Burton Anderson: a proposito di UGA in Chianti Classico vi dico che negli anni ’80…3 min read

Riceviamo e abbiamo l’onore di pubblicare un contributo di Burton Anderson, il giornalista che per primo ha fatto conoscere il vino italiano all’estero, sulle UGA in Chianti Classico.

Sono rimasto affascinato nel leggere su Winesurf che il Consorzio del Chianti Classico ha approvato un programma per avviare l’UGA in una ripartizione per comuni (ed eventualmente settori di comuni).

Non credo molti si ricordino che alla fine degli anni ’80 feci uno studio per il Consorzio che identificava il Chianti Classico per comuni, uno studio che fu rapidamente messo a tacere in ossequio alle grandi cantine e cooperative che allora non avevano interesse a identificare i vini su base comunale o locale.

Burton Anderson

Non ne ho più sentito parlare finché non ho notato un articolo di Michaela Morris su Decanter riguardo alla proposta di Chianti Classico UGA, dove il mio studio era stato citato come segue:

“Nevertheless, the seed of a subdivision was planted decades ago. In a series of seminars in the late 1980s, journalist Burton Anderson described Chianti Classico’s wines by their commune. ‘It was so controversial,’ recalled Roberto Stucchi at Badia a Coltibuono, who was one of the early advocates. ‘The big powers back then didn’t want to talk about this.”

Cito questo non per rivendicare il merito di qualcosa, ma per qualificare i miei commenti su quelli che capisco essere i punti principali della proposta dell’UGA.

Non capisco il ragionamento dietro l’inizio del percorso con la Gran Selezione, che rappresenta il 5-6% della produzione. Mi sembrerebbe logico iniziare dalla base con il Chianti Classico e la Riserva ed eventualmente, se necessario, introdurre una categoria superiore, anche se francamente non vedo il senso di una categoria superiore.

Come ho scritto spesso, il Chianti Classico ha un problema di identità che risale ai tempi in cui il fiasco fu sostituito da bottiglie standard. La DOCG ha aiutato a raddrizzare lo status ufficiale del vino, ma il problema dell’identità è rimasto, esacerbato dal fatto che così tanti produttori di Chianti Classico negli anni hanno lasciato che i loro vini fossero oscurati e sopravvalutati dai Super Tuscans o Toscana IGT o altro. In molti casi si tratta di vini che si qualificherebbero pienamente come Chianti Classico ma che diminuirebbero di valore se etichettati come tali. Esempi: Le Pergole Torte, Percarlo, Cepparello.

Gran Selezione è un termine pretenzioso per una categoria che non ha alcuna tradizione di cui sono a conoscenza, a meno che non si voglia risalire al Super Tuscan, un termine altrettanto nebuloso che almeno ha qualche base di fatto.

Mi sembra che l’approccio logico sarebbe quello di costruire l’UGA dalle fondamenta. Iniziare con l’identità comunale e le sottozone, come Monti o Vagliagli. Con il tempo, sono concepibili identità più intricate, come quelle dell’MGA per Barolo che identifica specifiche  zone di vigneti. Naturalmente, le strutture dei vigneti del Barolo e del Chianti Classico sono molto diverse. Eppure, con il tempo è concepibile che certe aree di vigneto o anche singoli vigneti del Chianti Classico possano qualificarsi come MGA o cru o altro.

Io eviterei qualsiasi nozione di “Super Chianti Classico” e salterei gli stratagemmi commerciali come la Gran Selezione, concentrandomi invece sul Chianti Classico che esprime l’unicità dei vigneti dove il Sangiovese eccelle. E sembrerebbe opportuno citare i nomi di quei terroir o cru sulle etichette. Ve lo immaginate un Barolo Gran Selezione?

La cosa più lodevole è la proposta di aumentare l’uso minimo di Sangiovese al 90% e di eliminare le varietà internazionali. Questo mi sembra un passo essenziale per risolvere il continuo problema di identità del Chianti Classico

Burton Anderson
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