Clos des Lambrays, ovvero il risveglio della Bella Addormentata7 min read

Guglielmo Bellelli, grande esperto di Borgogna, ci porta alla scoperta di un domaine storico. Un racconto che ha bisogno di spazio per essere narrato: quindi oggi troverete la prima parte e lunedì prossimo la seconda e conclusiva.

 

Assaggio questo 2010 e penso che sia anche migliore del pur magnifico 2009: probabilmente il miglior Clos des Lambrays da me  bevuto fino ad oggi. Un vino di grande eleganza, con una notevole complessità aromatica, che amalgama note di piccoli frutti , di terra e di selvatico , ricco di evocazioni speziate finissime. Sul palato ha splendido equilibrio, tocco vellutato, lunghissima persistenza.

E pensare che si è trattato di un’annata tutt’altro che priva di difficoltà, con gli ultimi freddi che hanno sconvolto la floraison e ridotto enormemente le rese  (meno di 25 hl./ha). Uno dei tanti “miracoli” borgognoni di annate che sembravano perse e poi riacciuffate per la cuffia.

Ho appena appreso che l’artefice di questo splendido vino, Thierry Brouin, carismatico régisseur del Domaine des Lambrays dal 1980, sta per andare  in pensione ed è stato scelto come suo sostituto Boris Champy, uno champenois proveniente dal Domaine Louis Latour, dopo aver cominciato con Christian Mouëix a Dominus, nella Napa Valley. Brouin lo affiancherà per il primo anno per accompagnare la transizione, ma la strada è già tracciata. Lo ha ribadito anche la nuova proprietà del Domaine, il gruppo LVMH (Louis Vuitton Moët Hennessy) e Albert Frère (Cheval Blanc, Yquem,Dom Perignon, Krug e molto altro ancora), che lo ha acquistato nell’ aprile 2014 per 101 milioni di euro, una cifra degna di un grande Château bordolese.

E’ indubbio che pochi altri  Domaines borgognoni possano vantare,   nell’ultimo ventennio, progressi  qualitativi paragonabili a quelli compiuti dal Domaine des Lambrays, proprietario di 8,66 ettari dei complessivi 8 ha., 83 a. 94 ca.del Clos (430 metri quadrati-sic!- appartengono al Domaine Taupenot-Merme, 200 bottiglie l’anno!).  Il Clos des Lambrays è uno dei gioielli di Morey-St. Denis, forse il villaggio meno conosciuto tra quelli delle grandi appellations  della Côte-de-Nuits,  dove però sono ben 4  Clos grands crus , oltre a una piccola porzione del grand cru Bonnes-Mares.  E’ tra i più antichi della Borgogna , dal momento che la prima menzione di esso (Cloux des  Lambrey) risale al 1365.

Già con una grande reputazione nell’800 (Première cuvée per Lavalle, 1855),  ha conosciuto, a partire dalla fine degli anni ’30, un periodo lungo 40 anni di progressiva e ininterrotta decadenza, tanto da essere ridenominato dai detrattori il Clos Délabré (il clos dilapidato). Poi la svolta  che tutto lascia pensare  definitiva.

La tormentata storia del Clos des Lambrays

Il Clos des Lambrays non ha avuto la stessa fortuna del vicino Clos de Tart: mai smembrato e con solo tre proprietari dal Medioevo a oggi. Proprietà indivisa dei monaci cistercensi fino alla Rivoluzione francese del 1789, come tutti i possedimenti  ecclesiastici,  fu infatti nazionalizzato e suddiviso tra diverse decine di  proprietari. Nei registri catastali del 1791 risulta infatti frammentato in 82 parcelle, distribuite tra ben 55 proprietari diversi.

Dopo la dispersione, contrariamente a quanto accaduto ad altri grandi cru borgognoni spezzettati nel periodo della Rivoluzione, iniziò un lento e paziente lavoro di ricomposizione dell’antico Clos, nel quale spicca il nome di Louis Joly, un négociant di Nuits-St. Georges, innamorato dei suoi vini.  Joly riuscì a raccogliere 75 parcelle riportate nel catasto del 1828, dotandole   anche di  un  parco  e un bellissimo giardino con un cedro del Libano oggi pluricentenario. Quasi un secolo dopo la sua frammentazione, il Clos era di nuovo   quasi integralmente ricomposto, con più di 8 ha. (e 15 a. e 81 ca. ) nel 1868.   Negli anni ’30 , quando fu istituita l’AOC , il Domaine era proprietà della famiglia Rodier, della Maison Henry de Bahèzre di Nuits-Saint Georges, che l’aveva acquisito nel 1866, riportandolo in breve all’altezza della sua fama. Camille Rodier fu uno dei co-fondatori  della celebre Confrérie des Chevaliers du Tastevin, che tanti meriti ha avuto nella promozione della cultura eno-gastronomica  borgognona, oltre che autore di testi fondamentali sui vini della Borgogna.

