Avendoli assaggiati lo stesso giorno, (prima i pinot nero e poi i lagrein naturalmente) ci è venuto spontaneo paragonare i due vitigni alla famosa favola, dove la bella è sicuramente il pinot nero, con la sua finezza ed eleganza, e la bestia è il lagrein, con la sua tannicità irruenta e scomposta.
Ma attenzione, perché non è detto che la bella sia così bella e la bestia non possa divenire un bell’uomo.
Da nostri assaggi infatti, anche se tra i pinot nero mancavano diversi bei nomi con vigneti nelle zone più vocate di Mazzon e Gleno, il pinot nero altoatesino ci è sembrato sicuramente piacevole e elegante, ma solo pochi campioni hanno presentato quella complessità che ci si attende da un vitigno del genere. A sua discolpa bisogna pure dire che diversi campioni erano di una tipologia che privilegia l’immediatezza, mentre quelli più importanti erano forse ancora troppo giovani per potersi esprimere al meglio.
Forse siamo noi che chiediamo troppo a quest’uva ed in effetti la media stelle (attorno a 3) non è affatto male, però ci sentiamo in dovere di immaginare dei pinot nero altoatesini più complessi e profondi, anche se passi avanti ce ne sono, specie nell’uso più equilibrato e meno caricaturale del legno.
Insomma, siamo abbastanza contenti dei risultati ma come non aspettarsi di più da questo vitigno, che è “La Bella” per antonomasia tra le grandi uve.
Mentre dalla “Bestia” lagrein, da cui non ci aspettavamo molto, sono invece arrivate belle sorprese. Ricordiamo che questo vitigno autoctono altoatesino è dagli stessi produttori considerato potente ma ruvido, con buone possibilità di invecchiamento ma nello stesso tempo senza che, col tempo, migliori sensibilmente la complessità e la finezza.
La prima “sorpresa” dei nostri assaggi è stata una conferma e riguarda i lagrein giovani, che si sono mostrati vini piacevolissimi con una buona struttura.
La sorpresa vera è arrivata con le selezioni e le riserve, apparse molto meno monolitiche e ingessate che in passato.
Non hanno certo una complessità olfattiva che li paragoni al pinot nero, ma la tannicità è spesso armonica, la freschezza è finalmente una parola che esiste nel vocabolario di questo vitigno e abbiamo anche constatato che nelle annate complesse (leggi 2014) oramai molti produttori hanno trovato il modo per lavorare il lagrein senza fargli spuntare tannini aggressivi o amari.
Quindi, alla fine degli assaggi, con una media stelle più o meno uguale a quella del pinot nero, crediamo che la “bestia” lagrein si stia pian piano trasformando in un essere umano, cioè in un vino con una importante componente tannica ma ben dosata e con caratteristiche particolari e piuttosto interessanti.
La strada ci sembra quella giusta.