A spasso nei Colli Tortonesi6 min read

Avviso ai naviganti che si apprestano ad incontrare quella tempesta perfetta che risponde al nome  Walter Massa: se vi troverete in presenza della mamma, 93 anni di storie e di memorie pronte a esplodere, ricordatevi dopo di rimettere precisamente al suo posto la sedia dove vi sarete seduti. In caso contrario vi beccherete un cazziatone sulla maleducazione delle generazioni attuali e per attuali si intende quelle dal dopoguerra ad oggi.

In realtà incontrando “Walter la tempesta perfetta” non saprete fino all’ultimo momento (e oltre) cosa vi potrà accadere nelle ore successive, perché rapportarsi con lui,  principale artefice del fenomeno Timorasso, sarà sempre una sorpresa.

A noi, dopo essere arrivati a Monleale, è capitato un giro di oltre un’ora (in quelle auto dove i due seduti davanti stanno benissimo e i due infilati di dietro si domandano come faranno a disincastrarsi per scendere) tra le vigne. Quando dico tra le vigne vuol dire testualmente tra i filari, i campi, le pendenze oltre il 35%, i fossati, di un comune che oggi, se non fosse esistito Walter, si sarebbe sviluppato in maniera diversa e sicuramente peggiore.

Walter Massa

In questo giro nei campi siamo riusciti però a capire non solo i tipi di suolo migliori per il timorasso e la barbera, ma anche la composizione futura del “mondo Timorasso” : “Qui ha piantato ( o deve piantare) Rivetti, qui invece Borgogno, Oddero, Vietti etc”. A ogni metro non solo cambiava il terreno ma anche il proprietario e questa mappa dei vigneti presenti e futuri di Monleale è in piccolo quella del territorio del Timorasso, dove ormai oltre ai produttori locali  sono di casa anche molti langaroli, attirati da questo bianco dalle caratteristiche molto particolari.

Poi Walter ti porta in cantina e svicolando a destra e a manca ti fa assaggiare tutte (ripeto tutte!) le vasche di timorasso del 2022 e poi barbera, freisa, freisa maturata in … damigiana (buonissima): il tutto inframmezzato da storie, aneddoti, idee di un uomo che non conosce l’inglese perché tanto si fa capire da tutti.

In questo è proprio uguale ai suoi vini, che si fanno capire con facilita, anche se Walter riesce a metterli alla frusta proponendoteli con tappi diversi: dall’amatissimo stelvin a varie tipologie di tappo tecnico, fino al classico monopezzo di sughero.

Mentre Walter ci proponeva questi vini, molto diversi tra loro mi è sembrato (magari sbagliando) di capire meglio questo signore sempre giovane e sempre più magro ogni anno che passa. La sua voglia di usare tappature diverse è, molto in piccolo, la stessa voglia che ha fatto crescere Tortona e i Colli Tortonesi nella direzione del Timorasso: Walter non si accontenta di un buono o ottimo risultato, vuole di più e la sua è una ricerca quasi instancabile, molto attenta  e molto critica.

Così come ha molte tipologie di vini chiusi con innumerevoli tipi di tappo, così non riesce ad accontentarsi di un “semplice” successo del Timorasso (sue e degli altri produttori) ma vuole vedere fino a dove può arrivare questa crescita, fino a dove può spingersi lui e un territorio che fino a 7-8 anni fa nessuno prendeva in considerazione. Poteva accontentarsi del suo successo ma non l’ha fatto: ha voluto che la sua crescita fosse quella di tanti.

Enologo (a sinistra) e vicepresidente Cantina di Tortona

La dimostrazione lampante l’abbiamo visitando la Cantina di Tortona, una realtà che in passato produceva quantitativi enormi di vino e di problemi per gestirli. Si capisce che la “cura Walter” è entrata in profondità nel tessuto agricolo di questo territorio: persone giovani al comando, idee chiare e possiamo dire innovative (una sociale che acquista e gestisce direttamente dei vigneti non è cosa di tutti i giorni).

Ma lo si capisce soprattutto dei vini “non” da cantina sociale, quindi oltre che “semplicemente puliti” si assaggiano Timorasso e Barbera complessi e armonici. Forse il vino emblematico della crescita di questa cantina sociale è il Piccolo Derthona 2022, un vino d’ingresso di una finezza e piacevolezza incredibile, proposto ad un prezzo quasi imbarazzante tanto è basso.

All’opposto troviamo la loro prima Riserva, l’ Aemilia Scauri 2019, opulenza con garbo e equilibrata austerità, possibilità di maturare per anni ma già molto buona adesso. Una cantina sociale che non ha niente da invidiare ai nomi più blasonati di questo piccolo ma sempre più importante territorio.

E uno di questi nomi blasonati è senza dubbio Giacomo Boveri: i suoi vini ci hanno fulminato nel recente passato e così quando siamo in zona  una visita in cantina da lui è quasi obbligatoria.

Giacomo è la sublimazione del termine “Contadino” declinato, nei fatti,  nella maniera più “green” possibile. Il  contadino, cioè abitante del “contado”, non è solo colui che lavora la terra e ne ottiene i suoi frutti, ma che lo fa nella maniera meno impattante possibile . Il gigantesco impianto fotovoltaico che ha sull’immenso tetto della cantina serve a produrre energia pulita, le bottiglie leggerissime che da sempre usa servono a non sprecare energia e a non disperdere altra CO2 nell’atmosfera. Già solo per questo i suoi vini andrebbero assaggiati ma quando li metti in bocca dimentichi CO2 e impianti vari, perché i suoi Timorasso, specie dopo almeno due anni di affinamento, sono la quintessenza di questa tipologia che unisce complessità aromatica a potente opulenza e a grandi possibilità di invecchiamento.

Possibilità di invecchiamento raggiunte senza il minimo apporto del legno in vinificazione o in maturazione e questo vale anche per le sue Barbera, sempre “barberose” cioè profumate, di ottima acidità e bella bevibilità.

Ecco qua un bel trittico del Tortonese, tre realtà vinicole molto diverse tra loro ma che rappresentano in pieno il grande sviluppo di questo territorio.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


LEGGI ANCHE