Brunello 2014 e Rosso 2017: quando non si può lasciar fare alla natura6 min read

Montalcino come ogni anno chiude la litania delle Anteprime Toscane. Mi aggiro tra volti di assaggiatori provati da una settimana di continui assaggi, ma anche dai continui trasferimenti e da cene di benvenuto cui si devono sottoporre ogni sera (per la serie “è uno sporco lavoro…”).

Il gran finale è la montagna più alta da scalare: a Montalcino ci aspetta probabilmente la degustazione più difficile dell’anno: più di un centinaio di Brunello, circa lo stesso numero di Rosso di Montalcino, con contorno di selezioni, Riserva e Moscadello per chi vuole (praticamente nessuno) fare tutto. In effetti è quasi impossibile, specie avendo a disposizione solo due lunghe mattinate.

Ma questa edizione è particolare: i vini che si affacciano sul mercato sono Brunello 2014 e Rosso 2017.

La particolarità sta nei millesimi: siamo di fronte a due annate opposte per andamento climatico, ma paradossalmente simili nei risultati a bicchieri fermi. Andiamo per ordine

Brunello di Montalcino 2014

L’annata

Su tutti un dato che deve far riflettere: rispetto alla media di circa nove milioni di bottiglie, sono state prodotti quasi sei milioni di pezzi, dunque circa il 30% in meno; numero confermato anche direttamente da molti produttori con cui ho approfondito il tema.

Le cause di questa perdita di prodotto derivano dall’annata bizzarra: più che piovosa viene definita umida, perché le piogge ci sono state copiose ma non violente e distruttive. A luglio le ruspe non potevano entrare nella vigna per fare nuovi impianti, causa il livello dell’acqua che affiorava ad appena cinquanta cm. dalla superficie. Ma la qualità della vendemmia è stata soprattutto minata dalle basse temperature e da una foschia che ristagnava sulla zona senza essere spazzata dalla classica tramontana, normalmente presente.

Quest’umidità comportava enormi problemi di muffe (botrytis) e si doveva continuare a passare nella vigna in modo maniacale, tagliando i grappoli o eliminando gli acini attaccati dalla muffa. In alcuni casi si sono fatti più di venti passaggi  a diradare e togliere i grappoli colpiti.

Un gioco al massacro che richiedeva nervi ben saldi ed una parola in mente: “aspettare”!  Aspettare comunque il momento giusto per vendemmiare, nella speranza che le maturazioni arrivassero a compimento, a costo di saltare l’annata. Ma non è facile quando si deve portare a casa un risultato sia economico che qualitativo, dunque nella maggior parte dei casi le maturazioni polifenoliche non si sono risolte completamente. Alcuni produttori la ricordano come una vendemmia stile anni settanta, un sangiovese tornato “grosso”  davvero.

La degustazione

Un’annata difficile mette sempre in risalto i pregi o i difetti delle cantine. Fin dall’osservazione dell’incredibile varietà di tonalità di colori nei bicchieri si è percepito la grande diversità di approccio all’annata: di certo coloro che non hanno cambiato protocollo di lavorazione ne sono usciti più svantaggiati. La prima impressione che si è concretizzata all’assaggio è stata la debole energia di un mosto (dato da un rapporto liquido/buccia altissimo) che nei casi peggiori non è riuscito a digerire tutto il legno a cui è stato “sottoposto”. Nasi e soprattutto bocche troppo bloccate da tannini secchi che difficilmente si riassorbiranno nel tempo. E’ anche un’annata in cui, ovviamente, l’acidità domina sulla densità del vino.

La guerra è guerra, e giustifica a volte il ricorso ad ogni mezzo… e deve essere stato proprio così in cantina in quei giorni, dunque anche l’aggiunta migliorativa di vino di annata diversa (lecita fino ad un 15% del totale) è probabilmente servita in molti casi a mitigare l’asprezza di un vino che ha mostrato tutti i limiti imposti da una natura maldisposta.

Ma per chi è riuscito a mettere in pratica con lungimiranza  il manuale Cencelli dell’enologia una luce nei vini si può trovare: delicati, eleganti e di ottima beva, con tannini già setosi, poco aggressivi ma di buona qualità. Un Brunello in piacevole tono minore, non muscoloso (evviva) e di grande beva, pronto ma anche da conservare per un po’ di anni, volendo scommettere sulla sua incerta capacità di invecchiamento. Se un termine si può usare per definire il Brunello 2014 è “Semplicità”, nel bene e nel male.

Rosso Di Montalcino 2017

L’annata

L’annata 2017 ha in comune due dati qualitativi importanti con la 2014: la resa del 30% in meno di uva e le maturazioni non risolte.

