Viaggio nel pianeta Breganze e nell’arcipelago Vespaiola7 min read

A nord di Vicenza, alla base delle colline che separano la Pianura Padana dall’arco alpino, una serie di piccoli paesi custodiscono una delle più importanti produzioni di vino passito d’Italia. Ma non solo.

Vi raccontiamo un viaggio alla scoperta di questa zona ricca di storia, cultura e vini.

Parliamo di una striscia di terra collinare che si estende per circa venti chilometri da Ovest a Est, fra i fiumi Astico e Brenta. Di quest’area Breganze è quasi il centro geografico, mentre gli altri capisaldi sono ad ovest Thiene e ad est Bassano del Grappa.

Una zona a clima mite dove anche gli ulivi trovano il loro habitat ideale, perchè a nord l’altopiano di Asiago protegge le vigne dalle correnti  glaciali che corrono lungo le valli alpine. Il suolo è quasi esclusivamente vulcanico con prevalenza di ghiaie a ovest (torrente Astico) e una deriva alluvionale con sabbie e argille a est nella zona di Bassano.

Il viaggio si è dipanato con visite a cantine e incontri con i produttori locali, nonchè con una serie di degustazioni tematiche che hanno permesso di fare il punto della situazione sulla zona.

A nord di Vicenza, alla base delle colline che separano la Pianura Padana dall’arco alpino, una serie di piccoli paesi custodiscono una delle più importanti produzioni di vino passito d’Italia. Ma non solo.

La prima degustazione, le varie declinazioni della Vespaiola.

Il primo elemento distintivo della DOC Breganze è il suo vitigno principe, la vespaiola. È il vitigno che da vita al vino più prezioso, il Torcolato, ma che abbiamo avuto la possibilità anche di assaggiare in versione secca o spumantizzata.

Il nome deriva chiaramente dalla vespa che lo sceglie, bucandone i grappoli migliori. Questo perché è un vitigno che germoglia presto.  Se da un lato è precoce, dall’altro invece matura tardi; così tardi che normalmente è l’ultima bacca bianca che viene raccolta, prima del cabernet ma dopo il merlot. E’ una varietà antica, tipica di Breganze, l’unica autoctona che è stata mantenuta e diffusa in tutto l’areale.

La principale dote di questo vitigno, gioia ma anche dolore al tempo stesso, è la sua dotazione acida: produce un vino che, nella sua versione secca, fino a qualche anno va è rimasto nel limbo di quei tantissimi vini da vitigni autoctoni italiani che ci siamo sforzati di salvare ma che al lato pratico non hanno trovato riscontri organolettici positivi sul mercato. Oggi il fenomeno del riscaldamento globale sta portando a questa tipologia una nuova primavera, facendo emergere vitigni che fino ad ieri erano penalizzati, proprio per la loro grande dotazione acida. Una convincente degustazione di Vespaiola in versione secca ha confermato questo fenomeno,  regalandoci molti vini bevili e ben bilanciati e mettendo in evidenza il potenziale del vitigno, sia per dotazione olfattiva che per invecchiamento.

Dunque un’impressione generale  positiva; i molti vini all’altezza della situazione hanno avuto come unico neo la grande variabilità di stile. L’impressione è che ogni vignaiolo stia cercando una sua strada,  facendo sperimentazione su un vitigno che negli ultimi anni comincia a dare soddisfazioni organolettiche anche in versione secca. Spumantizzato, in barrique, in iperriduzione, sui lieviti, in fermentazione non controllata etc : lo abbiamo assaggiato in mille salse e alla fine è stato difficile, appunto, farsi un’idea precisa di un Vespaiolo Breganze.  Non esce un’identità di Vespaiola, ma molti vini interessanti che probabilmente in futuro tenderanno ad armonizzarsi ed incanalarsi in un unico filone, attraverso lo scambio di informazioni tra i vari produttori.

In particolare da segnalare:

Col Dovigo – Perlena Vespaiolo DOC Spumante Millesimato Extra Dry

Vignaioli Contrà Soarda – Vespaiolo Soarda

Villa Angarano – Angarano Bianco Breganze Vespaiolo 2011

La seconda degustazione, gli altri vitigni autoctoni.

A  parte la Vespaiola, alcuni produttori storici sono riusciti a salvare dall’estinzione alcune varietà locali. A Breganze, molti fattori hanno portato ad un radicale cambiamento del parco vitigni locali nel corso degli ultimi 100 anni: la grande gelata del 29, le due guerre  prima e l’apertura della Laverda dopo hanno contribuito all’abbandono dell’agricoltura. Il colpo definitivo è arrivato dalla Cantina Sociale di Breganze:  che negli anni cinquanta suggeriva di impiantare soprattutto rossi bordolesi e bianchi della famiglia dei Pinot al posto degli improduttivi autoctoni. Scelta difficile da non condividere comunque, perché all’epoca era la povertà il nemico da combattere e la terra doveva rendere il massimo con il minimo sforzo.

Comunque alcune piccole cantine storiche hanno perseverato nel loro salvataggio, hanno insistito ed oggi possono vantare vini da vitigni rari con buona personalità e ottima resa nel calice.

