Sta per cessare finalmente la confusione che negli ultimi anni si era venuta a creare attorno ad un interessante vitigno autoctono pugliese, spesso chiamato Fiano Minutolo, ingenerando così non pochi equivoci con il Fiano tout court.
Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 23 luglio 2011 diventa ufficiale l’iscrizione nel Catalogo Generale delle varietà con il nome di Minutolo e quindi i produttori potranno riportarlo in etichetta senza timore di incorrere in alcuna violazione. Si conclude così l’ iter avviato alcuni anni fa da un equipe composta da ricercatori del Centro di Ricerca e Sperimentazione in Agricoltura “Basile Caramia”di Locorotondo (Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata – Università degli Studi di Bari) e del CNR, Istituto di Virologia Vegetale di Bari, che ha avuto come obiettivo quello del “Recupero e valorizzazione della viticoltura nel comprensorio dei trulli”.
Un lavoro minuzioso e capillare che ha portato all’iscrizione nel Catalogo Nazionale anche di altre varietà minori a rischio di scomparsa. I risultati della ricerca sono stati resi pubblici da Pierfederico La Notte e da Pasquale Venerito, ricercatori del CNR in una manifestazione che si è tenuta a Casalini, Valle d’Itria. In particolare La Notte ha illustrato le nuove varietà riconosciute: Minutolo, Baresana rosa (uva da tavola), Marchione, Maruggio/Maresco, Antinello e Somarello rosso.
Ne ha sottolineato le caratteristiche attraverso schede descrittive che hanno preso in considerazione gli aspetti ampelografici, per una precisa identificazione varietale. Lo studio ha anche analizzato i mosti e i vini frutto di microvinificazioni in purezza, tracciando le curve di maturazione, i profili polifenolici e dei precursori di aroma. Un lavoro completo che potrà dare indicazioni molto concrete a quei produttori che vorranno cimentarsi con questi “nuovi” antichi vitigni.
Lo studio inoltre ha anche dato indicazioni sul possibile utilizzo di alcune varietà. Ad esempio, sono emerse alcune inclinazioni particolari del Marchione e del Maresco verso la spumantizzazione con metodo classico. Non sono che alcune delle indicazioni emerse, altre sono lì che aspettano di essere sperimentate ed utilizzate. Una porta aperta quindi verso una diversificazione produttiva che potrebbe affiancarsi ai vitigni autoctoni più noti, dato il particolare momento che il mercato mondiale sta vivendo, con una saturazione di vini da vitigni internazionali e con la conseguente omologazione.
Ma la causa della imperante omologazione non è solo da ricercarsi nell’uso di uguali vitigni in diverse parti del mondo, quanto e soprattutto in una enologia che tende nei fatti (anche se lo nega a parole) ad annullare le differenze. Si capisce quindi come la potenziale tipicità espressa da questi vitigni sia un valore fondamentale per la loro affermazione, che va assolutamente salvaguardato, con pratiche enologiche che ne esaltino le specificità.
Ma i vitigni minori avranno la capacità di generare anche reddito, oltre ad assolvere alla loro funzione di salvaguardia delle biodiversità ?
Se l’autorizzazione ufficiale alla coltivazione è ormai superata, restano ancora grossi ostacoli. Comunicazione ed informazione sono altrettanto importanti, così come le quantità da commercializzare, che inizialmente e probabilmente anche in futuro non potranno che essere esigue.
La sfida è lanciata. I produttori pugliesi la vorranno cogliere ?