14 nuovi Premiers Crus nella Côte de Nuits! Ecco cosa è successo e perché7 min read

Ormai è certo: anche Marsannay (ovvero Marsannay-la-Côte),  la più settentrionale delle AOC della Côte de Nuits, avrà tra breve i suoi Premiers crus, al pari di  tutte le altre denominazioni comunali della Côte.   Assente all’appello delle prime appellations negli anni ’30, fino al 1965 i vini di Marsannay poterono essere commercializzati soltanto come semplici Bourgogne. Quell’anno, finalmente, fu infatti possibile aggiungere alla denominazione regionale il nome del comune di origine, ma sarebbe stato necessario attendere più di altri vent’anni per raggiungere l’obiettivo dell’AOC, dopo che una sua candidatura  nel 1970 all’appellation Côte de Nuits-Villages  era stata bloccata dall’opposizione degli altri comuni della Côte de Nuits che vi erano già compresi.

La AOC Marsannay nasce quindi  solo nel maggio 1987, includendo  anche una frazione di  Chenôve a nord,  e di Couchey, il cui territorio la separa dall’AOC Fixin, che  segue immediatamente a sud. Diversamente da quest’ultima, che, pur assai più ridotta nelle dimensioni (circa la metà), possedeva già sei Premiers crus,  Marsannay non ne aveva finora nessuno,  in quanto il suo disciplinare prevedeva  soltanto dei  vini Villages. Ne avrà ora 14, risultanti in parte dall’aggregazione di un numero doppio di  lieux-dits.

Questa “promozione” rispecchia indubbiamente la notevole ascesa qualitativa dei vini prodotti negli ultimi anni, che già rivendicavano con orgoglio (e a un prezzo più alto) in etichetta  i lieux-dits di provenienza (nel 1999 erano già il 70%).

Hanno però contribuito  altri fattori, per così dire, “esterni”: certo l’onda derivante dalla consacrazione dei climats borgognoni come patrimonio dell’UNESCO, e il  rinnovato interesse dell’area metropolitana di Dijon, intenzionata a recuperare, almeno in parte, il suo non trascurabile passato vitivinicolo. Sì, perché i territori di questa AOC sono parte integrante della cosiddetta Côte Dijonnaise, che un tempo comprendeva anche Gevrey, e ora diventati di fatto periferia della grande Dijon.

Dagli anni ‘50 Marsannay ha quintuplicato la sua popolazione, oggi 5.000 abitanti, la maggior parte dei quali lavoratori e pensionati di Dijon. Ma della rinascita di questo vignoble, che punta alla creazione di una nuova denominazione (Côte de Dijon), parlerò nell’ultimo articolo di questa miniserie.

La reputazione storica dei terroirs, si sa, è un fattore di non trascurabile importanza nei dossiers presentati a sostegno delle candidature ai classements dei vini della Borgogna, e da questo punto di vista quello di Marsannay non è certo partito da una posizione di vantaggio.

Jules Lavalle, nel suo celebre lavoro del 1855,  osserva infatti con tristezza che quello  di Marsannay è  “un  territoire dont les climats de pinot ont diminué de jour en jour pour disparaître tout-à-fait” . Appena 50 anni prima- scrive infatti  Lavalle-vi si sarebbero trovate ancora diverse vigne di qualità e alcuni vini degni di nota, ma ormai il gamay aveva preso il sopravvento anche nei migliori climats .  Venti anni prima erano stati espiantati gli ultimi ceppi di pinot da Les Argillières (oggi vi si producono rosé), e ancora più di recente la stessa sorte avevano subito anche le vigne di Les Recilles.

Anche l’intero vigneto di Couchey era stato interamente convertito al gamay, mentre, per quanto riguarda le vigne di Chenôve salvatesi dal gamay, avrebbero rapidamente subito una sorte anche peggiore:  l’erosione quasi totale delle aree vitate a causa dello sviluppo urbano della capitale, amplificata poi dall’infezione fillosserica.

Grande produttore di gamay per i cafetiers di Dijon nel XIX sec., come ricorda  Jean-François Bazin, Marsannay non offriva grandi possibilità per un elevato riconoscimento qualitativo dei suoi vini. Del resto perché preoccuparsi se quei vini facili e piacevoli venivano venduti con grande rapidità alla pièce (certamente non in bottiglia) rappresentando una non trascurabile fonte di reddito per i commercianti? Ancora Bazin ricorda come all’epoca sposare una ragazza di Marsannay, i cui vini semplici e a basso costo si vendevano facilmente in grandi quantità, fosse ritenuto un affare migliore che sposarne una di Gevrey, dove si producevano sì  vini certamente molto migliori ma più costosi e quindi meno richiesti .

Ma che cosa era successo e aveva provocato una simile secessione  del territorio di Marsannay  dal grande universo vitivinicolo della Côte? Dopo la Rivoluzione dell’89 la capitale Dijon era notevolmente cambiata nei suoi assetti, alterando in modo significativo il suo rapporto con i comuni più vicini immediatamente a sud e la loro viticoltura.

