Qualche mattina fa, nel primo giorno d’autunno astronomico con temperature ancora estive, di fronte al mare che “urlava e biancheggiava”, sono tornata con la mente a Bolgheri e ad una festa dove l’odor dei vini l’anime ha assai rallegrato, tanto per citare Carducci.
Era una calda giornata di inizio giugno e a Campo alla Sughera si festeggiavano i 20 anni di attività di questa azienda nata nel 1998, con 11,5 ettari di vigneto con un terreno prevalentemente sabbioso e ampliata nel 2003 con altri 5 ettari nella parte a mare della via Bolgherese, con terreno argillo-limoso.
Di proprietà della famiglia Knauf, che non distante da Bolgheri possiede una fabbrica di produzione di cartongesso, Campo alla Sughera nasce dal suo amore per la Toscana..
Inizialmente hanno pianificato, investito e costruito: i risultati sono puntualmente arrivati e dal 2004 sono stati costanti. E’ così che Campo Sughera, che nel frattempo ha rinnovato nome e logo, vuole andare avanti. Per Isabel e Frederick Knauf la forza e la virtù della cultura italiana e tedesca, unite armoniosamente nella gioia di vivere, sono la forza di questa azienda.
Ma torniamo al ricordo di quella bella giornata di festa: il responsabile di cantina, Francesco Gagliardi, ci accoglie facendoci visitare la cantina: moderna, super tecnologica, ordinata e pulita come raramente mi è capitato di trovare, e ci spiega alcune caratteristiche tecniche dei macchinari raccontandoci alcune curiosità, come la pigiadiraspatrice che è possibile tarare sulla grandezza dell’acino.
In vendemmia una prima selezione viene fatta in vigna, la seconda sul tavolo di cernita e la terza dalla pigiadiraspatrice stessa.
Riguardo ai vini: il vino top della cantina, un Bolgheri Superiore di taglio bordolese a base di Cabernet Sauvignon (40%), Cabernet Franc (20%), Merlot (20%) e Petit Verdot (20%) si chiama Arnione come il blocco centrale ovoidale dell’alabastro grezzo. Un vino fine ed elegante con un naso complesso che parte dai frutti rossi ed arriva ad un insieme di note speziate e dove il legno, malgrado il passaggio in barriques nuove, non è per niente invasivo.
Il secondo vino, uvaggio di Cabernet Sauvignon (60%) e Merlot (40%) è altrettanto fine ed elegante ma molto più morbido mancando la ruvidezza del Cabernet Franc e avendo una percentuale maggiore di Merlot.
Si chiama Adèo, perché si è pensato di proseguire con la lettera A, di buon auspicio, e Adèo è il nome di uno scrittore greco che parlava di scultura e amava il vino.
Per l’IGT Rosso, a base di Petit Verdot (70%) e Cabernet Franc (30%), un vino semplice ma comunque con tannini setosi, avvolgenti e note fruttate e speziate, si è deciso di fare un’eccezione alla A iniziale e dargli il nome dell’azienda, semplicemente.
E’ stata poi la volta di Achenio, un bianco doc uvaggio di Vermentino (40%), Sauvignon Blanc (20%) e Chardonnay (20%), con note speziate, fruttate e agrumate e buona acidità che deve il suo nome al termine che si usa per indicare un frutto secco con parete coriacea, come quello della quercia da sughero.
Per l’IGT Bianco, un Sauvignon in purezza, con sentori di erba fresca e frutti estivi, di melone e pesca, è stato scelto il nome Arioso, a ricordare il maestrale che arriva dal mare.
Un trio che suonava musica jazz ha accompagnato i momenti di festa mentre venivano serviti tutti vini della gamma aziendale anche di diverse annate mentre Frederick Knauf presentava la famiglia, i collaboratori e Anima di Arnione, un vino creato per l’occasione in edizione limitata (solo 1500 magnum numerate di Arnione 2016).
E stasera mentre degusto un calice di Adèo, con l’autunno meteorologico che, insieme ad un po’ di nebbia, “piovigginando sale”, spero di rivedere presto i cipressi che “alti e schietti se ne vanno da San Guido in duplice filar”, perché significa che sono arrivata a Bolgheri, dove è sempre un’emozione tornare.