Vernaccia di San Gimignano 2020: una delle migliori annate di questo caldo secolo3 min read

Le avevamo assaggiate all’Anteprima di maggio e le avevamo trovate quasi inaccessibili dietro spesse coltri di solforosa.

In poco più di un mese hanno fatto meglio di Salomè e le Vernaccia di San Gimignano 2020 si sono tolte (non credo danzando) sette veli e forse più di solforosa, mostrandosi per quello che sono, cioè dei vini “in carne”, con una sapidità che le sostiene e non le fa praticamente mai scivolare verso la semplice e monotona grassezza.

Un nostro caro amico e collega che purtroppo non c’è più, avrebbe definito la vendemmia 2020 “Vernacciosa”. In effetti i profumi sono quelli non certo potentissimi del vitigno, ma espressi a ottimi livelli e senza le “scorciatoie” che negli anni scorsi erano presenti in qualche campione, mentre la bocca ha quella tensione e pienezza armonica che ti aspetti da un bianco toscano che per nascita non può essere certamente “vertical”.

Quindi da un’annata calda a San Gimignano sono venuti fuori dei vini godibili, immediati ma con una buona prospettiva di invecchiamento, grazie appunto sia al corpo che alla sapidità del vino. La maturità generale delle uve non ha portato a cedimenti acidi ma ad un equilibrio che potrebbe essere un segnale di buon invecchiamento.

Se ci mettiamo anche (e scusate se è poco) dei prezzi veramente interessanti (per non dire spudoratamente bassi) possiamo senza dubbio mettere questa vendemmia tra le migliori del secolo e certamente tra quelle dove il rapporto qualità/prezzo è al top.

Un consiglio, anche se può sembrare strano: non mettetele in frigorifero a temperature siberiane ma servitele tra i 12 e i 14 gradi, perché solo così la gamma aromatica si esprimerà al meglio e la “bella ciccia” al palato si paleserà senza problemi.

Non si palesano (a parte alcune ottime eccezioni) le Vernaccia Riserva, sempre combattute tra un legno surdimensionato e un corpo sottodimensionato rispetto al vino e alle aspettative del produttore.

Ma torniamo alla Vernaccia 2020 e anche alle 2019 degustate quest’anno, che adesso sono meglio delle 2020 ma questo ci fa solo capire come saranno quest’ultime tra un anno. Per questo il nostro consiglio è di comprarle ma di lasciarne almeno il 50% in cantina: siamo convinti che fra uno o due anni (e non solo)  avrete delle belle soddisfazioni.

Quasi le stesse che abbiamo avuto noi grazie alla degustazione perfettamente organizzato dal Consorzio, il cui unico neo è stato quello del numero dei campioni, più basso rispetto agli altri anni. Pare che sia una cosa successa anche ad altre guide e personalmente credo che una bella fetta della “colpa” sia dovuta al covid e alle conseguente organizzative e commerciali di diverse cantine.

Ma quelle che c’erano, oltre ad essere le più importanti, ci hanno fatto capire in maniera chiara di trovarci di fronte non solo ad un’ottima annata ma a quella in cui  la consapevolezza del cambio climatico ha ormai fattodefinitivamente  breccia tra i produttori, portandoli a gestioni più accorte e positive del vigneto.

Perché è solo grazie alla vigna che la Vernaccia di San Gimignano potrà rivendicare un ruolo importante tra i bianchi italiani. La dimostrazione l’abbiamo ogni anno dalle sempre meno (per fortuna!) vinificazioni “modernamente” concepite, che spiccano come mosche bianche nella denominazione ma servono solo a far capire quanto poco adatta sia quella strada per questo vitigno.

 

Hanno partecipato alla degustazione. Barbara Amoroso, Alessandro Bosticco, Carlo Macchi

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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