Colli Berici e Colli Euganei: ovvero dal Tai Rosso alla voglia di Francia5 min read

L’ultima volta che sono tornata da Londra, dopo alcuni giorni di british bon ton, le consuete chiacchiere all’italiana alla fermata dell’autobus mi sono sembrate un trambusto.

Da brava toscana, il Veneto mi fa lo stesso effetto, ma al contrario. Passato il confine emiliano, il paesaggio diventa più rigoroso. Questo, unito alla caparbia capacità imprenditoriale del Nord Est, ti regala subito una pennellata sui caratteri locali.

Nell’ambito del tour ‘Verdi i Colli, Rossi i Calici’ ho avuto modo di indagare la linea ‘rigorosa’ delle denominazioni Colli Berici Doc e Colli Euganei Docg, passando dalla bellezza delle ville prepalladiane, alla succulenza della cucina veneta, e infine naturalmente a cercare di capire cosa si condensa nei vini.

Colli Berici e Tai Rosso

Per i Colli Berici il fil rouge è stato il Tai Rosso,  spesso bevuto giovane (la riserva è stata istituita nel 2009), fresco, poco tannico, con i profumi gioviali di frutti rossi come il lampone, talvolta venduto sfuso per non abbandonare del tutto la tradizione locale.

A Piovene Porto Godi, dove si documenta produzione vinicola già nel ‘500, Alessandra Piovene ha rispolverato nel nostro immaginario l’importanza di raccontare la tradizione, che spesso nell’epoca del “tutto global“ non viene capita o fraintesa «A un gruppo di americani venuto per degustare i nostri vini (vicino c’è la base militare) ho offerto del panbiscotto (un lievitato a forma di piccoli cornetti dalla croccantezza sconsigliata ai denti poco tenaci ndr). Quando ho spiegato la tipicità del panbiscotto si sono sentiti sollevati: credevano gli avessi offerto pane raffermo e non sapevano come smorzare l’imbarazzo».

Dopo la tenacia del panbiscotto ci siamo immersi nella morbidezza dei profumi del Tai: immediato il 2018, tra un rosso tenue e sapori sottili, perfetto servito a una temperatura da bollicina per accompagnare un baccalà alla vicentina. Dietro nostra insistenza Alessandra ci ha concesso qualche annata a ritroso, rimanendo sbigottita di fronte al nostro apprezzamento nei confronti dell’evoluzione del vitigno.

Nel 2015, oltre a un rosso porpora dalla trama più fitta, la frutta rossa al naso diventa sotto spirito, e nel tannino si riconosce l’ombra del Cannonau, (cugino del Tai da parte di mamma grenache) chiudendo con un’inaspettata sapidità.

Diverso il tocco di Cavazza, nel cui 2016 (Corallo) i profumi sono quelli della frutta nera: più strutturato, pur inamovibile sulla freschezza segno identitario di vitigno e Colli Berici. Se la poca persistenza lascerebbe la voglia di trattenerlo in bocca qualche istante ancora, dopo pochi minuti nel bicchiere si propone suadente con un tocco di balsamicità, erbe aromatiche e fiori gialli secchi.

Ulteriore testimone delle sfaccettature del Tai, il Pegoraro 2018: rosso porpora dalla trama sottile, frutta rossa sotto spirito, fresco ed equilibrato.

Ma i colli Berici non sono solo Tai: Inama ci ha presentato il suo progetto legato al Carmenere, un vitigno nato dall’incrocio di Gros Cabernet (scomparso con l’arrivo della fillossera) e Carbernet Franc.

Stefano Inama negli anni ’90 decide di introdurre un rosso in ‘scuderia’: incontra il Carmenere scambiandolo per Cabernet Franc, ne rimane ammaliato e lo impianta. Nel 2009 nasce Oratorio San Lorenzo, 100% Carmenere, un vino dalla fitta trama colorata e un naturale profumo di spezie. Il risultato è un vino profumato, il cui tannino domato dalla barrique, dona personalità. Ne abbiamo degustato il 2015: tannico, poco profondo, caldo, degno ‘compare’ della Soppressa Dop dei Colli Berici.

Prima di scollinare dai vicini Colli Euganei, impossibile non citare la cucina della trattoria Zamboni di Lapio, che ti accoglie con l’enorme spiedo che fa capolino dalla cucina. Noi invece ci siamo buttati su una costata di Sorana: tenera, succulenta, che da toscana oserei definire più delicata rispetto alla Fiorentina. Per il tartufo bianco su polentina con fonduta di formaggio invece, nessun confronto: profumata e carezzevole.

Colli Euganei, taglio bordolese e Francia sound

Nei Colli Euganei invece rosso fa rima con taglio bordolese e stile bordolese: frequente l’uso di barriques di primo passaggio in percentuali variabili. Il risultato? Merlot, Cabernet Franc e Sauvignon la fanno da padroni e, ci hanno spiegato, essendo vitigni dal Dna francese, il legno che ne dovrebbe accentuare le origini è la scelta stilistica prediletta.

Perchè dovrebbe accentuare? Perchè nei Colli Euganei i terreni sapientemente mappati sono di origine vulcanica, ma gli echi dei legni (bordolesi o meno) nella maggior parte dei casi ‘tarpa le ali’ alla loro territorialità. Durante la cena con i produttori alla trattoria ‘Al Sasso’ abbiamo toccato le sfaccettature dei diversi blend, in un percorso culinario veneto al 100%: apertura con masenete (piccoli granchi ‘completi’ di esoscheletro: attenzione alla croccantezza della bestiola) e i filetti di acciughe fritti con polenta accompagnati dalla freschezza di Opera Prima, il Metodo Classico targato Reassi a base di Pinella, sapido e con una bollicina perfetta a sopperire le consistenze dei differenti seafood.

Standing ovation per la coscia d’oca: tenera e succulenta all’interno, croccante all’esterno. Il vino? Il 100% Cabernet Sauvignon Jenio 2013 de Il Pianzio: 12 mesi solo, e sottolineo solo, di affinamento in cemento. Ciliegia sotto spirito, speziatura, rosa essiccata, caldo e abbastanza sapido, un vino equilibrato elegante e soprattutto identitario.

E per una volta dulcis in fundo non è metaforico bensì cronistoria della cena: crostata di pere con ristretto di Moscato, fragrante frolla e frutta cremosa, amplificata dal Passito Colli Euganei Fior d’Arancio Alpianae 2015 di Vignalta. Immediata l’intensità del Moscato Giallo, richiami alla frutta esotica e a pasta bianca matura, poi miele, salvia, e un finale secco.

La naturale imprenditorialità veneta qui si condensa nell’Enoteca Strada del vino Colli Euganei all’interno di Villa dei Vescovi (invidiabile il come viene mantenuta in perfette condizioni la struttura e i percorsi didattici scolastici quotidiani al suo interno), dov’è possibile fare un percorso tra vitigni rossi e bianchi rafforzando la conoscenza del territorio.

E mentre abbandono il ‘bon ton’ veneto scendendo verso i colli del fu Granducato, ripenso allo spot di una nota automobile, il cui slogan recita “be confident” con un piccolo ariete come mascotte. Mi immagino i dolci pendii di questa zona del Nord Est sponsorizzati da due piccoli arieti: uno che spinge i berici ad azzardare verticali alla scoperta dei Tai rosso; il suo gemello che invece testa le corna su qualche barrique appena uscita dal mastro bottaio o arrivata dalla Francia.

Barbara Amoroso Donatti

Appassionatissima di vino e soprattutto “liquidi con qualche grado in più”. Punto di riferimento del giornale per tutto quanto riguarda il mondo dei superalcolici.


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