Degustazione Lagrein dell’Alto Adige: più abbordabili e equilibrati3 min read

Dopo aver aperto ai risultati dei rossi altoatesini con la schiava, ribadendo che il Santa Maddalena è forse uno dei rossi più buoni e nello stesso tempo meno considerati d’Italia arriviamo a parlare delle uve “più” rosse, quelle che fanno parlare dei rossi dell’Alto Adige anche fuori da questa bellissima terra: Pinot Nero, uve e uvaggi bordolesi e (forse il meno “esterofilo del gruppo) Lagrein.

Partiamo proprio da quest’ultimo, che pare essere il vitigno più in voga tra i produttori altoatesini, anche perché richiestissimo dai turisti.

In realtà se andiamo a vedere l’andamento degli ettari piantati di lagrein noteremmo che ci sono state due fasi, legate da una parte probabilmente alla diminuzione drastica della schiava e dall’altra alla moda dei “vinoni” che ha colpito il mondo del vino italiano verso la fine del secolo scorso.

Lagrein

Infatti nel 1978 in Alto Adige  c’erano circa 370 ettari di lagrein, che nel 1998 erano diventati 255: il vitigno aveva perso quindi un 30% di superficie vitata, probabilmente anche perché si trovava in diversi vigneti assieme alla schiava e quindi veniva espiantato con questa.

Nel 1998 si è toccato il punto minimo e piano piano siamo arrivati al 2023 con 530 ettari di lagrein, quindi con il raddoppio, in 25 anni, della superficie vitata. Credo la spinta iniziale a questo fenomeno sia stata data dalla moda che, in quel periodo, voleva vini rossi strutturatissimi, molto tannici, con dosi di legno spesso esagerate: insomma, quelli che si identificavano allora con rossi da lungo invecchiamento. Se poi ci mettiamo anche la riscoperta e la rivalutazione di tanti vitigni autoctoni ecco spiegata la risalita costante di questo vitigno, che oggi, perse per strada certe esagerazioni sia in estratti che in dosi di legno, ha trovato la sua quadra da una parte come rosso giovane e dall’altra in vino da buon invecchiamento. Un grande passo avanti è avvenuto quando si sono potuti “domare” i suoi tannini spesso rustici, grazie anche a maturazioni fenoliche più attente. Forse il cambio climatico ci ha messo lo zampino ma viste le altezze non eccessive a cui il lagrein è piantato e quasi sempre in zone pianeggianti, sicuramente nei vigneti si raggiungevano temperature adeguate alla maturazione anche in passato.

In definitiva oggi il Lagrein è un vino molto interessante e ne abbiamo avuto la riprova nei nostri assaggi che, pur con non molti campioni a disposizione ci ha presentato vini molto più armonici e complessi anche rispetto al recente passato. Personalmente apprezzo molto i Lagrein giovani anche se quest’anno i migliori risultati sono venuti da vini del 2021 e quindi non certo di pronta beva. Due Vini Top sono sicuramente un buon risultato, che ci convince a inserire in calendario ogni anno la degustazione di questo vino rosso autoctono.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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