Wine Spectator, vol. 45, maggio 20203 min read

L’immagine di copertina é dedicata a Robin Lail (“Una vita nella Napa”). Gli altri titoli: gli eccellenti rossi del 2017 in Borgogna; come condurre un wine tasting party; eredità e innovazione nel vino cileno; i sommeliers parlano dei rosé. Non é tra i titoli di copertina, ma va citato l’articolo breve di Molesworth, nella sezione GrapeVine che apre come sempre la rivista: vi si parla dell’affermazione a partire dagli anni ’70, del cabernet nella Napa Valley, prima dominata da un mix  di  varietà diverse, come zinfandel, carignan,  sauvignon vert e altre.

Insieme con  l’editoriale di Shanken e Matthews,  introduce bene  l’ampio servizio della Worobiec dedicato a Robin Lail. Figlia di John Daniel, proprietario di Inglenook, dove si produssero I migliori cabernet della Napa Valley negli anni ’30-60, la Lail ha lavorato per Robert Mondavi e poi per Bill Harlan, prima di condurre ora una propria winery, la Lail Vineyards, insieme con le sue due figlie.

Prima di occuparci delle due degustazioni generali di questo numero , solo un cenno alla review della Worobiec sulla “golden age” del sauvignon californiano e al commento di Sanderson sugli ultimi sviluppi di Biondi Santi, dopo che, il maggio scorso,  la EPI ha acquistato le quote residue ancora possedute dalla famiglia, nominando come CEO Gianpiero Bertolini, per 16 anni veterano della  Frescobaldi.

Sorvolo sui servizi sui “wine tasting parties” di Aldo Sohm e sui rosé raccontati dai sommeliers, per focalizzarmi sulla degustazione dei vini cileni e dei rossi della Borgogna dell’annata 2017.  Quella del 2018, in Cile, scrive Marcus,  si profila come la migliore annata di questo secondo decennio del 2000, al pari del 2015. Con i suoi 92 punti spicca decisamente sulle altre più recenti: la piovosa annata 2016, che ha dato vini meno concentrati e la caldissima annata 2017, caratterizzata da una caduta delle rese.

L’annata 2018 , invece, leggermente più fresca, promette vini di ottimo livello, per freschezza e intensità, specie  per i cabernet e i carmenere. Esaminando i vini della selezione di Marcus, ad affermarsi sono soprattutto i rossi di Puente Alto: al vertice, infatti, é quello di Viñedo Chadwick (cabernet e petit verdot) del 2017, con 96/100, seguito, un punto più giù,   da altri due dello stesso terroir e della stessa annata, il Gravas del Maipo di Concha y Toro, e il 30th Anniversary di Viña Don Melchor.

Ed eccoci all’annata 2017 in Borgogna. Dopo anni di gelate (come quelle terribili del 2016) e di grandine, finalmente una vendemmia che coniuga qualità e quantità. Quest’ultima é stata meno generosa della 2018, ma una vera manna dopo la penuria delle annate precedenti. Quanto alla qualità, i rossi del 2017  sono meno ricchi e concentrati di quelli della 2015 e meno intensi ed eleganti di quelli della 2016, ma deliziosi e più accessibili rispetto a quelli della più austera annata 2014. Dei vini “di piacere”, un mix di 2000 e 2010. 94/100 é il punteggio assegnato da WS ai rossi della Côte de Nuits (uno in meno a quelli della Côte de Beaune), inferiore soltanto a quelli di 2015 e 2016:  nella media dell’ultimo decennio, stabilmente ben sopra i 90 punti, segno che il riscaldamento globale, almeno per ora, sembra aver giovato piuttosto che nuociuto ai pinot borgognoni.

Ma veniamo ai rossi preferiti da Sanderson. Che dire? Un trionfo per il Domaine Armand Rousseau, 99/100 al suo Chambertin, saldamente al vertice della sua graduatoria e con ben altri tre vini sui primi cinque : 97 punti per il Clos de Bèze, il Clos St.Jacques, il Clos de Ruchottes, ex-aequo con il Bonnes Mares  di Roumier, il Romanée-St. Vivant del Domaine de l’Arlot e lo Chambertin di Damoy. Quanto ai Top Values ( i vini di maggior valore tra quelli meno costosi), brillano la Côte Chalonnaise (soprattutto Mercurey) e alcune appellations “minori” della Côte d’Or (Savigny-lès-Beaune, Santenay, Marsannay). Che altro? Le notizie e le rubriche di GrapeVine, un articolo sulla Tequilae naturalmente le schede della Buying Guide.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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