Da Terre di Franciacorta a Curtefranca. Due vini di Villa Franciacorta per spiegare “un mistero”6 min read

Il 2008 fu un anno fondamentale per la Franciacorta ed i suoi vini, ci fu infatti una modifica sostanziale del disciplinare di produzione.

Questo cambiamento andò a riguardare sia in vini con le bollicine –ovvero la produzione  più importante del territorio- ma in maniera più netta i vini fermi.

La situazione che si presentava allora –sinteticamente- era la seguente:

Franciacorta Docg
Nel 1993 un cambio nel disciplinare di produzione aveva stabilito che potesse essere prodotto “unicamente” tramite la rifermentazione in bottiglia ed andava ad eliminare la scritta in etichetta “Metodo Classico.
Due anni dopo, nel 1995 il vino otteneva – primo spumante italiano prodotto tramite rifermentazione in bottiglia- la Docg.
Le tipologie ammesse erano: Franciacorta, F. Satèn, F. Rosé, per tutte e tre era prevista inoltre la menzione Millesimato.
I vitigni utilizzabili erano Chardonnay e/o Pinot bianco e/o Pinot nero.
Per quanto riguardava il Satèn non era ammesso il Pinot nero, che invece diventava obbligatorio (minimo 15%) nel Rosé.
(In seguito ci fu un ulteriore modifica nel disciplinare che comunque per quest’articolo non ci interessa).

Terre di Franciacorta Doc
Così si chiamavano i vini fermi, sia bianchi che rossi,  prodotti sul territorio.
Per quanto riguardava i bianchi i vitigni ammessi erano gli stessi del Franciacorta, ovvero Chardonnay e/o Pinot bianco e/o Pinot nero.
Quelli rossi invece prevedevano almeno il 25% di Cabernet (sia Franc che Sauvignon), almeno il 10% di Nebbiolo, altrettanto di Barbera ed altrettanto di Merlot, più (eventualmente) altri vitigni a bacca rossa.

La produzione totale del 2007 era stata di poco meno di 8,4 milioni di bottiglie (circa la metà rispetto ai numeri odierni) e il numero d’aziende associate al consorzio erano novantasei.

Il nuovo disciplinare, come detto, stravolgeva completamente questo status quo, soprattutto per quanto riguardava i vini fermi –ed è su questi che ci focalizzeremo- ed in particolar modo quelli rossi.

La prima modifica significativa riguardava il nome, veniva infatti sostituito il termine “Terre di Franciacorta” con “Curtefranca”, questo per evitare qualsiasi confusione con il vino con le bollicine, inoltre si andava a modificare la composizione dei vini e, nel caso di quelli bianchi a stabilire le percentuali dei vitigni che rimanevano comunque gli stessi.
Lo Chardonnay diventava il vitigno principale, con un minimo del 50% -d’altra parte quest’uva rappresenta oltre l’80% della superficie vitata del territorio- agli altri due vitigni era riservato, nel loro insieme, al massimo l’altro 50%.

Come dicevamo però lo stravolgimento riguardò i vini rossi che si videro cambiare nettamente nella loro composizione che divenne la seguente: Cabernet franc e/o Carménère per un minimo del 20%, Merlot per un minimo del 25%; Cabernet Sauvignon da un minimo del 10% ad un massimo del 35%, inoltre si potevano utilizzare altri vitigni a bacca rossa per un massimo del 15%.

Cos’era successo? Perché di questo drastico cambiamento?

Il motivo principale fu dato dal fatto che si scoprì che buona parte di quello che sin’allora veniva considerato Cabernet, nello specifico della varietà Franc, in realtà era Carménère –vitigno riconosciuto dal disciplinare di produzione proprio nel 2008- e quindi questa modifica diventava indispensabile se non si voleva incorrere in sanzioni dovute al non rispetto del disciplinare.

Ma perché questa lunga premessa quando alla fine stiamo affrontando la degustazione di due vini?

Perché i due vini, seppur della stessa annata –la 2006- hanno in etichetta una diversa denominazione: Curtefranca per quando riguarda il bianco e Terre di Franciacorta per il rosso.

