un mondo dove la concorrenza li schiaccerebbe. Inoltre anche se puntano sui millesimati i Trento Doc a pochi euro creano sicuramente problemi a tutti e sarebbe l’ora che finissero le vendite/svendite di un vino che, anche come immagine, è molto cresciuto tra gli appassionati e tra chi si avvicina, per la prima volta, alle bollicine di buona qualità.

Speriamo che l’anno prossimo si possano avere i dati per capirci realmente qualcosa.

Veniamo ai vini e, come vedrete, i risultati sono indubbiamente positivi non solo per le punte (che ci sono in ogni categoria) ma per la media qualitativa che è veramente alta. Infatti accanto a ben 15 “Vini Top” (alcuni anche sopra i 90 punti) ci sono molti di vini veramente buoni in ogni categoria: alcuni di questi non sono entrati tra i Top solo per la nostra irremovibile “tirchieria numerica”.

Lasciando un attimo da parte i s.a., comunque di buon livello, la categoria che continua a stupirci è quella degli Extra Brut Millesimati, che anno dopo anno propone vini di assoluto valore mondiale. Un mezzo scalino sotto i Brut millesimati, forse con una qualità media più alta e diffusa ma senza i picchi dei cugini. Un po’ più indietro i pas dosé, che forse risentono di vendemmie non certo eccezionali. I Rosé, pur trovando vini di livello, non ci hanno convinto in pieno: in generale un po’ scarichi al naso, mancanti di quelle note classiche del pinot nero e forse troppo “piacioni” al palato.

Questo discorso del “piacione”, che negli ultimi anni avevamo riscontrato in generale anche nei bianchi, specie partendo da Trento Doc “verticali” come 8-10 anni fa, si è molto ridimensionato non tanto per dosaggi inferiori (anche se la tendenza a dosare poco è ben presente) quanto per un maggiore corpo, per una “sostanza” maggiore in tanti Trento Doc, che così equilibra meglio il contributo dello zucchero residuo. Addirittura diversi pas dosé sembravano dolci e questo è sintomo di uve mature e di lavorazioni ineccepibili.

Insomma, pur con “la zavorra” suddetta il mondo dei Trento Doc sta continuando a crescere e questo non può che fare piacere a chi ama le bollicine italiane.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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