Un tuffo nel Vinitaly tra isole, immersioni subacquee e porti fluviali5 min read

Mercato, export, vini dealcolati, divisioni sulle etichette e andamento del settore per una volta li ho lasciati al parcheggio, con l’intenzione di andare a curiosare ed “assaggiare altri temi” presenti al più importante salone dedicato al vino e ai distillati.    

Con un po’ di fantasia, invece di calpestare la moquette dei padiglioni del Vinitaly, mi sono immaginata sulla battigia della costa tirrenica, attratta dalle concrezioni delle conchiglie sulle bottiglie.

Una frontiera poco esplorata ma tanto discussa quella per il vino affinato sott’acqua. Tra i più conosciuti  il metodo di cantinamento isobarico brevettato da Jamin Under  Water Wines, “Jamin” parola in dialetto genovese che significa “lavorare duro”.

Si possono dire molte cose ma come non rimanere affascinati dalla champagnotta da 750 ml con tappo in sughero affinata sott’acqua per 12 mesi a -52 metri  – come si legge dall’etichetta -presso la Cala degli Inglesi nell’area marina protetta di Portofino. Il primo Champagne in assoluto affinato in subacquea, Champagne Cloe Marie Kottakis “Limited Edition”,  un Pinot nero 100% dal colore paglierino brillante e un perlage molto fine. Profumi di pompelmo e lieve nota mentolata. Elegante e persistente. Bottiglia tra l’altro battuta ad un’asta benefica di Christie’s.

E’ il presidente della società Jamin Antonello Maietta che mi illustra questo nuovo orizzonte: primi al mondo, nel 2009, ad immergere i vini sott’acqua: 385 soci, in rete aziende che vogliono sperimentare questo tipo di affinamento, con l’obiettivo della sostenibilità ambientale e il risparmio del suolo. Le bottiglie vengono immerse ad una profondità di 50 metri ad una temperatura di circa 13-14 gradi, dove la vera differenza è dettata dalla pressione, dall’assenza di luce e dalle correnti.  

Due gli istituti di ricerca, uno per la biologia marina per cantinare in luoghi adeguati e l’altro, svolto dal Dagri dell’Università di Firenze, per le analisi chimiche e fisiche. Fino ad oggi sono 200 le tipologie affinate tra bianco,  rosso e rosato. E’ l’inizio di un percorso e il tempo ne decreterà il risultato, intanto si può sottolineare che, nell’ultima degustazione pubblica e rigorosamente alla cieca, un rosato di Bolgheri, rispetto all’affinamento a terra, ha mantenuto una maggior freschezza e le caratteristiche di gusto e olfatto. 

Quest’anno il mio Vinitaly è un’onda spumeggiante e dalle nuove frontiere del vino mi sposto verso nuovi investitori, ma pur sempre legati in qualche modo al mare, così dalla costa genovese mi dirigo a Capraia e Limite, patria (sconosciuta ai più) della nautica da diporto.

Qui Villa Bibbiani, che si affaccia su un porto mediceo, ha iniziato nel 2018 un importante lavoro di reimpianto grazie al magnate texano, e Ceo della WellMed Medical Management,  George Mc Carrol Rapier III  che, acquistata la proprietà, ha voluto riportarla agli antichi splendori con un considerevole piano di recupero, avendo cura del meraviglioso, probabilmente unico giardino botanico voluto da Cosimo Ridolfi e del parco archeologico di Monteggi a cui è stata dedicata anche una bottiglia, un IGT Cabernet Sauvignon 100%.

Attualmente sono trenta gli ettari vitati – l’obiettivo è arrivare a 50 –  per un totale di produzione tra le 30 e le 50 mila bottiglie a seconda dell’annata con un mercato per l’80% estero, principalmente nord Europa, Stati Uniti e Asia. Siamo nella sottozona del Montalbano, in una zona particolarmente ventilata con una composizione del terreno molto sabbiosa, e i vitigni si estendono dalla piana dell’Arno fino a oltre 250 metri. Al centro l’antica cantina del 1800 che è stata rimodernata con nuove tecnologie e, grazie ai diversi livelli  di costruzione può usufruire  di un ciclo produttivo a caduta. 

La prima bottiglia in commercio nel 2019 di Chianti Montalbano DOCG Sangiovese 100% che per metà riposa otto mesi in botti di rovere di Slavonia da 25 ettolitri, un quarto in acciaio e un quarto in Anfora, come ci spiega l’enologo Leopoldo Morara.  Ho assaggiato il 2020  prodotto in 15mila bottiglie, colore rosso rubino, dalle spiccate note fruttate di prugna e mora, rotondo e dal tannino morbido.

Sempre più trasportata dalla “corrente” della contemporaneità decido di partecipare anche alla degustazione organizzata dal Vinitaly International Accademy con il prof. Attilio Scienza e Andrea Lonardi MW, una masterclass per discutere di come la cultura enologica e le tradizioni viticole abbiano influenzato l’evoluzione dei vini italiani come li conosciamo oggi, concentrandosi sull’influenza di vecchi vitigni, terroir e storia. Un interesse in forte crescita quello rivolto ai vitigni antichi come il lambrusco, il timorasso, il verdicchio e in Sicilia il nerello mascalese.

Mi soffermo sull’isola alle pendici dell’Etna con l’ IGT “Contrada S” 2021 – vini Franchetti –  che si conferma vino contemporaneo, in un territorio originale ed espressivo con una lunga storia da raccontare, come del resto aveva intuito Andrea Franchetti nel 2000.

Dal colore rosso brillante, con note di arancia ed erbe aromatiche e leggermente sapido,  è ottenuto da viti con oltre 80 anni d’età e prodotto in circa 2000 bottiglie. Le uve, raccolte verso la fine di ottobre vinificano e fermentano per 15 giorni in acciaio, per poi svolgere la malolattica e affinare in grandi botti di rovere per 18 mesi.

Insomma il mio Vinitaly 2024 è stato da marinaio, con ormeggio ai padiglioni, e il viaggio mi è piaciuto.

Francesca Pinochi
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