L’azienda
Vila Franciacorta non è solo un’azienda, ma un borgo medioevale risalente al XV secolo che si trova nel comune di Monticelli Brusati.
Venne acquistato nel 1960 da Alessandro Bianchi.

Purtroppo Alessandro –tra i fondatori del Consorzio del Franciacorta- s’è n’è andato poco più di un mese fa, a 85 anni d’età  a causa di questo maledetto virus che tanto ha colpito la provincia di Brescia.

Le prime etichette di vini fermi risalgono al 1974 e quattro anni più tardi vedono la luce i primi spumanti ed è appunto in quegli anni  che l’azienda abbandona la policoltura e si dedica unicamente alla produzione di vino.

Attualmente l’azienda dispone di 37 ettari a vigneto dai quali si ricavano annualmente circa 300mila bottiglie.

I vini

Diciamo subito che all’apertura entrambi i tappi non si presentavano molto bene (le bottiglie sono sempre state conservate coricate), quello del vino bianco, appena tagliata la capsula presentava una chiazza di muffa scura, brutto presagio, mentre il sughero del vino rosso era bagnato sino a metà della sua lunghezza.

In realtà però i vini non presentavano alcun problema, se non una nota evolutiva, soprattutto in quello rosso.

Curtefranca Bianco Doc “Pian della Villa”

Le uve, Chardonnay in purezza, provengono da un vigneto pianeggiante posto di fronte all’azienda, ai piedi della collina Gradoni, della quale condivide la tipologia di suoli, un cru aziendale di nome Pian della Villa.
I sistemi d’allevamento utilizzati sono il Guyot ed il Silvoz modificato, con densità d’impianto di 4.500 ceppi/ettaro, con resa di 80/95 q.li /ha.
La vendemmia è leggermente tardiva in modo d’avere la piena maturità del frutto; la fermentazione si svolge in acciaio -dopo criomacerazione delle uve- dove il vino rimane sino a primavera, viene quindi posto in barriques dove rimane sino all’autunno, dopo l’imbottigliamento soste per almeno dodici mesi in bottiglia.

Molto bello il colore, oro luminoso, limpido, ricorda l’olio.
Intenso all’olfatto dove si coglie immediatamente una nota tostata che rimanda al caffè ed alle fave tostate, segno che, nonostante siano passati diciotto anni, il legno non è ancora stato completamente assorbito, perlomeno al naso, emergono poi fiori di tiglio e d’acacia, note di miele e sentori di frutta tropicale e di mela matura.
Morbido al palato, dove percepiamo sentori di nocciole tostate e di vaniglia, pesca gialla ed albicocca matura, buone sia la vena acida (leggermente agrumata) che la nota sapida che donano freschezza al vino, lunga infine la sua persistenza.

Terre di Franciacorta Rosso Doc “Gradoni”

Le uve per la produzione di questo vino – frutto di un’accurata selezione- provengono dal vigneto Gradoni,  un vero e proprio cru aziendale situato sulla collina alle spalle dell’azienda.
Il sistema d’allevamento è il Guyot con densità di 4.000 ceppi/ettaro e resa di 60-80 q.li/ha.
Si tratta di un classico taglio bordolese con 30% di Cabernet franc e parti uguali di Cabernet sauvignon e Merlot.
La fermentazione si svolge in acciaio mentre l’affinamento, per dodici mesi, in barriques, seguito da ulteriori diciotto mesi di sosta in bottiglia.

Color granato profondo, l’unghia presenta riflessi aranciati.
Chiuso all’inizio, anche dopo averlo scaraffato, austero, presenta note di goudron e sottobosco, radici e liquirizia, unitamente a sentori balsamici, mentolati e leggermente speziati.
I tannini sono netti, il vino è asciutto ed ancora fresco, con una vena acida ancora ben presente, tornano i sentori di radici, chiude con buona persistenza su ricordi di bastoncino di liquirizia.

Lorenzo Colombo

Lorenzo Colombo è degustatore ufficiale ONAV e creatore del Blog Io e il Vino.


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