Un libro per apprezzare e capire meglio la Borgogna5 min read

Il grande atlante dei climats della Côte-d’Or di Marie-H. Landrieu-Lussigny e Sylvain Pitiot (2012), viene ora completato da questo bel volume di Laurent Gotti, giornalista e autore di numerosi libri sui vini della Borgogna: tra questi mi piace ricordare “La Saga d’un Hospital Vigneron” (2009), dedicato agli Hospices de Beaune, e il più recente “Le Clos Vougeot. L’Âme des Vins de Bourgogne” (2021). Gotti è anche, con Sylvain Pitiot, l’attuale curatore del classico  “Les Vins de Bourgogne”, che tutti abbiamo consultato almeno una volta per ritrovare i dati o la posizione di uno dei numerosissimi  lieu-dit, in cui si articola il territorio vitivinicolo della Borgogna.

La prima sezione del libro, una sessantina di pagine riccamente illustrate,  è dedicata alla storia e alle origini dei famosi Climats borgognoni, che nel 2015 hanno ottenuto il riconoscimento dell’UNESCO come facenti parte del patrimonio della cultura mondiale, e ora hanno la loro casa nei tre poli della  Cité des Climats di Beaune, Chablis e Mâcon.

Miracolo della natura o costruzione dell’opera millenaria dell’uomo? E’ questa la domanda che tutti ci poniamo di fronte allo spettacolo delle vigne che coprono interamente la Côte che da Corgoilin si allunga fino a Chenôve, ed è questa anche quella che anima il libro di Gotti, che risponde salomonicamente “In parte l’uno, in parte l’altra”, e argomenta dettagliatamente la sua posizione nei tre capitoli iniziali.

A quello introduttivo, “Un peu de nature, beaucoup de culture”, che illustra i termini del  dilemma, segue “Sélectionner et délimiter”, nel quale Gotti ricostruisce il lento processo di individuazione dei luoghi eletti per altitudine, posizione, inclinazione, esposizione, geologia, poi rimodellati e interpretati dall’opera sapiente dell’uomo  per far risaltare la loro unicità rendendoli diversi e inconfondibili rispetto agli altri. Monaci, duchi, nobili, ma anche ricchi borghesi, hanno trasformato un territorio eccezionalmente vocato in un mito perpetuatosi attraverso i secoli fino ai nostri giorni.

Il terzo ed ultimo capitolo, che si intitola appunto “La Saga des Grands crus de Bourgogne”, ripercorre le diverse fasi della storia della regione, dai primi passi nell’epoca gallo-romana, fino al flagello della fillossera e alla paziente ricostruzione del paesaggio vitivinicolo e al trionfo dei crus borgognoni nel mondo.

Ma, senza voler togliere alcun merito alla prima parte, il piccolo tesoro di questo libro sta nella seconda, l’Atlante, nel quale trovano posto ed ampia illustrazione tutti i Grand cru della Borgogna, da Chablis, poi dirigendosi verso sud, alle terre del Montrachet.

Côte de Nuits e Côte de Beaune si sono equamente divise le stelle: nella prima sono tutti i Grand cru rossi, ad eccezione del pinot nero della collina di Corton,  nella parte settentrionale della Côte de Beaune, nella seconda tutti i bianchi, fatta eccezione naturalmente per lo Chablis Grand cru e una porzione microscopica di Musigny blanc, monopolio del Comte Georges de Vogűe.

Si parte da nord, ossia da Chablis, con i sette Climat dello Chablis Grand cru, dal più esteso e il più austero, Le Clos (27.11 ha.), al più piccolo, ma non meno prezioso Grenouilles (9.69 ha.). Dopo aver introdotto il lettore alla conoscenza del terroir di Chablis, con i suoi suoli kimmeridgiani, e delle caratteristiche di ciascun climat, tutti situati a est del Serein, la grande carta su due pagine rappresenta i diversi climat con l’indicazione delle singole parcelle appartenenti ai loro diversi exploitants, il cui elenco,accompagnato  dall’estensione delle loro proprietà nel territorio,è riportato in apertura di capitolo.

La stessa struttura: elenco degli exploitants e ampiezza delle superfici coltivate, descrizione analitica del cru, carta con i diversi lieu-dit e i proprietari delle parcelle in essi situati, è replicata con grande precisione di dettaglio per tutti gli altri, partendo dai nove grand cru di Gevrey-Chambertin, nella parte nord della Côte, e poi via via di tutti gli altri, scendendo verso Sud: Morey-Saint Denis, Chambolle-Musigny, Vougeot, Flagey-Échezeaux e Vosne-Romanée. Se siete curiosi di vedere sulla carta dove sono situate le proprietà del Domaine de l’Arlot o del Domaine Dujac nel Romanée-St. Vivant, potrete constatare che esse sono tra loro confinanti e sono comprese tra le parcelle possedute dal Domaine Ponsot , dal Domaine Sylvain Cathiard e dal Domaine Arnoux-Lachaux da una parte, e quelle della Maison Louis Latour dall’altra.

Entrati nella Côte de Beaune,  il lettore incontrerà dapprima la Montagne di Corton, con i   grand cru bianchi del Corton-Charlemagne e quelli rossi, con l’elenco esaustivo dei loro 26 lieu-dit, e poi la grande mappa, quanto mai utile per potersi orientare in quello che è il più esteso dei grand cru della Borgogna dopo il Clos de Vougeot. Comincia poi il regno dei grandi chardonnay borgognoni, partendo dallo Chevalier-Montrachet e  dal re Montrachet , seguiti dagli altri suoi vassalli: Bâtard-Montrachet, Bienvenues-Bâtard- Montrachet  e Criots-Bâtard-Montrachet .

Tutti i diversi grand cru sono illustrati secondo lo schema già descritto, con la ricchezza e precisione di dettaglio, che caratterizzano il lavoro di Laurent Gotti.

Come tutti gli Atlanti, si tratta di un libro soprattutto da consultare, ma anche da leggere: lo stile è accessibile anche ai non esperti e mai pesante. Insomma, sono soldi ben spesi, per acquistare un libro che non dovrebbe mancare nella biblioteca di tutti gli appassionati dei vini della Borgogna.

Gotti, Laurent (2023): Les Grands Crus de Bourgogne(2023). Atlas parcellaire et caractérisation des climats,Collection Pierre Poupon, Beaune , 288 pp., € 59.00

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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