Come bere Borgogna tutti i giorni e vivere felici (seconda parte)4 min read

Bourgogne Pinot noir e Bourgogne Chardonnay per tutti!

Prendendo quanto scritto nella prima puntata di questa piccola “saga” sarebbe però errato concludere che si tratti in fondo solo di una confusa accozzaglia di nomi creati per accontentare il maggior numero possibile di produttori, soprattutto di quelli meno fortunati che non hanno possedimenti nelle  zone più vocate. Per questi poter approfittare, sia pur solo di riflesso, del ricercatissimo “Burgundy Sound” assumerebbe una certa importanza commerciale.

Si tratterebbe di un’impressione sbagliata, perché a produrre vini in queste appellations sono anche i produttori di maggior prestigio, che hanno al contrario la disponibilità di preziosi lotti di vigna nei migliori climats della Borgogna. E di fatti producono eccellenti Pinot noir e Chardonnay “regionali”.

Per limitarmi ad alcuni dei migliori pinot  importati : il Roncevie del Domaine Arlaud, prodotto  dalle uve del  lieu-dit omonimo, in parte declassato negli anni ’60, in pratica un Gevrey-Chambertin village,  delizioso nella sua fresca croccantezza; il Bourgogne Pinot noir del Domaine Hudelot-Noëllat, un pinot succoso e vibrante, proveniente da alcune parcelle situate nel comune di Chambolle-Musigny. Molto apprezzabili, per la loro schiettezza, anche i pinot del Domaine Chicotot , la cuvée Gravel del Domaine Maréchal, entrambi un’ottima introduzione alle cuvées più importanti.

Per quanto riguarda i bianchi, a parte i ricercatissimi Bourgogne di Coche-Dury o Roulot, che costano ormai come un  Meursault Premier Cru, sono molti i produttori, specie nella Côte de Beaune, a produrre ottimi Bourgogne Chardonnay. Solo per citarne alcuni dei migliori, senza pretesa di completezza, quelli dei  Domaines  Michel Bouzereau  e Remi Jobard a Meursault , Etienne Sauzet e François Carillon  a Puligny-Montrachet sono  degli chardonnay “haute-couture”.

Alcuni assaggi

Bourgogne Pinot Noir Vieilles Vignes 2018  Domaine Joseph Voillot

Un Bourgogne fresco e sapido dal caratteristico moelleux dei pinot della Côte de Beaune, morbido e molto gourmand. Pierre Chariot, il genero di Voillot, ora responsabile del Domaine , lo produce  dalle uve di due   parcelle  di 50-70 anni a Longbois , sulla boscosa  Montagne di Beaune,  e ne Les Grandes Terres a Remigny. Un’ottima introduzione ai suoi Volnay e ai suoi Pommard.

Bourgogne blanc 2017 Domaine Leflaive

Lo chardonnay  del Domaine Leflaive è quasi un Puligny-Montrachet village ,  perché elaborato dalle uve di due parcelle di quel comune, Les Houlières e Les Parties: ha colore dorato, fiori bianchi e note di thé all’olfatto, ampio e grasso sul palato, attraversato da una elegante venatura minerale.

Gioielli nati da avversità

Prima di passare alle altre denominazioni  citate nella prima puntata, voglio accennare a due Bourgogne Pinot noir che mi hanno particolarmente colpito nel corso degli anni, a riprova che nulla è scontato anche nella più umile appellation régionale.

Bourgogne Pinot noir Domaine Leroy 2004. Il primo è un vero fuoriclasse prodotto dal Domaine Leroy, in un’annata alquanto scorbutica per i vini di Borgogna, la 2004. Un’annata, come ricorda Jacky Rigaux, che sarebbe stata molto buona   senza i disastrosi temporali e le grandinate di un agosto insolitamente freddo e umido, che diede la stura a tutti i possibili malanni della vigna: oidio, peronospora, pourriture grise. Fortunatamente un settembre “estivo” avrebbe poi permesso ai vignerons di salvare in parte la vendemmia. Proprio quell’anno, però, a causa della morte del marito, Marcel Bize, per quanto avesse  tutti gli strumenti per produrre ugualmente dei grandi vini nelle rispettive denominazioni,  in un momento per lei particolarmente difficile,  M.me Leroy preferì declassare le uve di diverse vigne – e non di  scarso lignaggio-  dei suoi Domaines della Côte d’Or, riversandole nel suo Bourgogne Pinot noir:  Les  Vignot, un  Pommard village,  Les Narbantons, Premier Cru di Savigny-lès Beaune,  Santenots, Premier Cru di Volnay, e addirittura tre grand cru, Corton Renardes, Clos de la Roche e Clos de Vougeot. Il risultato di tutto questo ben di Dio? Naturalmente straordinario, irraggiungibile da un vino di un’appellation regionale: al naso un tripudio di frutti di bosco, viole, spezie fini e  sottobosco, in bocca un pinot di grande classe, dai tannini  finemente articolati, di notevole lunghezza ed eleganza.

Bourgogne Pinot noir Gelée Royale Domaine Chandon de Brialles 2016. Il secondo è   un eccellente Bourgogne Pinot noir nato anch’esso da  circostanze molto  sfavorevoli. Prodotto  una sola volta nel 2016 dal Domaine Chandon de Brialles, a dimostrazione che i bravi vignerons possono trarre spunto anche da eventi disastrosi, come le gelate di quell’anno, per creare cuvées affascinanti. Le vigne di Savigny-lès-Beaune e di Pernand-Vergelesses  furono investite in pieno dal gelo e i proprietari decisero di creare, declassandola, una sola cuvée con le uve delle  parcelle dei  loro Premiers Crus (Les Fourneaux e Les Lavières, a Savigny, Les Vergelesses e Île de Vergelesses, a Pernand) denominandola spiritosamente “Gelée Royale”:  un pinot intenso e succoso, aromaticamente complesso  e concentrato, estremamente seduttivo. Ahimé anche estremamente caro: 50 euro la bottiglia alla proprietà.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


LEGGI ANCHE