Assyrtiko, la Ferrari dei vitigni greci5 min read

Pensiamo all’isola di Santorini: dal duro e antico strato di rocce vulcaniche si srotola verso un mare azzurro turchese. Come le mani malconce di un vecchio che tiene in mano una roccia che racchiude una pietra preziosa, così i suoi strati secolari offrono riparo alle uve forse più importanti della Grecia, proteggendole dal vigoroso sole e dai venti impetuosi del Mar Egeo. Il paesaggio è spettacolare e selvaggio: questa è Santorini, la storica culla dell’assyrtiko.

I’assyrtiko è  senza dubbio il principale vitigno bianco greco e per me (non solo per me) uno dei più rinomati d’Europa. Quest’uva porta nel proprio bagaglio una storia di passione e di grandi difficoltà: infatti la strada verso l’ossidazione o surmaturazione sarebbe stata segnata se “gli illuminati” del vino greco non avessero fatto irruzione. Quelli che, sapendo cosa nascondeva l’assyrtiko, ne hanno fatto emergere il suo vero e meraviglioso volto.

La storia dell’assyrtiko è iniziata a Santorini. Luogo basilare per il suo sviluppo tanto che secondo diversi scritti la vigna a Santorini  viene coltivata ininterrottamente da 34 secoli. A proposito di antichità: le radici di alcuni vecchi ceppi raggiungono una profondità anche di 15 metri.

L’assyrtiko di Santorini, ampiamente commercializzato nel Medioevo, era noto per il suo gusto intenso e vivace, la sua acidità tonica ed il suo carattere elegante e minerale. Queste qualità lo rendono anche oggi estremamente attraente sia per i sommelier orientati verso il “terroir” sia per gli amanti del vino che preferiscono  bianchi raffinati. Gli chef ne lodano la capacità di abbinamento  e lo paragonano alla finezza di uno Chablis.
E se l’Assyrtiko di Santorini è un caso unico di vino di “terroir”, tutti gli altri provenienti da altre zone della Grecia non mancano di qualità, tipicità e interesse anche se il vitigno si è adattato in maniera diversa. Da un lato l’Assyrtiko di Santorini, dal grado alcolico di tutto rispetto e dalla buona acidità ma con un’espressione sottile e rigorosa degli aromi, completata dalla mascolinità del famoso fondo minerale dei terreni vulcanici, dall’altro l’Assyrtiko del resto della Grecia, quasi femminile, vino molto più morbido, con mineralità addomesticata e un’espressione degli aromi più  fruttata.

Non sorprende quindi che questo vino, in cui spiccano gli aromi del mar Egeo, sia il fiore all’occhiello della Grecia nel mercato internazionale dei vini.

Oggi l’Assyrtiko ha aperto i suoi orizzonti internazionali, affermandosi come ambasciatore della viticoltura greca. Gli Assyrtiko di oggi, provenienti da quasi tutti gli angoli della Grecia, sono comunque guidati da un comun denominatore di carattere varietale.

Ma L’Assyrtiko ormai non si fermato alla sola Grecia

Il suo “viaggio” è iniziato verso la metà del secolo scorso. Nel 1948 il professor Harold Olmo, botanico dell’Università di Davis in California, si era fatto donare talee di assyrtiko da un suo collega dell’Università di Atene ma il vitigno, in California, non ebbe immediata fortuna. Solamente dopo il 2010  i monaci di New Clairvaux Vineyard hanno cominciato a coltivarlo e alcuni anni dopo li ha seguiti a ruota la famiglia di origine greca Perlegos, sempre in California.

In Europa il primo ad importare l’assyrtiko è stato il Prof. Rainer Zierock con l’aiuto del Prof. Attilio Scienza: le  barbartelle sono state piantate in Alto Adige.

Nel 2000 il Prof. Zierock ha presentato il Dolomytos, che riportava sull’etichetta un pentagramma con gli aromi ad esso associati, il Celacanto, pesce che si riteneva estinto, e il simbolo del “tutto scorre”, il Panta Rei di Eraclito.

Nel 2005 la partita di vino del professor Zierock viene acquistata dall’azienda Arunda, che da quella ha creato quella che per me è la miglior “bollicina” altoatesina e una delle migliore nel panorama italico: Phineas, sette anni di maturazione sui propri lieviti per un risultato assolutamente fuori dal comune.

Oggi in Italia l’assyrtiko è coltivato dalla cantina Alois Lageder.

Nel 2006 Peter Barry, figlio del produttore australiano Jim Barry, andò in Grecia per una vacanza con la moglie. Dopo un incontro con i rivenditori greci, Peter volle bere un bicchiere di vino e nel suo frigorifero trovò solo una bottiglia di assyrtiko di Santorini Haridimos Hatzidakis. Subito dopo il primo sorso, Peter sgranò gli occhi e cambiò immediatamente i suoi piani della vacanza, iniziando a prendere contatti per poter esportare in Australia alcune viti di assyrtiko, cosa che non sarebbe stata possibile senza l’aiuto di due produttori greci: Yannis Paraskevopoulos (GAIA) e Mattheos Argyros (ARGYROS ESTATE).

Oramai la strada era stata aperta: Zierock e Jim Barry, sono stati successivamente emulati da produttori di altri paesi.

Oggi, oltre che in Italia e negli Stati Uniti, l’Assyrtiko è coltivato a Cipro, in Bulgaria, Libano, Israele, Turchia, Sudafrica e recentemente ha iniziato ad essere coltivato anche in Francia, precisamente dal Domaine La Tasque in Linguadoca.

La maggior parte dei vini delle principali aziende vinicole di Santorini vengono esportati, anche nei difficili mercati di Francia ed Italia.

Chiudo l’articolo parlando di un sogno “portatomi via” dal Covid19: una grande degustazione d’assyrtiko a Firenze, con vini da tutto il mondo e magari, dopo la manifestazione, fare partire le pratiche per lanciare una giornata mondiale dedicata a questo antico vitigno greco.

Haris Papandreou

Arrivato a Firenze nel lontano 1985 con studi in economia e commercio. Attualmente segretario del Consolato Onorario della Grecia a Firenze e responsabile della parte economica in un studio tecnico. Appassionato di vino e organizzatore di diverse degustazioni di vino greco a Firenze.


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