Vosne-Romanée Villages Les Hautes Maizières 2015, Domaine Bruno Clavelier6 min read

A Vosne, diceva l’abate  Courtépée, che di vino se ne intendeva parecchio, non ci sono vini comuni. Ci se ne può rendere facilmente conto assaggiando questo Vosne-Romanée Les Hautes-Maizières 2015 del Domaine Bruno Clavelier, davvero delizioso. Al naso frutti rossi, lavanda, toni delicatamente speziati. Sul palato è un pinot ricco, ma non corpulento, dall’elegante struttura tannica, molto equilibrato e con una splendida chiusura.

E’ lo stile di Clavelier, mai troppo appariscente, misurato e rispettoso del terroir, sempre di grande fascino. Difficile trovare un suo vino sottomisura, anche in una annata meno favorevole di quella del 2015.

Sì, perché, pur con qualche difficoltà, un po’ di oidio   e una fioritura un po’ fragile, la vendemmia di quell’anno è stata eccellente in tutta la Borgogna, e ha dato uve con una perfetta maturazione fenolica e un potenziale di alcol in grado di assicurare dei vini equilibrati.

Pur se i suoi vini sono sempre molto apprezzati, Clavelier è tuttavia di rado citato tra i grandi della Borgogna, probabilmente perché non possiede, a parte 34 are a Corton-Rognet, vigne tra i grand cru della Côte-de Nuits. La sua proprietà consta di 6 ettari  e mezzo di vigna: detraendo poco meno di due ettari dedicati alla produzione di  vini di “appellations régionales”, circa la metà è compresa nell’ambito dell’AOC Vosne-Romanée ; il resto è a Chambolle-Musigny (nei climat La Combe d’Orveaux e Les Noirot) , con  l’aggiunta due piccole parcelle a Gevrey-Chambertin Les Corbeaux e a Nuits-Saint-Georges Aux Cras,entrambe in premier cru.

Oltre naturalmente alla piccola enclave di Corton. A Vosne-Romanée, Clavelier possiede vigne in due climat premier cru, Les Beaux-Monts e Aux Brûlées, e quattro villages: La Combe Brûlée, Les Hauts de Beaux-Monts, La Montagne, e naturalmente Les Hautes Maizières.Delle vigne Villages, le prime due sono situate proprio al di sopra dei due premier cru , dai nomi che le richiamano, nella parte alta dell’appellation; la Montagne  è un piccolo monopole quasi attaccato a La Combe Brûlée, più a ovest .

Les Hautes-Maizières si trova  invece nella parte  bassa, quella orientale, situata tra il paese e la route nationale. La porzione di Bruno è di poco meno di mezzo ettaro (esattamente 0.48 ha.), giusto al di sotto del lato sud di Les Suchots, e tutta compresa nell’ambito del territorio comunale di Vosne-Romanée (circa un ettaro e mezzo di questo lieu-dit  si trova infatti a Flagey-Échezeaux).Appena più a nord, ma sempre nella porzione di Vosne-Romanée, è la parcella, leggermente più grande, del Domaine Prieuré Roch. Con Clavelier e Prieuré Roch, producono un Vosne di Les Hautes-Maizières con uve provenienti esclusivamente da quel lieu-dit  anche il Domaine Mongeard-Mugneret e il Domaine Arnoux-Lachaux, le cui parcelle sono però interamente comprese nel territorio comunale di Flagey.Curiosamente, nelle vecchie classificazioni dei vigneti di Vosne, Les Hautes Maizières e il lieu-dit con esso confinante a est, les Basses Maizières, possedevano uno status più elevato rispetto a quello degli altri villages.

Per es. Lavalle, nel 1855, poneva i vini di questi due lieu-dits tra le deuxième cuvée, insieme con il Clos des Réas, Aux Reignots e Les Chaumes , tutte oggi classificate in premier cru, più in alto di altri pregiati premier cru , come Les Petits Monts e addirittura del Cros Parantoux, prima che Henri Jayer ne facesse un mito. Ancora nel “Plan Statistique” di Batault-Morot (1861), Les Hautes Maizières erano considerate deuxième cuvée, status loro confermato anche da Camille Rodier nel 1920 , insieme con Les Chaumes, Clos des Réas e questa volta anche con il  Cros Parantoux.

