Come ogni anno suddivideremo in varie “puntate” i nostri assaggi altoatesini: partiremo con i bianchi fermi per poi, tra 15-20 giorni, parlare dei vini a base schiava, mentre più avanti sarà il turno degli altri rossi, dal Cabernet al Merlot arrivando al Pinot Nero: chiuderemo con gli spumanti metodo classico, mai così tanti nei nostri assaggi, segno che anche in Alto Adige la “moda” delle bollicine sta prendendo piede.
C’è una cosa che colpisce andando a curiosare tra i numeri relativi agli ettari vitati in Alto Adige ed è il risibile aumento degli ettari totali: solo 243 in più dal 2018 su quasi 5700 totali. Nemmeno il 4.5% in più in una delle regioni più in voga, specie per i vini bianchi. Per questo più che di aumento vitato è bene parlare di “cambio vitato”.
Un po’ tutte le uve bianche sono cresciute attingendo agli espianti di schiava, che in 5 anni ha perso altri 200 ettari, ma tra le uve bianche ce n’è una che è stata “cannibalizzata dalle altre ed è il Müller Thurgau, che non solo non è cresciuto come tutte le altre ma ha perso circa 30 ettari. A parte quest’uva gli altri vitigni bianchi sono cresciuti senza spostare di molto le percentuali: quelli che hanno guadagnato di più rispetto a 5/6 anni fa sono il sauvignon e lo chardonnay con quasi un punto percentuale, le altre numericamente importanti, Gewürztraminer in testa, sono cresciuto di pochi decimali. Alla fine dei salmi in Alto Adige non si pianta molto, si ripianta e magari più in alto. e questo vuol dire che il “vitigno Alto Adige” si sta riposizionando per rispondere anche a quello che sta accadendo e accadrà in futuro: aumento delle temperature, cambi metereologici drastici, necessità di minor trattamenti e di una gestione diversa del vigneto. Dai nostri assaggi questo “riposizionamento” emerge abbastanza chiaramente, in primo luogo con la quasi scomparsa dei Müller Thurgau dagli assaggi, ma anche con alcune “variazioni qualitative” abbastanza evidenti.

Chardonnay: voto 7.5
Ma veniamo al vino bevuto, partendo dallo Chardonnay l’uva/vino che ci ha più sorpreso in positivo. In primo luogo i bianchi del 2023 si sono finalmente affrancati da quella semplicità sterile a cui eravamo abituati, proponendo vini ben fatti, profumati, dinamici. In secondo luogo siamo arrivati ad un uso più equilibrato del legno, che lascia spazio alle caratteristiche del vitigno. Non per niente uno dei migliori vini dei nostri assaggi è stato uno Chardonnay del 2023 è questa è una vera sorpresa e ci fa sperare in una crescita generalizzata del vitigno e del modo di intenderlo.
Pinot Bianco voto 7-
Dallo Chardonnay passiamo al “cugino” Pinot Bianco, uva/vino che da qualche anno aspettiamo ci sorprenda come qualche anno fa. In effetti i campioni assaggiati hanno mostrato una qualità media alta (oltre il 70% dei vin oltre gli 80 punti) ma quelle potenti e complesse gamme aromatiche e quei corpi eleganti ma precisi di qualche anno fa sono in vari casi un ricordo. Le annate sono diverse, è vero, ma crediamo che il Pinot Bianco non sia più il vitigno “al centro dell’attenzione” di qualche tempo fa. Tre vini top non sono comunque pochi ma siamo convinti che in Alto Adige, con il pinot bianco, si possa fare molto di più.

Sauvignon: voto 7
I Sauvignon giovani degustati hanno mostrato quasi tutti un leggero “vuoto” al centro, figlio sicuramente dell’annata non certo eccezionale. Accanto a questo le aromaticità sono più soffuse ma non per questo meno piacevoli. Infatti, aldilà di una certa “leggerezza” in generale non sono andati male, ma sicuramente i migliori del gruppo sono stati i 2022 e i 2021: vini più definiti, con un buon uso del legno quando entra in gioco e con sapidità che li terranno ben in pista anche per diversi anni. Oltre il 70% di vini oltre gli 80 punti e due Vino Top testimoniano comunque un risultato di buon livello.
Pinot grigio. Voto 5
Anche se il pinot grigio non ha gli ettari del vicino Trentino è sempre è il primo vitigno dell’Alto Adige e dal “primo della classe” ci aspetteremmo molto di più. Non crediamo che i produttori altoatesini cedano più di tanto alle lusinghe dei Pinot Grigio da esportazioni di massa (poi manca la massa…) e quindi non ci spieghiamo questo mostrare, da anni, semplicità e mancanza di corpo, sia tra i vini giovani che tra quelli più maturi.

Gewürztraminer: voto 8-
Qui possiamo dire a ragion veduta pochi ma buoni: in realtà non erano nemmeno pochi i campioni in assaggio ma con questo vino non si sbaglia mai, specie per quanto riguarda la gamma aromatica, veramente coinvolgente: potremmo avere qualche dubbio sul residuo zuccherino ancora importante ( ma solo in alcuni casi), sulla bevibilità di alcuni a tavola, però la degustazione dei Gewürztraminer è sempre uno dei momenti più belli degli assaggi altoatesini e questo vitigno sta perdendo sempre più le caratteristiche “eccessive” per uscire dal limbo del vino da aperitivo.
Uvaggi bianchi : voto 5
Aldilà delle diversità tra uvaggio e uvaggio (più o meno aromatico, più o meno legno, più o meno intenzioni di invecchiamento), quello che ci colpisce in questa categoria è che ben pochi centrano l’obiettivo. Pare sempre una categoria sperimentale, votata all’incertezza.
Altre uve: voto 6
Kerner, Sylvaner, Riesling, Grüner e qualche piwi fanno parte di questa categoria. I Riesling hanno dato qualche buon risultato, presentandosi con meno zuccheri residui rispetto al passato, anche prodotti di cantine che puntano alla “piaciosità”. Per quanto riguarda i Kerner ci è venuta in mente una frase di chi certo non produceva vino: “Grande è la confusione sotto il cielo, quindi la situazione è eccellente!”. I Kerner hanno ormai abbandonato da anni le vesti di enfant prodige ma ancora non riescono a darsi una precisa strada da percorrere, soprattutto dal punto di vista aromatico (si va da sentori di GW a presenze importanti di legno) che di peso e freschezza al palato. Quelli buoni ci sono ma ce ne potrebbero essere molti di più, specie in Valle Isarco. Comunque crediamo in un bel futuro per questo vitigno. Per quanto riguarda gli altri vitigni i pochi campioni non permettono di fare un punto anche minimo.
In definitiva una degustazione che non ha visto grandissime punte ma ha confermato la solidità strutturale del Vigneto Alto Adige.