Molto degli ottimi risultati dei vini a base Schiava e soprattutto del Santa Maddalena sono raccolti in due cifre: 3331 e 459.
3331 erano gli ettari di schiava presenti in Alto Adige nel 1978 e 459 sono invece gli ettari di Schiava calcolati nel 2023.

In nemmeno 50 anni la Schiava è diminuita di quasi 10 volte, lasciando spazio soprattutto a uve bianche ma non solo. Oggi, per quanto riguarda questo vitigno, sono rimaste solo le vigne migliori, magari anche molto vecchie e quindi le più adatte non a produrre vinellini leggeri e dimenticabili, ma vini rossi con caratteristiche uniche e di una qualità che la stragrande maggioranza delle denominazioni italiane si sognano.
Facciamo un esempio: nei nostri assaggi dei vini italiani da quasi 20 anni non è mai esistita una denominazione che ha il 37.5% di Vini Top e solo 16.6% di prodotti con meno di 80 punti.
Questo è il “risultato monstre” dell’assaggio dei Santa Maddalena di quest’anno, mentre dobbiamo ammettere che sia tra le Schiava DOC che tra i Lago di Caldaro i risultati sono molto meno soddisfacenti, anche se i campioni degustati di queste due ultime denominazioni erano veramente pochi per poter dare un parere approfondito.

Puntiamo allora i riflettori sui Santa Maddalena 2023, annata non certo facile ma con risultati eccelsi. Il bello di questi vini non sono tanto i profumi intensi di frutto o la setosità del tannino, ma l’equilibrata pienezza e la grande gastronomicità. Per quanto riguarda le altre annate degustate si conferma la notevole possibilità di invecchiamento, anche se siamo andati indietro solo fino al 2020.
Chi ama i vini morbidi ma non semplici, con tannini giustamente presenti, con possenti profumi di frutta, che invecchiano bene, terziarizzano come i migliori Pinot Nero dell’Alto Adige e del resto d’italia ma costano un terzo, allora non deve fare altro che andare sulla nostra degustazione e segnarsi i nomi.