Degustazione Schiave Alto Adige: un “pareggio” di buon livello2 min read

Nel calcio verrebbe considerato un pareggio, ma in realtà sarebbe come se il Crotone pareggiasse con il Real Madrid: dal punto di vista della squadra calabrese sarebbe un risultato di altissimo livello.

Nel derby enoico altoatesino dei nostri assaggi, che ad ogni vendemmia contrappone i Lago di Caldaro ai Santa Maddalena, la palma del migliore è oramai da tempo nelle mani dei secondi e quindi ci pare giusto festeggiare come una vittoria l’ottima prestazione dei Lago di Caldaro 2016, che in una vendemmia calda e quindi difficile, hanno mostrato freschezza, aromaticità finalmente espresse, eleganza al palato e anche una discreta struttura.

Di solito le annate calde (2003-2007-2012) portavano a vini piatti aromaticamente e con poco costrutto in bocca, mentre quest’anno i Lago di Caldaro degustati avevano bei profumi e fresca sapidità.

Un piccolo aneddoto per confermarlo: durante il recente “Wine Summit” abbiamo avuto un pranzo in un vigna davanti al Lago di Caldaro: piatti tipici fatti molto bene e due vini in accompagnamento, un buon Lago di Caldaro e un ottimo bianco. Alla fine del pranzo le bottiglie del bianco, pur di livello, erano rimaste praticamente intonse, mentre non si trovava un goccio del Lago di Caldaro.

Questo sia perché i piatti erano più adatti al rosso, ma credo anche perché quel 2016 era molto ma molto buono, vera espressione di come la schiava si può declinare su queste dolci colline attorno al lago.

E i Santa Maddalena costretti al “pareggio”? Li abbiamo trovati comunque buoni ma forse un po’ ingessati aromaticamente e in qualche caso senza quella freschezza ai cui eravamo abituati. Sono comunque buoni e confermano che, per la schiava, la collina di Santa Maddalena, è un luogo fortunato.

Sono meno fortunati altri vigneti di schiava sparsi per l’Alto Adige, dove si producono le schiave DOC e IGT, che quest’anno non ci hanno soddisfatto come in passato. Anche qui una certa ritrosia aromatica ed un palato forse marcato un po’ troppo dall’aiuto che il Lagrein apporta in annate più fresche.

Quindi la 2016 è stata un’annata non eccezionale per le schiave altoatesine, a cui confermiamo comunque la nostra fiducia e la nostra tavola dove, almeno una volta alla settimana, si beve con piacere una bottiglia di questo piacevolissimo e intrigante vino rosso.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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