La dimostrazione che l’Etna merita tutte le attenzioni che gli vengono rivolte la troviamo nel nostro assaggio dei rossi etnei.
Dopo aver degustato una trentina di vini è chiaro che siamo un passo avanti rispetto solo allo scorso anno, sia per pulizia di espressione che per nettezza e profondità. Abbiamo trovato vini territoriali e con un comun denominatore ben riscontrabile. Questo è basilare per una giusta crescita. Ma non tutte le ciambelle riescono col buco e così qualcosa da dire ce l’abbiamo, ma non riguarda la parte agronomica o enologica.
Veniamo a parlare dei vini
I 2020 degustati sono veramente centrati, con bella freschezza e profumi che vanno dalla frutta matura (fico e prugna in evidenza) alla macchia mediterranea. I vini interpretano bene il territorio e mostrano tannicità mai eccessive e ben equilibrate nel corpo. Importante la godibile freschezza, quasi mai fuori quadro o eccessiva. Saranno sicuramente molto interessanti anche le selezioni che usciranno nei prossimi anni
Belle caratteristiche anche nei 2019 e 2018 degustati, con la parte olfattiva ancora in evidenza e ben poco (ma in qualche caso si…) coperta dai legni. Qui troviamo aromi sempre fruttati ma con maggior coinvolgimento delle note balsamiche e sensazioni al palato più importanti dal punto di vista tannico. Una importante caratteristica dei rossi etnei più maturi è in diversi casi il buon uso del legno, quasi mai prevaricante sul vino. Naturalmente gli esempi opposti ci sono ma in generale è molto difficile trovare rossi etnei molto “legnati”.
Lo dimostrano i tanti vini dotati di tannini dolci, quasi sempre con alcolicità importanti ma ben armonizzate al vino e per questo per niente asciutti o secchi al palato. All’opposto non si rischia nemmeno (a parte qualche caso) di trovare vini troppo rotondi e piacioni.
Quindi un quadro che invoglia a parlare e a degustare rossi etnei ma due punti, proprio nel momento in cui il Consorzio (che ringraziamo per l’aiuto nella raccolta dei campioni) mette in campo sforzi importanti, come la creazione della mappa che riporta le contrade enoiche dell’Etna, li dobbiamo sottolineare.
La prima cosa è quasi ovvia per noi e riguarda il peso eccessivo delle bottiglie. In un territorio dove il biologico è di casa usare bottiglie da 600-700 grammi è più che un controsenso, è un qualcosa che mina alla base e nei fatti la definizione di sostenibile e di biologico.
L’altra cosa, pur riconoscendo la qualità dei vini e le difficolta con cui alcuni vengono prodotti, sono i prezzi : si posizionano ai livelli di denominazioni molto più importanti e storicamente rilevanti e la nostra paura è che in futuro, nel momento in cui “L’onda Etna” subirà un logico rallentamento, possano creare problemi di commercializzazione.