Stampa estera: Wine Spectator n.6, 2021: Pinot nero d’oltreoceano sugli scudi6 min read

Questo é un numero praticamente consacrato al pinot noir californiano, e principalmente quello della Sonoma Coast. C’é poi un po’ di spazio per i bianchi borgognoni delle felici annate 2018 e 2019  e per la retrospettiva Porto Vintage 2000 , ma ad aprire il numero é un ampio servizio, non annunciato da un titolo in copertina, nell’ambito della sezione Advertising Women in wine, dedicato alle donne influenti del mondo del vino: 19 pagine di ritratti di donne prevalentemente americane, va da sé, ma non soltanto, iberiche, francesi, australiane e di altri paesi. Non d’Italia, però, a meno che non si consideri tale Maddalena Riboli, giunta in California novant’anni fa, all’età di 7 anni.

Ma veniamo al Pinot noir di Sonoma, celebrato anche da Martin Shanken nel suo editoriale, e da Kim Markus nella sua column in GrapeVine.E’questo il  tema sul quale ci concentreremo maggiormente. Esso viene sviluppato in quattro tappe: la prima é specificamente dedicata alla Sonoma Coast, definita da Marcus la dinamo del pinot californiano, e in particolare alla nuova AVA Fort Ross Seaview; la seconda discute la recente  proposta di una denominazione che rappresenti la “True Sonoma Coast”, sottolineandone  il carattere costiero; nella terza sono i pinot della più ampia California, con le sue altre AVAs, delle ultime due annate, e infine c’é la Guida Alfabetica alle cantine del Pinot noir californiano, con le sue molte pagine di indirizzi e di cuvées, ciascuna indicate con nome,punteggio in centesimi e  prezzo.

Nella prima tappa il focus é indirizzato su Fort Ross Seaview, una nuova AVA della Sonoma County creata nel 2011. Situata  nella Costa Nord della Russian River Valley, é un’area di circa 27.500 acri (poco più di 11.000 ettari), dei quali solo 550 (220 ettari) a vigna,  selvaggia e molto affascinante, caratterizzata da condizioni climatiche spesso estreme (piogge torrenziali, vento e colpi di calore ). Fino agli anni ’80 era un sito per ranch per l’allevamento delle pecore, e la coltivazione di mele e pere, ricco di foreste di sequoia.

Mappa di Wine Folly, che ringraziamo.

Le prime wineries risalgono agli inizi degli anni ’90, su iniziativa di alcuni pionieri che hanno individuato in essa una piccola Borgogna di altitudine, nella quale il pinot nero (ma anche lo chardonnay) assume caratteri molto distintivi rispetto a  quelli delle altre zone del pinot californiano. I vini provenienti da Fort Ross (tutte le vigne sono vicinissime all’Oceano Pacifico, tra 2 e 4 miglia, e sono influenzate dalle sue acque gelide,  che in estate sviluppano un denso strato di nebbia per il contatto con l’aria calda) sono una eccellente combinazione di un saldo  scheletro tannico, elegante speziatura di erbe asiatiche e un’ottima predisposizione all’invecchiamento per la sua acidità, piuttosto che il sexy appeal  fruttato dei pinot della Russian River Valley. La zona, peraltro difficilmente raggiungibile (una sola strada stretta e ventosa , nota come Meyers Grade, consente l’accesso alla zona ovest), dal punto di vista geologico, é caratterizzata da una grande varietà di suoli, insistendo sulla faglia di Sant’Andrea (quella che nel 1906 distrusse completamente San Francisco). Markus, nel suo report, presenta alcune Wineries trainanti dell’area, nate dalle ceneri dei ranchs impoveriti dalla Depressione e dalla seconda  Guerra Mondiale: Flowers, Marcassin e Martinelli, che producono affascinanti pinot, i più strutturati e corpulenti  della zona, dal frutto ricco e aromatico, con tannini soavi e tessiture eleganti, e Hirsch  che rappresenta una versione più light e delicata, con livelli di alcolicità inferiori, diretti e molto freschi e finemente minerali.

Sonoma

Non tutti i produttori di Fort Ross Seaview, come si spiega nel secondo articolo (“True Sonoma Coast”),  adottano attualmente la denominazione specifica, perché troppo ristretta e poco conosciuta: ad es. Marcassin e Hirsch mantengono la denominazione più generica di Sonoma Coast, ma c’é insoddisfazione per il fatto che questa é troppo ampia e non sempre qualitativa perché include anche  aree vitivinicole meno vocate. Si punta perciò a creare una nuova AVA intermedia che sottolinei il carattere “coastal” della Sonoma Coast, mettendo in valore le vigne che risentono maggiormente dell’influenza dell’Oceano. Il nome scelto é West Sonoma Coast. Martinelli é contrario e preferisce restare su Fort Ross Seaview, temendo che la nuova denominazione possa ingenerare confusione, mentre Ted Lemon, di Litorrai , tra le Wineries di Fort Ross, é favorevole  e la supporta, anche se resta ai margini perché diverse sue vigne si trovano in aree più distanti, come la Green Valley e la Russian River Valley.