Questi ultimi  diventarono poi  tutti premier cru nella classificazione del 1936, diversamente dal nostro Les Hautes Maizières, che fu incluso soltanto tra i villages. Peccato, perché questo lieu-dit mantiene una sua distinzione  tra gli altri villages, e in particolare tra quelli della parte orientale, dando vini che talvolta sono perfino più fini di quelli provenienti dalle parti più basse di alcuni premier cru, come per esempio, quelle del vicino Les Suchots, che si trova a monte di esso. Il vino delle Hautes Maizières non ha la mineralità di quelli di alcuni lieux-dits della parte alta dell’AOC, per es. di Les Hauts de Beaux-Monts o de La Montagne, ma è golosamente ricco e fruttato, mantenendo nel contempo una bella tensione, senza cedimenti.

Castagno lo definisce “di notevole bellezza”, ricordando che esso proviene da una vigna che ha il  suolo meno profondo (60 cm.) di tutte le parcelle villages di Vosne-Romanée, e anche  Meadows lo ritiene il più fine dei villages della parte più bassa. Insomma un gran bel vino.

La storia di Bruno Clavelier è semplice: con un passato di giocatore di rugby,nel 1987, a soli 23 anni, forte del suo diploma di enologia conseguito alla facoltà di Dijon, lasciò la palla ovale per   affiancare il padre, André,   nella conduzione della proprietà, a quel tempo di dimensioni ancora più ridotte (la parcella del grand cru Le Rognet et Corton  fu infatti acquistata diverso tempo dopo,  solo nel 1999, così come quella di Chambolle-Musigny Les Noirot, prima in affitto).

Le vigne, tutte molto vecchie (quella di Les Hautes Maizières risale al 1950) impiantate per lo più negli anni 30-50 , dopo il flagello della fillossera, non hanno mai conosciuto prodotti chimici né gli eccessi di potassio di cui hanno sofferto molti vigneti della Côte;  sono  a conduzione  biologica dal 1999, tra le prime a ottenere la certificazione in Côte de Nuits, e dall’anno dopo cominciarono ad essere lavorate in biodinamica. Tutta la produzione, fino ad allora, era stata venduta ai négociants, e soprattutto alla Maison Clavelier , fondata nel 1935 a Comblanchien dal nonno paterno, Antoine.

Poi, nel 1991,  il padre di Bruno (André) e  i due fratelli decisero di vendere la loro maison de négoce, che oggi continua la sua attività con lo stesso nome, senza avere però più alcun rapporto con il Domaine Clavelier, che , da allora (dal 1992), cominciò a produrre, imbottigliare e commercializzare in  proprio  i suoi vini , ottenendo subito un buon successo.

Bruno, che aveva fatto stages a Bordeaux e Meursault (gli è rimasta una passione, per il momento insoddisfatta, per i bianchi), si era intanto sposato con Valérie, e in quegli stessi anni, costruì la nuova cuverie, dotata di tutte le strumentazioni moderne per la vinificazione, e poi una nuova cantina per lo stoccaggio e l’imbottigliamento dei vini.

La cultura biodinamica, di cui Clavelier è convinto sostenitore,  investe l’intero ciclo di produzione dei vini del Domaine, dalla  coltivazione del vigneto  alla vinificazione. Questo significa una presenza assidua nella vigna, specialmente nei periodi di maggiore vulnerabilità alle malattie , durante i quali la sorveglianza è quotidiana.

Le uve, raccolte a mano e selezionate due volte, in vigna e in cantina, sono vinificate in cuves di quercia troncoconiche aperte. Una percentuale variabile tra il 20 e il 30% di esse é vinificata con i raspi (ma nel 2015 si arrivò al 50%).

Le fermentazioni avvengono in modo dolce, regolando la temperatura se necessario, e facendo uso di lieviti indigeni. La cuvaison dura in media tre settimane. Dopo qualche giorno i vini sono trasferiti per gravità in fusti nella cantina sottostante, dove si svolge  la malolattica. L’élevage dura tra i 16 e i 18 mesi in pièces borgognone, nelle quali la percentuale di legno nuovo varia a seconda dei crus (circa un terzo per il grand cru e i premier cru, meno per i villages). Non viene praticato nessun collage né filtrazione, e l’imbottigliamento è effettuato con l’impiego di gas neutro per limitare la quantità di solfiti.

 

Una bottiglia di Vosne-Romanée Les Hautes Maizières si può acquistare online sui 65 euro, in enoteca poco sotto i 100.

Domaine Bruno Clavelier, 6 route nationale 74, 21700 Vosne-Romanée.

www.bruno-clavelier.com

 

 

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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