Interessante l’assaggio di vitigni quali il Groppello di Breganze, il Gruajo, e poi ancora Pedevendo, Refosco e Marzemina Bianca, tutti protagonisti di una degustazione che ha evidenziato quanto siano preziosi a volte gli sforzi di alcuni irriducibili vignaioli al fine di salvare varietà altrimenti in estinzione.

In particolare vi segnalo:

Ca’ di Biasi – Sojo Rosso 2013

Col Dovigo – Groppello I.G.T. Veneto 2016

Miotti – Gruajo 2016

Vitacchio – Sampagna 2017

La “trasversale” dei rossi

In modo trasversale, attraverso le varie degustazioni, emerge il fatto che i vini rossi sono stilisticamente più “coerenti” tra loro e con il territorio. Un territorio che favorisce l’acidità e le note erbacee che si ritrovano in molti dei campioni assaggiati, indipendentemente dal vitigno e dalle pratiche di cantina.

La famiglia dei bordolesi ha trovato in questa zona particolari condizioni ideali per un suo sviluppo qualitativo. Vini difficilmente di potenza ma che puntano all’eleganza, mantenendo comunque una matrice acida importante. Sia al naso che al palato l’onnipresente una nota erbacea di fondo fa capire quanto il suolo possa metterci lo zampino. Come accennato In generale si può rilevare una migliore leggibilità tra i rossi rispetto ai bianchi, e questo si riflette anche sui risultati delle guide, visto che al momento i vini più premiati sono rossi.

Da segnalare:

Maculan – Crosara  2004

Cantina Sociale Beato Bartolomeo da Breganze – Cabernet Breganze DOC Riserva Kilò 1998

Due Santi – Cavallare 2013

Villa Angarano – Quare di Angarano Cabernet Sauvignon IGT  2008

Contrà Soarda – Vignacorejo 2008

Il Torcolato

E’ certamente il vino principe della zona, che ha fatto la storia ed al momento si candida comunque ad artefice del futuro prossimo di Breganze.

La tradizione dell’appassimento per produrre vini dolci si ritrova in moltissime zone d’Italia e anche il Veneto e il Friuli hanno vini molto rappresentativi come Picolit, Ramandolo, Torcolato, Recioto, etc.

Quest’ultimi nascono probabilmente per l’esigenza di produrre un alimento prezioso in un contesto storico, la Repubblica della Serenissima,  in cui gli alimenti dolci erano talmente preziosi da poter essere usati come merce di scambio.

In questo vino l’uva Vespaiola domina la scena: la sua alta acidità, come più volte sottolineato, ne fa un vitigno perfetto per bilanciare l’alto grado zuccherino, che viene concentrato dopo l’appassimento. Complice di questo vitigno è la Botritys, che dona ricchezza ed eleganza al vino.

La degustazione finale di quasi tutti i torcolato prodotti attualmente ha evidenziato una diversità di stili che però non vanno ad inficiare l’ identità e riconoscibilità. Alcune punte d’eccellenza trainano tutta la pattuglia che comunque non presenta produzioni di basso profilo.

Il vino dolce da uve passite sta vivendo, almeno in Italia, un momento di profondo appannamento, le cui cause sono molteplici ma soprattutto derivanti dal cambiamento dello stile di vita e alimentare che porta a cercare vini dalle caratteristiche diverse. Purtroppo, perché questo è uno dei passiti più belli che si possano trovare al mondo; complesso, elegante, con una beva incredibile, lunghissimo e perfetto con grandi formaggi erborinati o con paté a base di fegato d’oca.

Da segnalare:

Col Dovigo – Torcolato Breganze 2013

Contrà Soarda – Torcolato Breganze 2013

Miotti – Torcolato Breganze 2010

Un ringraziamento al Consorzio Vini ed ai produttori che hanno reso possibile questo approfondimento. Breganze è una denominazione schiacciata tra denominazioni importanti e forse anche per questo rimane un po’ troppo sottovalutata dal grande pubblico. Ma la strada, forse ancora un po’ in salita, potrà esser fatta sfruttando il Torcolato che ha già un’ottima visibilità. Il resto lo faranno i produttori con il loro entusiasmo e la loro semplicità, un gruppo compatto è il miglior biglietto da visita per tutti coloro che vorranno visitare il pianeta Breganze.

Gianpaolo Giacomelli

È nato a Lerici, vive a Castelnuovo Magra ed è quindi uomo di confine tra Toscana e Liguria. Al momento della “scelta” ha deciso di seguire la passione per le cose buone invece del comodo lavoro dietro una scrivania. Così la “scelta” lo ha portato a Londra a frequentare i corsi per Master of Wine, finendo tempo e soldi prima di arrivare agli esami. A suo tempo ha aperto un winebar, poi un’enoteca e alla fine ha un’associazione culturale, un wineclub, dove, nella figura di wine educator, propone serate di degustazione e corsi. Fa scorribande enoiche assaggiando tutto quello che può, sempre alla ricerca di nuovi vini. Ha collaborato con varie testate del settore, contribuito alla nascita delle guide vini Espresso e Vini Buoni d’Italia prima di dedicarsi anima e corpo a Winesurf.


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