Il terzo articolo dedicato ai pinot nero californiani allarga il suo campo a tutte le varie aree dello stato per esaminare le annate 2018 e 2019, entrambe molto riuscite per il pinot, va da sé di Sonoma (94-97/100 la valutazione di WS dell’annata 2019 e 95 /100 quella del 2018), ma molto positive anche nelle altre regioni vocate di questa varietà : Santa Lucia e Carneros, 92-95/100, Anderson Valley (Mendocino), la più a nord,   e 91-94/100 a Santa Barbara, la più a sud , nell’annata 2019. 2018 e 2019 sono state nel complesso molto favorevoli ai pinot californiani, con “impressive” vini “single-vineyard”, favoriti dalle piogge invernali, dalle temperature miti durante tutto il periodo della crescita e dalla mancanza di colpi  di calore eccessivi. In più l’impatto degli incendi dell’ottobre 2019 é stato  marginale. I vini del 2018 appaiono nel complesso più ricchi , quelli della 2019 mostrano una struttura più elegante. Per quanto riguarda le riuscite migliori, Sonoma appare  sopra tutti: non é un caso che 11 dei 14 vini che hanno raggiunto un “classic score” (95/100 o più) vengono da quella regione. “Top score”, con 96 punti, é il Goldrock Estate di Paul Hobbs (Sonoma Coast) del 2019. Dietro di esso ci sono ben 13 vini a quota 95. Tra questi ritroviamo i nomi di Marcassin e  Hirsch di Fort Ross Seaview, accanto alle cuvée premium di Aubert, Kosta Browne e Paul Hobbs. I prezzi sono, per la metà di essi, ampiamente inferiori  ai 100 dollari (fate il confronto con quelli  dei  migliori Cabernet della Napa Valley!) e i più costosi si aggirano sui 150 dollari. Belle sorprese anche tra i top values, con bottiglie eccellenti (90 punti e oltre) a 20-25 dollari.

Solo un accenno al servizio sui bianchi borgognoni dell’annata 2018, ricchi e aromatici , giocati sull’equilibrio tra freschezza e opulenza, con un “aging” stimato di 3-7 anni: 92/100 la valutazione di WS, sui livelli dell’annata 2019, leggermente inferiori a quella delle annate migliori per gli chardonnay della Côte d’Or del secondo decennio del duemila, 2014 e 2017. Nella classifica di Sanderson, spiccano i grand cru (Bâtard e Chevalier, su tutti), con Corton-Charlemagne in evidenza: 97/100 per il Bâtard-Montrachet di Pierre Yves Colin-Morey (96 punti il suo Chevalier-Montrachet), lo Chevalier-Montrachet di Michel Niellon e il Corton-Charlemagne della Maison Le Moine, e un punto al di sotto gli Chevalier-Montrachet di Bouchard Père et Fils e di Chartron e il Bâtard di Olivier Leflaive. Prezzi, come sempre, altissimi (350 dollari circa per I Corton-Charlemagne e 600 e più per i grand cru di Puligny e Chassagne. Solo un premier cru (il Puligny-Montrachet La Truffière di Bruno Colin) tra i top dieci, con 95/100, e un punto al di sotto, il “Top Value” della lista, uno Chablis pemier cru, il Vaucupin 2019 diel Domaine Gueguen.

Chiudo con la retrospettiva dei Porto Vintage del 2000 curata da Molesworth: 18 cuvée assaggiate, cinque delle quali hanno ottenuto un “classic score”di 95 punti  ed oltre (98 Graham, 97 Quinta do Noval, 96 Fonseca, 95 Taylor Fladgate e Niepoort, quattro cuvée a 94). Sono Porto molto concentrati, ma meno alcolici di quell che si temeva, a causa  della forte riduzione delle rese a causa degli attacchi primaverili di peronospora. Fortunatamente  il meteo successivo é stato da antologia, con una vendemmia tardiva (per il Douro) nella terza settimana di settembre. Annata tra 4 e 5 stelle per Richard Mayson, autore di un notissimo libro sul Porto e i vini del Douro, con dichiarazione unanime dell’annata da parte di tutti i produttori, destinata ad una lunghissima vita.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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