Ed eccoci arrivati all’ultima degustazione della nostra guida 2018-2019. Con l’assaggio dei Montelfalco Rosso e Montefalco Sagrantino chiudiamo un’annata che ci ha visto degustare quasi 4500 vini (4251 per la precisione) praticamente in tutto lo stivale.
Tra qualche giorno pubblicheremo i nostri Oscar, cioè un compendio dei vini che quest’anno hanno superato i 90 punti, ma per adesso parliamo di Montefalco, una terra che, almeno sul fronte Sagrantino, sta vivendo una vera e propria rivoluzione.
Partiamo però dai Montefalco Rosso, cioè da quei vini che NON sono a base sagrantino e dove il sangiovese gioca il ruolo principale, accompagnato sia dal vitigno di casa che da cabernet sauvignon, merlot, barbera, colorino e (poche) altre uve.
L’annata più rappresentata nel nostro assaggio è stata la 2015 e, ferma restando una pulizia di esecuzione che in passato non era così condivisa, non abbiamo fatto salti di gioia: molti vini sono infatti di buona potenza ma poco elastici e armonici. Mancano un poì di finezza e in qualche caso anche di complessità.
Considerando che il Montefalco Rosso è il vino rosso “quotidiano” del comprensorio e che si rivolge (anche per prezzo finale) ad un consumo nell’arco di 2-5 anni, si potrebbe anche provare a giocare la carta della maggiore rotondità. renderli più piacevoli e armonici senza puntare su una tannicità e una non so quanto voluta durezza, che spesso risulta la colonna portante di tanti vini, magari buoni tra 6-7 anni, quando saranno terminati o quando nessuno si sognerà di comprarli.
Su questa strada non riusciamo a capire il ruolo del Montefalco Rosso Riserva, vino potente e da invecchiamento che gioca letteralmente il ruolo di riserva, di quello cioè che non scende mai in campo, visto che il capitano, nel campo della potenza e longevità, è il Sagrantino.
A proposito di Sagrantino, non possiamo che confermare quanto detto qui lo scorso anno e quanto Daniel Thomases ha scritto per noi qualche mese fa sulla vendemmia 2014.
I vini di questa vendemmia hanno mostrato che “la Rivoluzione Copernicana del Sagrantino” è in pieno svolgimento, portando a vini meno monolitici e ingessati. In particolare il tannino che in passato, pur essendo caratteristica peculiare, era quasi un ostacolo all’apprezzamento reale del vino, adesso è un tramite per gustare il corpo di vini che spesso mostrano armonie impensabili solo 5-6 anni fa.
La tannicità astringente e da ammorbidire è diventata una tannicità corposa, da sfruttare e godere.
Quindi da essere un vino che ruotava attorno al “sole-tannino” il Sagrantino sta diventando un prodotto che prende la tannicità come una delle molte carte su cui può giocare un vino di grande struttura.
Tra poco più di un mese degusteremo in anteprima la vendemmia 2015 e vedremo se questa rivoluzione copernicana sarà andata avanti e quanto.