Assaggi Alto Piemonte: oramai siamo in alto grazie al “peso medio e alle damigelle”3 min read

Perché Roberto Conterno ha acquisito la storica Cantina Nervi a Gattinara?

Forse per lo stesso motivo per cui si sta parlando del passaggio di mano di  altre importanti cantine, sempre in questa denominazione.

Forse perché i prezzi dei terreni a Fara, Sizzano e nel Bramaterra, che qualche anno fa erano di pochi euro, sono schizzati a cifre (sempre basse per barolisti e &…) impensabili.

Forse perché la stessa cosa sta avvenendo pure a Ghemme e a Boca.

Certamente perché oramai l’Alto Piemonte si è lasciato un passato difficile alle spalle e con un solido presente punta ad un  futuro certo e importante!

La riprova sono stati i nostri assaggi, che mai come quest’anno hanno mostrato una qualità media alta e ben radicata in ogni denominazione.

Forse la vera sorpresa è stata il numero di cantine che hanno espresso almeno un vino di alto livello: siamo quasi a venti, pur mancando alla degustazione un discreto numero di cantine importanti. Questo vuol dire che l’Alto Piemonte non è solo un brand o una denominazione, ma un territorio dove si può finalmente spaziare alla ricerca di certezze e novità.

Il territorio è comunque vasto e quanto detto lo scorso anno sulla “diaspora” delle cantine rimane valido, la differenza è che oramai le strade sono tracciate e da una parte la zona inizia a far gola a tanti produttori, dall’altra molte cantine locali “dormienti” si stanno scrollando di dosso la sfiduciata apatia degli scorsi anni per intraprendere con chiarezza la strada della qualità.

Qualità che non passa solo dal nebbiolo, comunque incontrastato sovrano della zona, ma dalle damigelle croatina, vespolina e uva rara, che riescono a dare sia aromi che carattere e last but not least a far risaltare in maniera più netta del nebbiolo i cambiamenti  dovuti alle diverse annate.

Questo fatto, che ci era sfuggito in passato, crediamo possa essere molto importante per marcare in positivo  il territorio e per  valorizzare al meglio le caratteristiche di denominazioni come Fara, Sizzano, Boca, Bramaterra, Colline Novaresi e Lessona. Se in futuro si avrà il coraggio di non piantare solo nebbiolo, affiancandogli  ettari di “damigelle”,  siamo sicuri che queste DOC manterranno  una diversità che brillerà in maniera sempre più importante, rendendo i vini non solo migliori ma ben riconoscibili.

Ma veniamo a parlare del sovrano nebbiolo. Se mi è permesso un paragone boxistico,  il nebbiolo di queste parti ricorda più la sinuosa velocità di un peso welter o medio più che la potenza di un peso massimo. Chi di voi ricorda i  match tra Monzon e Benvenuti , o pensa a come boxava Sugar Ray Leonard capisce perfettamente che questo è un pregio e non un difetto. I tannini dei Gattinara e dei Ghemme “portano il colpo” con una sicurezza e velocità che non ti lascia per niente meno impressionato rispetto alla calda e dirompente potenza di un Barolo. I primi però hanno una freschezza e una duttilità che col tempo diventa finezza senza perdere niente in tonicità e profondità,  facendogli compiere prima il salto verso l’ eleganza.

Gli assaggi hanno coinvolto varie annate, in particolare dal 2012 al 2015, e in ogni annata (anche la difficilissima 2014) il “gioco di gambe” del nebbiolo del nord  ha dato modo ai vini di mostrare giusta potenza, concentrazione e freschezza, permettendogli sicuramente di superare indenni non solo le 15 riprese, ma come minimo i 15 anni.

Uscendo fuori dai paragoni boxistici siamo convinti che questa zona  non solo abbia le stimmate della qualità, ma nell’arco di 5-6 anni mostrerà anche una quantità importante di bottiglie per affermarsi (anzi per riaffermarsi) sul mercato non solo italiano.

Mi permetto di far notare che un grosso merito va dato anche al Consorzio Nebbioli Alto Piemonte, che in questi ultimi 6-7 anni, ha operato in maniera sempre più brillante e concreta.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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