15° Concorso del Riesling di Naturno: bimbi-riesling molto belli, ma pochi diventeranno adulti3 min read

Potrei dire cento cose per decantare la bellezza della Val Venosta e forse quella più strana ma adatta, pensando al 15° Concorso Nazionale del Riesling che si è svolto a Naturno e a cui ho partecipato il 24 ottobre scorso, è “La Val Venosta è piena di acido malico”.

Posso concordare con voi che pare non trattarsi di un grande complimento ma risponde molto alla realtà, perché se sulle colline esposte a sud-sud-est si coltivano uve, principalmente bianche, dalle altre parti la pianta onnipresente è il melo. Quindi possiamo scegliere tra l’acido malico presente nei Riesling (e negli altri vini prodotti in valle) o quello che si trova nelle mele.

Mentre pensate a quale scegliere io torno serio e vi parlo del concorso, come sempre perfettamente organizzato da Norbert Dibiasi. In campo una settantina di Riesling del 2018, provenienti da sei regioni italiane (Alto Adige, Trentino, Lombardia, Piemonte, Friuli Venezia Giulia e Abruzzo), che sono stati valutati da 24 giurati, come sempre suddivisi tra appassionati, enologi, giornalisti, produttori e ristoratori.

Una prima preselezione mattutina composta da 48 vini per giudice, con un ordine diverso di servizio per ognuno (in particolare enologi e/o produttori non degustavano in nessun caso il proprio vino) ha portato a una finale di 15, da cui è scaturito il vincitore che verrà proclamato tra qualche giorno, all’interno dei molti eventi che caratterizzano le Giornate del Riesling di Naturno che proseguiranno fino al 24 novembre.

Quindi mi sono degustato più di 60 Riesling italiani, figli di quella che viene definita “la regina delle uve bianche” e mentre li assaggiavo mi sembrava di essere una specie di Gano di Magonza, tirato non da quattro cavalli in direzioni diverse ma da due idee opposte che ancora in me non hanno trovato pace.

La prima parte dalla constatazione che tra i molti vini degustati ben pochi avevano dei problemi o dei difetti di lavorazione. Più del 90% dei vini era in buone se non ottime condizioni, con nasi più o meno intensi e bocche dove l’acidità giocava sempre e comunque un ruolo principale, quasi mai con tendenze amare o di eccessivo squilibrio. Eppure venivano tutti dall’annata 2018, non certo fredda in tutto il suo andamento. Da una parte quindi note positive sui figli italiani della regina delle uve bianche.

L’altra idea, opposta, posso esporla così: se sono figli della regina delle uve bianche, di un vitigno che porta a invecchiamenti di decine di anni e oltre, perché degustare vini neonati del 2018 e non prodotti con un minimo di maturità in più? Purtroppo la risposta era nei vini stessi, che mostravano già condizioni di maturazione molto diverse al naso, dove dalle sensazioni agrumate si passava a sentori di naftalina e idrocarburo, che caratterizzano due fasi distinte e molto distanti  di maturazione.

Quasi sicuramente quindi, se si fossero degustati vini di due-tre anni fa molti avrebbero mostrato la corda, presentando maturazioni più adatte a bianchi da bersi giovani che da vini figli della regina.

Quindi il Concorso di Naturno mi ha permesso di riconfermare in me il concetto che i riesling in Italia sono ancora a metà del guado. Da una parte la qualità media dei vini è oramai molto alta, i vigneti  non sono più giovanissimi e la mano dei produttori è sempre più precisa e porta a vini riconoscibili e ben fatti: purtroppo manca ancora e probabilmente mancherà per diverso tempo quella caratteristica che invece è alla base dei Riesling della Mosella o del Palatinato, cioè le grandi possibilità di invecchiamento.

Durante il concorso, avendo gli organizzatori lasciato una specie di piazzetta, un grande spazio centrale tra i tavoli dei giudici, per poter effettuare con velocità il servizio, mi immaginavo lì i 70 vini neonati, figli della regina delle uve, intenti a giocare, a gattonare, saltare e ridere. Era una bellissima immagine, molto allegra, se non fosse stato che una perfida ma realistica vocina interiore mi sussurrava che ben pochi di quei bimbi-vini sarebbero diventati adulti.

Magari questi del 2018 non avranno vita lunga, ma spero proprio che nell’arco di 5-6 vendemmie la infida vocina interiore dovrà tacere e che quando mi inviteranno al 20° Concorso di Naturno i giovinetti Riesling  avranno possibilità di vita molto diverse.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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