Alto Adige: 2017, ovvero l’anno in cui la schiava superò se stessa2 min read

Per la vendemmia 2016 avevamo parlato di un pareggio tra Lago di Caldaro e Santa Maddalena, le due denominazioni storiche altoatesine  dove la schiava domina.

Nell’annata 2017 siamo andati oltre e, anche se non è possibile in nessun sport, questa vendemmia-match ha visto la vittoria di entrambe le denominazioni. In altre parole nel  2017 il livello della schiava, sia essa nei Lago di Caldaro o nei Santa Maddalena, è stato alto come non lo ricordavamo da tempo.

Eppure  i presupposti per un risultato non certo eclatante c’erano, a partire dalla vendemmia calda e siccitosa che non ha certo permesso una maturazione omogenea, ma i risultati degli assaggi hanno smentito ogni paura, riposizionando queste due denominazioni ai loro livelli più alti da diversi anni a questa parte.

Anche se tra i Santa Maddalena ci sono tanti vini Top (alcuni veramente da urlo!) la denominazione che forse  ha fatto più passi in avanti è per noi il Lago di Caldaro, che ha finalmente lasciato quel limbo qualitativo in cui era invischiata da anni. La cosa interessante è che lo ha lasciato sia grazie a piccoli nuovi produttori che alle grandi cooperative, segno di un fermento generalizzato che fa ben sperare per il futuro.

Quindi i Lago di Caldaro la loro vittoria  l’hanno portata a casa, ma se si vuole qualcosa in più dalla schiava  bisogna arrivare nella zona del Santa Maddalena. Qui, forse grazie anche a dosi spesso omeopatiche di lagrein, questo vino ha sviluppato nel 2017 una profondità aromatica ed una armonica tessitura gustativa che spesso ha stupito anche chi, come noi, conosce da anni il territorio.

Crediamo che questo ulteriore gradino qualitativo sia soprattutto mentale e cioè tanti produttori hanno rincominciato a credere VERAMENTE nella schiava e nelle sue enormi possibilità. Questa rinnovata determinazione, creatasi dopo anni e anni di espianti (la Schiava 50 anni fa copriva praticamente i 2/3 del territorio vitato in Alto Adige) e di voglia di dimenticare un passato enoico basato solo sulla quantità, sta portando ad espressioni non solo giovanilistiche ma  garbatamente più profonde e sensuali del vitigno.

Oramai è giunta l’ora di ripensare anche a rese più basse per arrivare a risultati che adesso si possono solo immaginare ma che sono sicuramente alla portata della denominazione.

Per adesso però godetevi questi vini e non pensate assolutamente che un Lago di Caldaro o un Santa Maddalena bevuti a più di un anno dalla vendemmia siano un rischio. Al contrario sono una certezza, quella di avere vini pronti e senza i rischi di chiusure dovuti a recenti imbottigliamenti.

Un’altra paura potrebbe essere quella dell’abbinamento: anche qui tranquillizzatevi, una buona schiava la potete abbinare praticamente con tutto, formaggi stagionati compresi.

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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