Quella del 1937 fu una delle vendemmie più celebri del Clos des Lambrays, che segnò il culmine della sua (prima) età dell’oro.  Appena l’anno dopo, però, il Domaine cadeva nelle mani della moglie di un banchiere parigino, di cui Albert Rodier si era invaghito, Renée Cosson, una donna capricciosa e ostinata che portò la proprietà alla rovina.  Ne seguì un lungo periodo di decadenza, protrattosi per 40 anni,fino al nuovo cambio di proprietà, avvenuto nel 1979.

Furono Fabien e Louis Saier, due alsaziani rimpatriati dall’Algeria , dove gestivano un’ enorme quantità di vigne,  e il   loro socio , Roland Pelletier de Chambure, un allevatore di cavalli di razza borgognone, a riportare di nuovo in alto le sorti del Clos, che era precipitato davvero in basso: le vigne devastate, senza che i ceppi morti venissero mai sostituiti, le uve delle vendemmie del 1973 e 1974 neppure imbottigliate e destinate alla distillazione per la produzione di brandy. I Saier  ripiantarono circa 2 ettari e mezzo di vigna, sostituendo i ceppi mancanti e  restaurarono i muri di cinta del Clos, oltre al parco e alla casa. Ricorda Brouin che per dieci anni, dopo il suo arrivo a Morey-St. Denis, il Domaine fu costretto a vinificare le sue uve a Mercurey, nella Côte-Chalonnaise, perché non esisteva un luogo idoneo sul posto. Trascorso neppure un ventennio,  il crollo finanziario della società dei fratelli Saier li costrinse a vendere la proprietà: nel 1996, a Günther e Ruth Freund, che avrebbero completato l’opera di ricostruzione avviata  dai precedenti proprietari, per  una cifra di poco meno di 7 milioni di euro attuali. I Mommessin, proprietari del vicino Clos de Tart , avevano offerto la metà, ritenendo la somma eccessiva. Prima della vendita, però, i Saier erano riusciti a  conseguire due importanti risultati, che impedirono il suo ritorno all’indietro.

Il primo fu il riconoscimento, ottenuto,  con il decreto del 27 aprile 1981, del passaggio del Clos allo status di Grand cru, dopo aver avviato l’iter necessario  subito dopo la sua acquisizione, rimediando così alla trascuratezza dei Rodin e dei Cosson, che vi avevano rinunciato per non accollarsi le tasse necessarie. A tempo di record, grazie anche al sostegno di Gabriel Tortochot e Guy Faiveley, che perorarono la sua causa all’INAO.

Il secondo, l’aver ingaggiato Brouin, un régisseur di grande esperienza, che assicurò  la necessaria  continuità nel passaggio dalla proprietà Saier a quella dei Freund.  Un diploma in enologia e studi di scienze della vigna all’università di Digione, una breve esperienza all’INAO e la partecipazione al progetto Crémant de Bourgogne il suo curriculum prima del suo arrivo. Furono la sua tenacia e il suo grande attaccamento alla proprietà , insieme con la fedeltà dei clienti da lui faticosamente riconquistata  a evitare una nuova caduta del Clos des Lambrays,  dopo averlo lentamente riportato alla grandezza che gli spettava. Appena due anni dopo il suo arrivo, avvenuto nel 1980, l’eccezionale vendemmia del 1982 testimoniava la lenta, ma inarrestabile risalita del Clos. La vendita al LIVMH dopo la morte di Freund, nel 2010, è quasi dei nostri giorni.  La  moglie, Ruth, ormai ottantenne, visto anche il non interesse del figlio a subentrarle nella conduzione del Domaine, non aveva alternativa alla vendita. L’acquisto da parte di LVMH, nell’aprile 2014,  ha in pratica salvato il Clos da un nuovo, possibile, smembramento e rappresenta senz’altro l’esito migliore possibile. Eravamo là proprio in quel periodo, per i Grands Jours de Bourgogne del marzo 2014. A riceverci , con rara cortesia, era ancora Brouhin.

Il nome

L’origine del nome del Clos des Lambrays non è conosciuta in modo certo, anche se sembra che, nel XIII sec. vi fosse una famiglia Lambrays, che forse l’aveva posseduto prima dei monaci. Il nome del lieu-dit Larrey ( o Larrets?), che comprende  le parcelle situate nella sua parte intermedia, quella con la maggiore  pendenza sul  coteau ne è forse una  corruzione? In effetti il nome sembra fosse riferito all’intera proprietà piuttosto che a una sua porzione. Su una mappa del 1879 appare per la prima volta il nome “Pièce des Lambrays”. Alla fine del secolo XIX il nome Lambrays  comincia ad apparire in etichetta, ma è solo dal 1938 che il nome Clos des Lambrays viene riportato in modo continuativo su di essa.

Continua…

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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