Viaggio a Fèlsina, “ terra accogliente”  con i suoi Sangiovese4 min read

La campagna toscana è così densa di colori e forme che anche una giornata grigia non ne scalfisce la bellezza. La vedo tutti i giorni, ma rimarrei ore a fissare le colline che si susseguono in lunghe file senza privarti dell’orizzonte. A Fèlsina la sensazione non è stata smentita. Fèlsina, ‘terra accogliente’ come viene tradotto dalla parola etrusca da cui prende il nome. Accogliente  è la corte in cui arrivi, appunto, con chiesetta, enoteca e stanza del grande camino sulla destra. Accogliente è la cantina storica di fronte, affollata di botti e caratelli, tutti in riga incastonati nel contrasto tra i vecchi mattoni e le moderne luci dai colori modulabili.

Un luogo con l’anima. Dei suoi 500 ettari totali siamo venuti a degustare i frutti dei 72 vitati in produzione. E proprio perché qui l’anima si percepisce, ed è quella della Toscana, il focus non poteva essere che il Sangiovese. Non è toscano Giovanni Poggiali, come la sua famiglia, ma è come un clone che si è ben radicato in un nuovo ambiente, la flessione romagnola non stona con il paesaggio toscano.

Giro in vigna, per constatare lo stato di salute delle madri dei suoi vini e per raccontare lo sforzo di difendere territorio e qualità produttiva da un clima imprevedibile, peronospora e flavescenza dorata le prime sul banco degli imputati.

Un buon vino, genericamente tale, ormai si trova sullo scaffale senza sforzo. Un vino con l’anima no. E a Félsina lo slalom tra gli imprevisti ha enfatizzato lo spessore di questi vini. Quello dell’azienda di Castelnuovo Berardenga non è un caso isolato, tutt’altro, ma ci sembra una buona occasione per ribadire il valore di un prodotto, il vino, che ha storia e legame con la terra da cui nasce.

Peronospora 2023: -30% della produzione, gestita grazie ai 72 ettari vitati distribuiti tra altitudini (fino a 400 m slm.) ed esposizione differenti (qui siamo dal confine tra Chianti Classico, Chianti Colli Senesi e Crete senesi).

Flavescenza dorata, un unico modo per debellarla: individuare la pianta colpita e rimuoverla.

E poi gli effetti del cambiamento climatico, per cui arriva in soccorso il Biochar, una polvere di carbone che, tra l’altro aiuta la gestione idrica del terreno in vigna. Quando ci hanno detto la spesa ad ettaro per questa pratica, ho pensato che non potrò permettermi molto a lungo dei buoni vini ‘con l’anima’: diciamo il valore di un’utilitaria. 

Nessuna fretta, l’agronomo Alessandro Chellini ci ha trattenuto in vigna tutto il tempo necessario per capire cosa c’è dietro il calice. 72 ettari. Con la difficoltà a reperire personale in viticoltura, come fanno a gestirli? Tanti giovani, figli e nipoti di, che da generazioni lavorano per l’azienda.

La visita in cantina non è stata meno impattante: le alte e strette botti da 69 hl, costruite ad hoc per adeguarsi agli spazi di cantina, seguite da file barrique e poi caratelli e caratelli, caratelli, per chiudere il cerchio di quello che è sempre più difficile continuare a produrre nel mondo del vino: il Vinsanto.

I tre testimoni.

I calici hanno confermato l’anima dei vini aziendali, di cui abbiamo assaggiato tre 100% Sangiovese.

Rancia: Chianti Classico DOCG. 18-20 mesi in barrique di primo e secondo passaggio. Nato nel 1983, oggi ne vengono prodotte 35.000 bottiglie. Elegante e armonico. Nel 2019 pepe e radice di liquirizia si alternano, dopo frutta sotto spirito e balsamicità. Il 2009 è avvolto da note di cuoio e tabacco da sigaro. Entrambi con la freschezza testimone del vitigno toscano.

Fontalloro: Toscana IGT. 18-20 mesi in barrique di primo e secondo passaggio, 35.000 bottiglie. Il 2019 si ferma sulla lingua in modo vellutato, con di nuove note di tabacco dolce, che arrivano dopo la salvia e la balsamicità. Il 2009 è il fratello maggiore, con il tannino enfatizzato nel sua declinazione carezzevole, a cui si aggiungono note fumose.

Colonia: Chianti Classico Gran Selezione DOCG 2009. 4.000 bottiglie. Torna la radice di liquirizia, fiori viola appassiti, note di alloro, balsamico e questa volta tabacco da pipa. Qui la malolattica viene fatta fare in barrique, modificando, immaginiamo, lo scambio con il legno nuovo, dove resta per oltre 30 mesi (barrique).

Barbara Amoroso Donatti

Appassionatissima di vino e soprattutto “liquidi con qualche grado in più”. Punto di riferimento del giornale per tutto quanto riguarda il mondo dei superalcolici.


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