Anche se continuano a crescere le varietà “alternative” (la coda di volpe tra quelle a bacca bianca, piedirosso e soprattutto barbera tra quelle a bacca rossa), falanghina e aglianico consolidano il loro primato con risultati di buon spessore e ammirevole costanza qualitativa, pur in annate complesse come quelle prese in esame e senza perdere una impronta territoriale riconoscibile.
Per quanto riguarda l’aglianico, i nostri assaggi confermano l’indubbio primato del Taburno come zona di elezione nell’area beneventana, pur non mancando esempi molto positivi di questa varietà anche nell’ambito delle DOC Sannio e Beneventano.
A lungo sottovalutata rispetto all’aglianico del taurasino, il Taburno ha cominciato a imporsi all’attenzione di critici e consumatori solo nell’ultimo decennio e in maniera chiara solo da pochi anni.
Attenzione assolutamente meritata perché si tratta di un’area davvero molto vocata per l’aglianico, in una regione come la Campania, nella quale questa varietà sembra esprimersi validamente un po’ dappertutto (da Roccamonfina a nord al Cilento a sud).
I suoli vulcanici, l’altitudine, il microclima fresco, le escursioni termiche che qui possono essere ancora più estreme che nel Taurasino, fanno dell’aglianico del Taburno un vino di carattere, destinato a crescere ancora man mano che, come è avvenuto negli ultimi anni, il miglioramento delle pratiche enologiche e il favore dei consumatori si consolideranno ulteriormente.
Certo è un vino da saper attendere, che non ha l’immediatezza dell’aglianico di altre zone, soprattutto di quello Beneventano. Non è certo un caso, infatti, che i vini sottoposti al nostro assaggio provengano tutti da annate che vanno dal 2013 al 2009, con solo pochi esemplari del 2015, annata più recente.
I risultati comunque ripagano l’attesa, come rispecchiano sia i valori medi (quasi tutti i campioni oltrepassano la soglia degli 80 punti) sia i vini migliori, visto che ben in 6 su 15 arrivano tra i nostri “Vini Top”.
Vini solidi, ma non massicci, di bella freschezza, con un registro forse meno floreale del Taurasi e meno segnato dai frutti scuri dell’Aglianico del Vulture, l’Aglianico del Taburno conserva una piacevole nota verde, come di arbusto, che non decade però nel vegetale .
Forse la degustazione di quindici Aglianico del Taburno potrebbe sembrare non sufficientemente esaustiva a per tracciarne un profilo. Dubbio lecito se si pensa anche alla diversità di annate presentate che andavano dal ma del resto i vini degustati rappresentano i nomi sicuramente più importanti e conosciuti.
Grazie quindi al Consorzio di tutela per averci ospitato e aiutato nella raccolta dei campioni.