A questa conclusione però si arriva da premesse totalmente diverse: la stessa ruspa che a luglio 2014 non poteva entrare nella vigna per la troppa acqua nel sottosuolo, a luglio 2017 arrivava a scavare fino a due metri senza trovare la stessa acqua! La grande siccità si stava protraendo dal settembre dell’anno prima in alcune zone del territorio di Montalcino. E la mancanza d’acqua è peggio del caldo torrido quando non si ha irrigazione di soccorso. Se poi aggiungiamo la gelata e la grandine episodica abbiamo “l’annata perfetta” in negativo.  La vendemmia in quel caso fu anticipata di un paio di settimane con conseguenze inevitabili per le maturazioni fenoliche. Il 2 settembre soprattutto la zona nord-est di Montalcino fu benedetta da una pioggia provvidenziale che durò quasi due giorni e permise di salvare parzialmente il raccolto. L’effetto della mancanza di acqua e il caldo hanno portato ad un arresto delle fisiologiche maturazioni. Praticamente, e paradossalmente un risultato simile al 2014.

La degustazione

La disomogeneità negli assaggi è evidente, ma se nel caso del 2014 si può parlare di differenze “tecnologiche”, nell’annata 2017 forse è il caso di evidenziare le differenze morfologiche di Montalcino, che hanno permesso ad alcune vigne di “salvarsi” meglio di altre. E’ risaputo che normalmente la zona nord-est del versante della montagna di Montalcino riceve mediamente quasi il doppio di piogge delle zone a ovest e sud-ovest, con vantaggi e svantaggi a seconda delle annate. Il risultato nel bicchiere vede comunque una buona omogeneità di colore, nasi in prevalenza con note evolutive un po’ più avanzate del normale, quasi da confettura in alcuni casi. Al palato la generalizzata presenza di trame tanniche piuttosto verdi testimonia il mancato compimento delle maturazioni fenoliche. in definitiva il millesimo 2017 ci regala comunque un Rosso di Montalcino che ha nella sua vibrante ma immatura trama tannica  un valido aiuto nel bilanciamento delle componenti “morbide e calde” dello stesso. Un vino gastronomico che si farà apprezzare meglio per la sua capacità di abbinamento che per il suo godimento intrinseco.

Si possono fare alcune considerazioni in calce a questa degustazione 2014 – 2017, incredibilmente didattica.

  • I produttori dovranno essere sempre più reattivi nelle scelte vendemmiali e nelle pratiche di cantina perché, molto probabilmente, annate difficili o estreme saranno sempre più presenti nei prossimi anni. Conversare con molti di loro si percepisce che nulla esiste di certo e codificato in questo tipo di annate e ognuno ha reagito secondo la sua esperienza e le sue convinzioni.
  • Il Brunello di Montalcino è storicamente un vino di blend: molte cantine hanno vigne sparse per tutto il territorio, un territorio che si spalma sui quattro versanti della sua montagna e che offre condizioni pedoclimatiche estremamente variabili. Questa condizione più che un problema rappresenta un vantaggio, soprattutto alla luce dei cambiamenti climatici: avere a disposizione vigne in diverse posizioni rappresenta una garanzia di migliore resa qualitativa del vino finale. Puntare esclusivamente su singoli vigneti, alla luce di annate così volubili, rappresenterebbe un limite oggettivo importante.
  • La grandezza di un territorio e di un vino si misurano anche, e direi soprattutto, nella gestione di annate difficili come 2014 e 2017: i produttori hanno saputo affrontare queste annate regalandoci vini comunque onesti e veri che raccontano perfettamente il problema di quei millesimi, mantenendo una dignità qualitativa invidiabile.
Gianpaolo Giacomelli

È nato a Lerici, vive a Castelnuovo Magra ed è quindi uomo di confine tra Toscana e Liguria. Al momento della “scelta” ha deciso di seguire la passione per le cose buone invece del comodo lavoro dietro una scrivania. Così la “scelta” lo ha portato a Londra a frequentare i corsi per Master of Wine, finendo tempo e soldi prima di arrivare agli esami. A suo tempo ha aperto un winebar, poi un’enoteca e alla fine ha un’associazione culturale, un wineclub, dove, nella figura di wine educator, propone serate di degustazione e corsi. Fa scorribande enoiche assaggiando tutto quello che può, sempre alla ricerca di nuovi vini. Ha collaborato con varie testate del settore, contribuito alla nascita delle guide vini Espresso e Vini Buoni d’Italia prima di dedicarsi anima e corpo a Winesurf.


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