La crescita della capitale aveva portato alla formazione di un ampio proletariato urbano , che aveva gradualmente sostituito le vecchie classi aristocratiche e burocratiche, dando luogo alla impellente richiesta di vini ordinari a poco prezzo. I vignerons di Marsannay, Couchey e Chenôve furono perciò invogliati a sostituire il pinot noir, che aveva reso celebre il resto della Côte d’Or, con varietà più produttive, principalmente gamay e aligoté, con cui produrre ingenti quantitativi di vini di qualità modesta. Il  flagello della fillossera, abbattutosi sulla regione nel 1870, consolidò il fenomeno, disincentivando molti vignerons a ripiantare vigne di pregio ma meno produttive,  facendo così perdere loro  il “treno” delle AOC quando questo  si mise in moto negli anni ’30.

Il periodo d’oro del gamay di Marsannay era però destinato a durare poco, avendo presto perso  la  competizione con i gamay del Beaujolais, ora favoriti dallo sviluppo ferroviario che ne permetteva il trasporto rapido fino a Parigi, e ad essere definitivamente chiuso dalla fillossera.

Fu così che un lungimirante vigneron di Marsannay, Joseph Clair (nonno di Bruno Clair), decise di ripiantare il pinot noir e lo chardonnay nelle vigne della moglie Marguerite, bruciate dalla fillossera e a provare nuove strade, come quella di produrre   un rosé. Non un rosé qualsiasi, ma di buon livello qualitativo,  capace di rivaleggiare con quelli di Tavel, per la sua sapidità e la capacità di durare nel tempo.

La rimonta di Marsannay, divenuta più evidente e incisiva negli anni ’70-80, ricomincia dunque, per quanto possa sembrare incredibile,  dal rosé (oggi però solo pochi produttori sembrano credere a questa tipologia), ma soprattutto dall’abbandono del gamay , cinque secoli dopo il bando di Filippo l’Ardito. Lo smantellamento del Domaine Clair-Daü portò alla nascita, nel 1978, del Domaine Bruno Clair, oggi riferimento assoluto di questo territorio, anche se inizialmente, a causa di problemi di successione,  poté fare affidamento  su una dotazione davvero minimale di vigne, poi rimpolpata strada facendo.

Poi fu la volta di Laurent Fournier (Domaine Jean Fournier), Sylvain Pataille , Philippe Huguenot (Huguenot Père et Fils), Cyril Audouin e i Bouvier: uno stuolo di giovani vignerons di talento che credevano nel territorio e si diedero da fare per riportarlo rapidamente al livello che gli competeva. Non vi è dubbio infatti  che la presenza di un consistente gruppo di vignaioli locali seriamente impegnati nella sua  promozione  (oltre al consistente aumento dei prezzi dei crus borgognoni) abbia conferito una spinta  decisiva all’ormai imminente riconoscimento dei Premiers Crus di Marsannay.

Se la storia non offre grandi appigli per la candidatura di Marsannay, un aiuto assai più sostanziale viene fortunatamente dall’analisi geologica e pedologica dei climats destinati ad ottenere il riconoscimento come premiers crus.

Un argomento fondamentale, questo,  per i dossier sulle appellations borgognone, che premiano la potenzialità qualitativa dei terroirs più della stessa qualità raggiunta nelle diverse annate. Sì, perché non v’è dubbio che, pur schermata dall’anonimia della periferia di Dijon, la Côte sia già là, alle porte della capitale: la si può intravedere da Chenôve, un po’ esitante fino a Marsannay, ma comunque riconoscibile..

I 14 climats individuati dalla proposta di riclassificazione sono tutti situati nella parte mediana e relativamente superiore del costone collinare, a 280-330 m. di altitudine, con pendenze varianti tra il 2 e il 12%, con le loro parti superiori che raggiungono quasi tutte il 5%: un particolare importante per il   drenaggio dei suoli e per l’ intensità dell’irraggiamento solare, gli stessi valori dei crus nobili della Côte d’Or. Anche l’esposizione dei vigneti è la stessa: sono infatti tutti  orientati da est verso sud. Quanto alla struttura geologica dei suoli, il substrato dei 14 climats promossi è perfettamente corrispondente al profilo litografico della Côte, con i suoi calcari e le sue marne del Giurassico medio e inferiore: marne sabbiose, calcari a entroques, marne ad ostrea acuminata, calcari di Prémeaux e ooliti bianchi. Del tutto simile a quello dei   premiers e dei Grands Crus di Gevrey-Chambertin .

Nel prossimo articolo : i 14 climats proposti per la promozione a premier cru, i migliori, gli esclusi, i produttori di riferimento.

 

Foto di copertina di www.visitfrenchwine.com, che ringraziamo.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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